Lunacarskij

Fin dalla giovinezza vicino alle correnti progressiste e ai gruppi rivoluzionari bolscevichi, Anatolij Vasil’evic Lunacarskij vive fino al 1917 in esilio in Occidente, dove, oltre a svolgere attività politica, perfeziona la formazione culturale a contatto con i più significativi fenomeni artistici europei, si occupa di critica teatrale e di filosofia. Comincia la sua attività di drammaturgo con Il barbiere del re (1906). Terminato il periodo di clandestinità con la Rivoluzione d’ottobre, diventa subito uno dei maggiori esponenti della politica culturale bolscevica. Amico personale di Lenin, come Commissario per l’Istruzione (1917-1929) sostiene le più coraggiose iniziative in campo teatrale, i nuovi autori come Majakovskij, i registi d’avanguardia come Mejerchol’d e Vachtangov, prende decisioni fondamentali per l’assetto amministrativo del teatro, come la nazionalizzazione dei teatri, le sovvenzioni. Sollecita la partecipazione dei principali rappresentanti di simbolismo e futurismo agli organi del nuovo governo: difende dagli attacchi del pubblico impreparato e perplesso gli spettacoli d’avanguardia, partecipa personalmente a incontri e dibattiti, protegge il Teatro d’Arte, incapace di rinnovare il proprio repertorio negli anni immediatamente postrivoluzionari. Riprende, a partire dal 1918, l’attività di drammaturgo, con una serie di lavori soprattutto storici, con grande pathos rivoluzionario ( Faust e la Città , 1918; Oliver Cromwell , 1920; Vasilisa Premudraja , 1920; Tomaso Campanella , 1921; Don Chisciotte liberato , 1922; La bomba , 1923).