Malaparte

Personaggio controverso e singolare, difficilmente riducibile a una sola definizione, Curzio Malaparte deve il successo a provocatorie sfide di genere anarcoide. In letteratura, si ricordano soprattutto i suoi reportage narrativi, Kaputt (1944) e La pelle (1949), ambientato a Napoli durante l’occupazione. A Parigi, nel 1948, nella speranza di raggiungere quel successo a cui ambiva da quando aveva messo piede in Francia, Malaparte comincia a dedicarsi al teatro. Ma i due lavori, Du côté de chez Proust (`impromptu’ in un atto con musica e canto) e la commedia Das Kapital , dedicata all’esilio di Marx a Londra, non ottengono esito positivo. La ripresa d’interesse verso il palcoscenico si registra alcuni anni più tardi, quando, nell’agosto 1954, dopo aver curato la regia della pucciniana La fanciulla del West , in una memorabile edizione al Maggio musicale fiorentino, propone alla Fenice di Venezia, con la regia di Guido Salvini, la sua commedia Anche le donne hanno perso la guerra . Rovinoso – anche sul piano finanziario – è infine l’esito dell’ultima pièce, la rivista musicale di satira socio-politica, Sexophone , allestita al Teatro Nuovo di Milano nel 1955 per la regia dello stesso Malaparte, e portata in giro per l’Italia. Per il cinema si occupò di un solo film, nel 1950, di cui però fu soggettista, regista e tecnico musicale: Il Cristo proibito, che curiosamente, nel 1994, è stato riproposto teatralmente a San Miniato, con la regia di Massimo Luconi, nella riduzione curata da Ugo Chiti e dallo stesso Luconi.