naturalista,

Movimento centrale dell’arte non solo teatrale della seconda metà dell’Ottocento, il naturalismo ha anche a teatro in Emile Zola il suo maggiore teorico ( Il naturalismo a teatro , 1881). Mosso dal presupposto di derivazione realista che la verità scenica è il risultato di un processo di mimesi della vita che cancella il diaframma fra rappresentazione della realtà e realtà stessa, il n. si oppone al `teatro di convenzione’, della piéce bien fait, costruito su intrighi rocamboleschi, e propugna la poetica della tranche de vie , ovverro della presenza fisica-concreta della corporeità materiale della vita sulla scena, e della quarta parete, ovvero del palcoscenico come luogo. In una nuova drammaturgia e nella fondazione dell’arte della regia si realizza il verbo del naturalismo scenico. Il dramma n., a cui nonostante le avanguardie fa ancora riferimento la produzione drammatica contemporanea, elimina ogni elemento d’effetto spettacolare e costruisce la partitura degli eventi seguendo con verosimiglianza i microconflitti che si nacondono nei rapporti interpersonali della società borghese e dei suoi valori morali.

Lo stesso spazio scenico è lo spazio chiuso e autosufficiente del salotto borghese, nel quale il pubblico osserva la vita reale come attraverso una `quarta parete’ a lui trasparente, ma opaca per l’attore. Nell’universo desacralizzato del dramma n. il personaggio consegue quel profilo moderno che lo definisce come il risultato delle azioni e delle circostanze piuttosto che di un carattere o di una psicologia definita. I corvi (1875) del francese Henry Becque venne celebrato come il primo dramma n., ma i risultati maggiori la poetica n. li consegue nelle opere di alcuni autori: Casa di bambola (1879) di Isben, Il padre (1887) e La signorina Julie (1888) di Strindberg, Tessitori (1892) di Hauptmann, Amoretto (1894) di Schnitzler, Candida (1895) di Shaw, per il verismo in Italia Cavalleria rusticana (1884) di Verga, Tristi amori (1887) e Come le foglie (1900) di Giacosa, L’albergo dei poveri (1902) di Gor’kij e infine Il gabbiano (1896), Zio Vanja (1897), Tre sorelle (1901), Il giardino dei ciliegi (1904) di Cechov, l’autore nel quale n. e simbolismo si fondono con gli esiti più elevati. La drammaturgia n. fu anche il luogo di sperimentazione per una nuova modalità di messa in scena, attenta alla verosimiglianza del dato materiale e interpretativo, di cui la figura nascente del regista garantisce la coerenza e l’unitarietà stilistica. Dopo la riforma in senso filologica realizzata nel ducato di Meiningen tra il 1870 e il 1890, è la nascita nel 1887 a Parigi del Théâtre-Libre di André Antoine, nel 1889 a Berlino della Freie Bühne di Otto Brahm, nel 1891 a Londra dell’Indipendent Theatre di J.T. Grein a segnare la diffusione della scena n. in Europa. Ma è all’opera teorica e pratica, e in particolare all’attività registica (fu regista delle opere di Cechov e Gor’kij) e pedagogica di Kogstantin Stanislavskij, unita alla fondazione nel 1897 insieme a Nemirovic-Dancenko del Teatro d’Arte di Mosca, che è legata la prima elaborazione di un pensiero sistematico intorno all’arte dell’attore e a quella del regista secondo i dettami di quello che venne definito un `naturalismo spirituale’.