Quartucci

Figlio d’arte, Carlo Quartucci giunge a Roma alla fine degli anni ’50 per studiare architettura, pittura, cinema, ma i suoi interessi si volgono presto al linguaggio teatrale e al suo rinnovamento. Nel 1959 esordisce come regista, scenografo, attore in Aspettando Godot di Beckett; seguono gli allestimenti di C’era folla al castello di J. Tardieu (1960), Le sedie di Ionesco (1961), Finale di partita di Beckett (1963). Quartucci rifiuta subito l’impostazione naturalistica e sperimenta audacemente le possibilità sceniche di un uso astratto e formalizzato della parola come “comunicazione ritmica e fonetica”; considera la scenografia “architettura scenica del gesto” che interagisce con l’attore, il testo come spazio di lavoro. Arricchisce quindi la sua ricerca sulla lingua della scena con altri mezzi espressivi (cinema, video, nastro magnetico, radio, fotografia): così in Cartoteca di T. Rózewicz (1965) con studenti e gente di strada, nel collage La mucca parla a Pasquale (1966) con gli operai dell’Italsider di Genova, e in Zip Lap Lip Vap Crep Scap Plip Trip Scrap & La Grande Mam alle prese con la società contemporanea da un testo di G. Scabia (Biennale di Venezia 1965) con dieci maschere e i suoi attori (tra gli altri L. de Berardinis, R. Sudano, C. Remondi).

Zip, primo tentativo di scrittura scenica a più mani, provoca il primo scontro tra artisti della sperimentazione e sostenitori della tradizione in Italia e segna il tentativo di collaborazione tra sperimentazione (Teatro studio di Quartucci) e teatro pubblico (lo Stabile di Genova diretto da Squarzina). Dopo il dispositivo scenico per stadi e piazze Majakovskij e compagni alla rivoluzione d’Ottobre (1967), I testimoni di Rózewicz (1968), il teatro in campo magnetico (l’opera radiofonica Pantagruele , 1969) ed elettronico ( Don Chisciotte per la televisione, 1970), e Il lavoro teatrale di R. Lerici (Biennale di Venezia 1969), nel 1972 ha inizio l’esperienza di `Camion’. Il termine indica nome del gruppo, mezzo di trasporto, luogo della performance, esigenza di lavoro collettivo e di rendere il pubblico partner attivo. Un decennio di eventi, che vedono l’importante contributo dell’attrice e coautrice Carla Tatò, e trovano testimonianza nei film per la tv Borgatacamion , Robinson Crusoe e Nora Helmer .

Del 1980 è Opera, trilogia teatrale e cinematografica. Nel 1981 Quartucci raduna a Genazzano (Roma) diversi artisti visivi, musicisti, scrittori, cineasti, e dà vita con C. Tatò, J. Kounellis, G. Paolini, R. Lerici, G. Celant, R. Fuchs al progetto artistico `La zattera di Babele’; obiettivo è una nuova lingua della scena attraverso l’interagire delle arti. Nascono così le creazioni, portate in tournée europee, Comédie italienne (1981), Didone e Funerale (1982). A Berlino nel 1984 sviluppa il progetto su Kleist e la sua Pentesilea con Canzone per Pentesilea (musiche di Giovanna Marini; già allestito a Bologna nel 1983), Rosenfest Fragment XXX e Nach Themiscyra (Vienna 1986).

Dal 1986 il progetto ‘Zattera di Babele’ si trasferisce a Erice in Sicilia, dove nasce il festival `Le giornate delle arti’, laboratorio permanente sui diversi linguaggi artistici. Nascono per le regie di Quartucci La favola del figlio cambiato (1987) e I giganti della montagna (1989) di Pirandello; Primo amore , `sinfonia scenica’ da atti unici di Beckett (1989); Il giardino di Samarcanda (presso il restaurato teatro Gebel Hamed, 1990); Tamerlano il Grande di Marlowe (Berlino 1991); Antigone di Sofocle, nell’adattamento di Brecht (Segesta 1991); Macbeth di Shakespeare (1992; seguito da Il cerchio d’oro dei Macbeth , `studio per un teatro scenico video-elettronico’, 1993); Ager sanguinis (1995) e Medea (1989 e ’98) di A. Pes. Nel 1998 nascono i progetti Il cerchio d’oro del potere e La favola dell’usignolo , che coinvolgeranno Quartucci e gli artisti di `La zattera di Babele’ fino al 2001.