Pinget

La carriera teatrale di Robert Pinget è, per certi versi, paradossale. Le sue opere sono state rappresentate dai più importanti teatri francesi, e dalle compagnie più illustri, ma a intervalli così distanziati da non metterne appieno in luce la crescita drammaturgica. Inoltre la sua immagine di autore teatrale ha probabilmente sofferto della sua reputazione di romanziere: Pinget ha in effetti cercato di trasporre sulla scena i temi e le tecniche del Nouveau Roman, corrente letteraria di cui è stato, con Alain Robbe-Grillet e Nathalie Sarraute, uno dei protagonisti. Le prime pièces sono infatti riduzioni di altrettante opere in prosa: Lettera morta (Lettre morte, 1959) , La manovella (La manivelle, 1960). Con l’invenzione del personaggio di Mortin ne L’ipotesi (L’Hypothèse, 1961) e Inchiesta su Mortin (Autour de Mortin), trasmessa alla radio nel 1965, Pinget mette in scena lo scrittore assorto nelle nevrosi del processo creativo.

I suoi tre ultimi lavori Identité, Abel e Bela (1971) formano una trilogia e costituiscono l’apporto più originale di Pinget alla teoria e alla pratica del teatro `di ricerca’, espresso attraverso interessanti esperimenti di linguaggio e attraverso un ripensamento delle convenzioni sceniche (scene speculari riprodotte serialmente, inserzione di proiezioni cinematografiche, parodie di stili di comunicazione settoriali, come quello giornalistico, ecc.). Nel 1975, Pinget darà ancora vita al personaggio di Mortin in Paralchimie , opera che cerca di riprodurre sulla scena la vita inconscia del protagonista, i suoi fantasmi e le sue ossessioni in un patchwork di citazioni. L’ambizione del primo teatro di Pinget non è tanto psicologica quanto antropologica: è un ritratto dell’uomo universale, della sua passività e della sua aspirazione all’unità. Una vera e propria allegoria dell’essere che non esita a ricorrere al mito e al simbolo per acquisire maggior pregnanza e significazione.