Aulenti

Architetto e scenografo di fama e prestigio internazionale, accanto alla sua occupazione primaria di architetto, Gae Aulenti svolge un’attività di scenografa iniziata con solidale intesa insieme a L. Ronconi, nel 1974, a Napoli, firmando scene e costumi di Le astuzie femminili di Cimarosa e uno spassoso Barbiere di Siviglia di Rossini ambientato nella Spagna franchista, all’Odéon di Parigi. E il sodalizio con Ronconi continuerà al laboratorio di progettazione di Prato, prima con L’anitra selvatica di Ibsen e Calderón di Pasolini, nel 1978, entrambi al Teatro Metastasio; poi con La torre di Hofmannstahl al Fabbricone; cui faranno seguito Le baccanti di Euripide; per questi tre ultimi allestimenti riceve nello stesso anno il premio Ubu. Nel 1977, sempre col suo regista e amico, aveva curato la scenografia di Wozzeck di A. Berg per la Scala, uno spettacolo che ha fatto epoca per l’intelligenza dell’ideazione, ma anche per la rumorosità della pedana su cui scorrevano le quindici scene del dramma. Ancora per la Scala e ancora con Ronconi l’A. firma: Donnerstag aus Licht e Samstag aus Licht di K. Stockhausen, rispettivamente nel 1981 e nel 1984; La fiaba dello Zar Saltan di Rimskij-Korsakov (inscenato però al Lirico), nel 1988; Elektra di R. Strauss, nel 1994. Nell’ambito del festival rossiniano di Pesaro, A. mette in scena, anche come regista, La donna del lago , nel 1981 e, con Ronconi, Ricciardo e Zoraide nel 1990; ma è soprattutto con Viaggio a Reims del 1984 (e riproposto alla Scala nel 1985) che l’A. firma un allestimento di acuta penetrazione storica e di smagliante bellezza, con un Ronconi che rinnova qui le invenzioni fantastiche de L’Orlando furioso . Nel 1978 il duo allestisce insieme Passaggio e l’anno dopo Opera, entrambe di L. Berio per l’Opera di Lione; e, nel 1995 ritorna al teatro con Ronconi per il Re Lear scespiriano messo in scena all’Argentina di Roma. Precedentemente (1984) al San Carlo di Napoli, con la regia di Costa-Gravas, Il mondo della luna di Haydn con il suo utopismo settecentesco non offre all’artista che qualche soluzione brillante, non all’altezza comunque delle altre realizzazioni. Razionali e geometricamente composti, intellettuali e raffinati, i progetti scenici dell’A. si adattano sempre alle esigenze di ricreare uno spazio mitico, così da recuperare in modi insoliti la qualità sostanziale di un testo, servendosi liberamente sia dei luoghi tradizionali dello spettacolo che di altri più alternativi, come strade o fabbriche.

Piano

Diplomatosi al Politecnico di Milano, nel 1964, dopo lavori insieme al padre e Franco Albini, con Louis Kahn a Filadelfia e con Z. S. Makowski a Londra, Renzo Piano divenne famoso a livello internazionale grazie al progetto parigino del Centre Pompidou, nel 1977, dopo il quale sono seguiti altri prestigiosi incarichi. In campo teatrale, nel 1983, per il Teatro alla Scala di Milano e la biennale di Venezia, ha realizzato la scenografia e lo spazio scenico di Verso Prometeo di Luigi Nono, lavorando con il compositore stesso, il direttore d’orchestra Claudio Abbado e Emilio Vedova per le luci. La prima del complesso spettacolo ha avuto luogo a Venezia nel 1984. Nel 1992, collabora con lo stabile di Genova, nell’occasione delle Colombiadi, a Moby Dick, Ulisse e la balena bianca, scritto diretto e interpretato da Vittorio Gassman, concependo per lo spettacolo genovese uno spazio all’interno di una baleniera, entro cui sono situati anche gli spettatori, spazio che poi si trasforma nello scheletro di una balena.

Gregotti

Vittorio Gregotti è uno dei protagonisti della scena architettonica italiana del secondo novecento. Insieme alle sue numerose realizzazioni, è autore di saggi teorici importanti. La sua attività si è incontrata una volta sola con il mondo del teatro, grazie ad Arbasino quando, all’indomani del gruppo ’63, hanno concepito per una Carmen di Bizet provocatoria e affascinante, una scena geometricamente serrata in cubi, che crea una sequenza di avvenimenti. Regia di Arbasino, costumi di Giosetta Fioroni, a Bologna (1967) lo spettacolo fu fischiato da i troppi impreparati a vedere Escamillo come Batman.

Marenco

Scoperto da Boncompagni e Arbore nel 1965 come ospite del programma L’altra radio, nel 1970 Mario Marenco è entrato nella banda di Alto gradimento, in questo popolarissimo programma elaborò i personaggi del colonnello Buttiglione, del poeta surreale Marius Marencus e dell’insopportabile ragazzaccia da marito Sgarrambona. Nel 1976 apporda in tv sempre con Arbore, inventando telecronache improbabili nei panni di Mister Ramengo. Tutti i suoi personaggi arrivarono in teatro nel 1978 ma non ebbero fortuna. Il successo continuò invece in tv con il goffo Riccardino di Indietro tutta (1987-1988).

Agostinucci

L’attività professionale di Giovanni Agostinucci si sviluppa attraverso interessanti collaborazioni con celebri registi tra cui J.-P. Ponnelle per La clemenza di Tito di Mozart (1980), J.-M. Simon per Il barbiere di Siviglia di Rossini (costumi di G. Pescucci, Parigi 1985). Particolarmente intensa è la sua collaborazione con il regista G. Lavia e il costumista A. Viotti con i quali partecipa a numerose produzioni per il teatro lirico: I Lombardi alla prima crociata di Verdi (Scala 1985); la Tosca di Puccini (Arena di Verona, 1990), in cui il progetto scenico si sviluppa sulla simmetria barocca di due scalinate laterali fisse; il Barbiere di Siviglia di Rossini (Pesaro 1991), Cavalleria rusticana di Mascagni e Pagliacci di Leoncavallo (Arena di Verona, 1993). Per il teatro di prosa ricordiamo, sempre con la regia di Lavia, l’ Amleto di Shakespeare (Roma 1981), I masnadieri di Schiller (Roma 1982), il Tito Andronico di Shakespeare (Ravenna 1983). Si occupa anche di scenografia cinematografica, lavorando per l’ Orlando furioso di Ronconi e Il giovane Toscanini di Zeffirelli.

Baldessari

La formazione artistica di Luciano Baldessari avviene a Rovereto sotto la guida di F. Depero e a Vienna, nel 1915, dove frequenta la Scuola reale. Termina gli studi a Milano laureandosi in architettura (nel 1922 al Politecnico) e frequenta il corso di Scenografia di Mentessi e Cattaneo a Brera. Dal 1923 al 1926 vive a Berlino dove conosce importanti artisti, registi, architetti dell’espressionismo tedesco e progetta per M. Reinhardt una serie di bozzetti non realizzati per Santa Giovanna di Shaw (1924). Dal 1926 è in Italia dove disegna bozzetti scenici e costumi per Giuliano di Zandonai (1927), Guglielmo Tell di Rossini (1929). A questo periodo seguono una serie di lavori fra i quali si ricordano Danse macabre su musica di Saint-Saens (1928), La scala di seta di Chiarelli (Milano 1929), I cavalieri di Ekebù di Zandonai (1929), La corte dei miracoli di Cavacchioli (1929). La sua attività di scenografo è fortemente influenzata nelle scelte dello spazio, del volume e del colore dalla sua professione di architetto, ed è evidente anche nei progetti scenici per Enrico IV (Milano 1930) e per i Sei personaggi in cerca d’autore (1932). Dal 1939 al 1948 vive a New York, rientra in Italia, a Milano, nel dopoguerra continuando al sua attività di architetto.

Varisco

Laureato presso la facoltà di architettura del Politecnico di Milano nel 1937, Tito Varisco frequenta la Scuola di scenografia di P. Reina all’Accademia di Brera a Milano. Si dedica negli anni successivi e sino al 1968 all’attività didattica presso la facoltà di architettura. Insegna alla scuola di scenografia dell’Accademia di Brera dal 1954 sino al 1980 diventandone anche direttore. Durante la sua lunga carriera professionale alterna l’attività di architetto (progettando importanti costruzioni tra cui il rifacimento del Teatro Vittorio Emanuele di Messina) con quella di scenografo. Partecipa all’attività della televisione sperimentale realizzando le prime scenografie televisive per uno spettacolo di prosa e di lirica. Sua è la creazione del Monoscopio di apertura e chiusura dei programmi televisivi trasmesso giornalmente sino al 1984. È chiamato alla Scala alla direzione dell’allestimento scenico negli anni dal 1970 al 1978 dove fonda, inoltre, la Scuola per giovani scenografi. V. caratterizza la sua attività professionale dedicandosi al coordinamento e alla realizzazione del lavoro altrui, pur non tralasciando l’ideazione scenica di opere liriche tra cui la Turandot di Puccini per la regia di F. Enriquez (Sferisterio di Macerata, 1970); la Favorita di Donizetti (Scala, 1974) e la Gioconda di Ponchielli (Bordeaux, 1976), entrambi con la regia di M. Wallman; Madama Butterfly di Puccini per la regia di A. Trionfo (Opera di Roma 1987) e la realizzazione dell’ Aida con la regia di M. Bolognini (Sfinge – Piramidi, Il Cairo 1987).