Musazzi

Ispiratore, autore, primo attore e prima donna della compagnia di Legnanesi, storico gruppo dialettale lombardo che, lavorando di giorno e recitando di sera, fu per vent’anni in testa agli incassi e agli indici di gradimento teatrali, Felice Musazzi nacque da una famiglia di origine modesta, papà tranviere e mamma operaia. Impiegato alla Franco Tosi, azienda metalmeccanica, iniziò a esibirsi nella metà degli anni ’30, ma poi scoppiò la guerra, il giovane soldato Musazzi va al fronte e restò prigioniero per due anni in Russia. Ritornò nel 1946, riprese il suo lavoro e in fabbrica e all’oratorio di Legnanello organizzò con entusiasmo i primi show del suo gruppo en travesti , perché erano negate, per l’ecclesiastica morale d’epoca, le presenze femminili. Abituato quindi a calarsi nei poveri panni post contadini della povera donna di buon senso lombardo, ecco a voi la mitica Teresa, Musazzi crea un vero prototipo della commedia d’arte, arricchendolo con la sua sana vena populista che la rende un emblema del `quarto stato’ teatrale.

I Legnanesi sono la povera gente (e i poveri cristi-dilettanti della passerella) contro gli snobismi intellettuali degli altri teatranti e i soprusi del denaro. Nasce così la compagnia dialettale dei Legnanesi, madrina Paola Borboni, cui Musazzi offrì, per quarant’anni, una serie di testi-pretesti dapprima rivistaioli e poi più coordinati nella scrittura, in cui però emerge una facile satira della società dei costumi, vista dai cortili della provincia, inquadrando, non sempre casualmente, la fatica e la miseria della povera gente. Portava in scena i sobborghi industriali, le case di ringhiera, i cortili pieni di urla, di storie e di baruffe `pop’. Teresa, figura diventata leggendaria, era spiritosa e conservava doni teatrali unici, nati alla scuola delle recite parrocchiali: si scontrava con la reazionaria e padronale Chetta, chiacchierava con le vicine, si esibiva in clamorosi errori di grammatica e in divertenti giochi di parole. Ma il suo `tormento’ teatrale era la figlia Mabilia, spudorata zitella di campagna vittima delle mode e contraria al sano buon senso di un’altra generazione. Musazzi, nel corso di una trentina di spettacoli, raffinò il personaggio e i testi, affidandosi sempre meno all’improvvisazione, fissando irresistibili tempi comici con la complicità di un pubblico che stravedeva per lui, tra cui Giorgio Strehler che lo considerava la migliore attrice italiana e gli propose una parte in un suo allestimento goldoniano. La storia dei Legnanesi è riassunta nella storia personale di Musazzi, con i suoi antichi trucchi e le sue clamorose gaffe, mescolando il dato sociologico reale con il piacere della finzione assoluta (il travestimento). Non gli mancarono, oltre ai clamorosi consensi delle platee domenicali, anche i riconoscimenti ufficiali della critica che poco per volta lo scoprì per intero.