Luzzati

Emanuele Luzzati ha studiato a Losanna alla École des beaux arts e des arts appliqueès. Inizia l’attività di scenografo collaborando con A. Fersen per Salomone e la regina di Saba (1945) e inaugurando, sempre con Fersen, la sala Eleonora Duse al Teatro stabile di Genova con L’amo di Fenisia di Lope de Vega e il Volpone di Jonson. Come illustratore pubblica in questi anni il suo primo libro per bambini I paladini di Francia . Questo amore per le illustrazioni di libri per l’infanzia si trasmette sulla scena dove i personaggi e le ambientazioni teatrali sono trasformati in immagini straordinariamente creative che appartengono a un mondo fiabesco. A partire dal Flauto Magico di Mozart, realizzato al Festival di Glyndebourne per la regia di F. Enriquez (1978), sviluppa una preferenza verso l’opera buffa. Con Il Turco in Italia (1983) inizia la sua collaborazione al Rossini Opera Festival di Pesaro, dove fra l’altro realizza La scala di seta per la regia di M. Scaparro (1987). Nell’ambito della prosa si dedica alla progettazione scenografica di commedie: ne sono un esempio La donna serpente di C. Gozzi, regia di E. Marcucci (Teatro stabile di Genova 1979) e, per la regia di De Bosio, La Piovana del Ruzante (Venezia 1987) e La Mandragola di N. Machiavelli (1989). Fonda nel 1976 il Teatro della Tosse con A. Trionfo e T. Conte, con i quali collaborerà a numerosissimi spettacoli. Con la messinscena di Ubu re di Jarry (1976), per la regia di T. Conte, inaugura il nuovo spazio teatrale, dove nel 1983 apre e dirige la scuola di scenografia. Nel corso della sua carriera di scenografo affronta anche la progettazione scenica di opere del teatro musicale del ‘900: Il sogno di una notte di mezza estate di Britten (English Opera Group 1976) con la regia di C. Graham; La tarantella di Pulcinella , musica di G. Negri, testo di Luzzati (Piccola Scala di Milano 1974). Per l’Aterballetto di Reggio Emilia collabora alla messinscena dei balletti L’istoire du soldat di Stravinskij (1982), Coppelia di Delibes entrambi con la coreografia di A. Amodio. Fra i suoi ultimi allestimenti, L’asino d’oro da Apuleio regia di P. Poli (1994). In L. l’invenzione della scena si sviluppa attraverso il gioco drammaturgico di pedane, piattaforme, trabocchetti, stoffe dipinte che esprimono, con la loro precarietà, il senso dell’effimero in teatro e l’illusione fantastica. Il segno grafico pittorico di L. diventa il motivo conduttore di tutti i suoi originali spettacoli. I suoi bozzetti realizzati attraverso collage di carta, dipinti e disegnati con estro di artista, ci permettono di entrare in quella scatola magica che è il suo teatro fantastico e personale.