Puecher

Virginio Puecher è uno degli inventori della regia critica, una figura di grande rilievo nel teatro italiano, per la sua forza innovativa sia nella scelta del repertorio che in quella stilistica, con una carriera fortemente permeata dal suo impegno e rigore politico e dall’ansia di ricerca. Dopo una laurea in filosofia, un’esperienza nella lotta partigiana, approda nel dopoguerra al Piccolo Teatro dove rimane dodici anni: la fase più limpida e proficua delle sua carriera. Dal 1955 diventa assistente alla regia di Strehler dopo aver lavorato per due anni al terzo programma Rai creando trasmissioni culturali. Debutta come regista nel 1955 al Teatro Odeon in Lunga giornata verso la notte di O’ Neill, con la compagnia di Ricci, le scene di Damiani e i costumi di Frigerio; e l’anno dopo al Piccolo Teatro ne I vincitori (1956) – un testo in milanese di P. Bettini e E. Albini, un’amara riflessione sul Risorgimento – e ne L’ereditàa del Felìs di Illica (1962). Il successo arriva con Mercadet l’affarista di Balzac (1958-59), con Tino Buazzelli, a cui fa seguire una lunga serie di novità italiane, quali Come nasce un soggetto cinematografico di Zavattini (premio Idi, 1959), I burosauri di S. Ambrogi (1963) e L’annaspo di R. Orlando (1964). Un aspetto fondamentale hanno i suoi lavori politici, tra i quali spicca L’istruttoria di P. Weiss (1966-1967), il suo lavoro più noto e forse più sentito, per il riflesso di esperienze personali (come l’internamento a Mathausen col padre) e La vita immaginaria dello spazzino Augusto G. di A. Gatti (1969).

Le sue regie, realizzate secondo la tecnica dell’incastro, propongono innovative e complesse architetture, elaborate con interessanti e rivoluzionarie forme visive e l’utilizzo di ambientazioni in spazi alternativi al teatro tradizionale. Parallelamente sviluppa l’analisi dei testi che vengono vivisezionati e riassemblati: emblematici sono gli esempi del Faust , in realtà l’ Urfaust di Goethe, nel 1969 a Vicenza, e del Woyzeck di Buchner nello stesso anno a Bologna, in cui metteva in fila in un’unica sequenza le quattro versioni del dramma incompiuto. Negli anni ’70 fonda Gli Associati con S. Fantoni, I. Garrani, V. Ciangottini e V. Fortunato ( La nuova colonia di Pirandello, 1975; Zio Vanja di Cechov, 1976). La regia lirica, a cui è legato per studi musicali, occupa una parte di rilievo nella sua produzione. I suoi interessi sono prevalentemente concentrati sulla musica moderna: oltre a Atomtod (1965) e Per Massimiliano Robespierre (1974) di Giacomo Manzoni, suo amico, Il coccodrillo (1972) di V. Bucchi e Hyperion di B. Maderna (1977), vanno ricordati i due allestimenti di Wozzeck (1963, 1973) e Lulu (1967) di Berg, l’ Albert Herring (1979) e Il giro di vite di B. Britten, realizzato con le gigantografie fotografiche di Ugo Mulas. Esperimenti figurativi che prosegue con A. Pomodoro per l’ Alcesti di Gluck, nel 1987 . I suoi ultimi allestimenti sono: Il piccolo Marat di Mascagni, allestito a Villa Mimbelli a Livorno (1989) e Falstaff di Verdi a Treviso (1990).