Living Theatre

Living Theatre è gruppo teatrale americano fondato a New York nel 1948 da Julian Beck e Judith Malina. Il più importante e il più influente (non solo negli Stati Uniti ma in Europa) fra quelli che, opponendosi radicalmente a Broadway e a tutto ciò che esso rappresentava, compreso il sistema politico, economico e culturale di cui era più o meno direttamente l’espressione, aprirono al teatro nuove vie, suscitando consensi appassionati e dure ostilità e fornendo ispirazione a giovani teatranti irrequieti di ogni parte del mondo. Legati da un lato alla tradizione anarchico-pacifista della sinistra americana, dall’altro ai movimenti artistici d’avanguardia dell’immediato dopoguerra, all’inizio i due fondatori si proponevano soprattutto di affrontare i problemi del linguaggio e di allestire testi americani e stranieri di elevato contenuto poetico. Il primo spettacolo, che comprendeva atti unici di Paul Goodman, della Stein, di Brecht e di Lorca, fu allestito nel loro appartamento nell’estate del 1951. Pochi mesi dopo, con la messinscena di Doctor Faustus Lights the Light, una rielaborazione del tema faustiano scritta nel 1938 da Gertrude Stein, iniziò, stavolta in un teatro, quella che potremmo definire la fase Off-Broadway della storia del Living Theatre, durante la quale venne presentato, con inconsueto rigore e con criteri radicalmente differenti dal neo-naturalismo dominante, un repertorio alternativo a quelli delle scene commerciali. Fra gli autori in cartellone erano Jarry e Cocteau, Strindberg e ancora Goodman, ma anche il Racine di Fedra e il Pirandello di Questa sera si recita a soggetto .

I luoghi nei quali agivano furono per un anno un teatrino lontano da Broadway, per altri quattro un magazzino in disuso vicino a Broadway, e finalmente dal 1959 al 1963, dei locali che avevano appositamente ristrutturato, dove Living Theatre divenne il nome non solo di un gruppo ma di un vero e proprio teatro. In questa sede furono ancora messi in scena testi letterari preesistenti (da Many Loves di W.C. Williams a due opere di Brecht, Nella giungla delle città e Un uomo e un uomo ), ma vennero anche presentati i due spettacoli che segnarono l’inizio di una nuova fase: The Connection (1959) e The Brig (1963). Avevano entrambi un autore – rispettivamente Jack Gelber e Kenneth Brown – ma nascevano di fatto da esercizi d’improvvisazione collettiva che sviluppavano situazioni (nel primo caso un gruppo di tossicodipendenti in attesa di chi dovrà portar loro la droga, nel secondo le angherie quotidiane in una prigione di marines) più che costruire drammi nell’accezione tradizionale del termine. Mancavano infatti, soprattutto in The Brig, sia un vero intreccio sia una reale definizione dei personaggi. Attraverso la ripetitività delle azioni, perfettamente coreografate, si trasmetteva un messaggio di denuncia della brutalità dell’uomo sull’uomo e dei meccanismi implacabili escogitati dal sistema per distruggere chi non si piegava alle sue regole. Il discorso politico, presente in filigrana anche nell’attività precedente, diventava sempre più esplicito in un’America che s’accingeva a vivere i grandi movimenti di protesta degli anni Sessanta, da quelli dei neri e degli studenti alle manifestazioni contro l’intervento nel Vietnam. Il L. T. li visse in parte in Europa dopo che nell’ottobre del 1963 Beck e la Malina, accusati di evasione fiscale e condannati a pene detentive che avrebbero scontato più avanti, erano stati costretti a chiudere il loro teatro.

E fu nei quattro anni dell’esilio europeo, dal settembre 1964 all’agosto 1968, che portarono a maturazione la loro posizione ideologica – “Vita, rivoluzione e teatro” – avrebbe detto Beck – “sono tre parole che significano una sola cosa: un no categorico alla società attuale” – perfezionarono il loro modo di fare teatro, fondato sull’improvvisazione, sulla fisicità e sul coinvolgimento degli spettatori nell’azione scenica con l’eliminazione pressocché totale di scene, costumi ed effetti, e presentarono quegli spettacoli ai quali soprattutto rimase legata la loro fama. Il primo fu Mysteries and Small Pieces (1964), una serie di scene a se stanti, di chiara ispirazione artaudiana, che, rinunciando quasi del tutto alla parola, si rivolgevano contemporaneamente a tutti i sensi degli spettatori, scuotendoli e turbandoli. Il secondo, dopo una messinscena delle Serve di Genet interpretate da tre uomini, fu Frankenstein (due differenti versioni, l’una nel 1965, l’altra nel 1966), che partiva dal romanzo di Mary Shelley e mostrava, alternando effetti di grande suggestione rituale e momenti di sconvolgente ferocia, lo smembramento dell’uomo e il suo rimontaggio come un gigantesco robot. Seguirono un libero adattamento dell’ Antigone di Brecht (1967) trasformata in un grido disperato di libertà, e infine, al festival d’Avignone del 1968, Paradise Now , definito “un viaggio spirituale e politico per attori e spettatori”, destinato a proseguire nelle strade, che era certamente più vicino a una grande cerimonia rivoluzionaria collettiva che a una vera rappresentazione teatrale.

Dal teatro, in effetti, (quello dell’autore come quello del regista) il gruppo si era sempre più allontanato, con questi spettacoli rivolti a un pubblico del tutto compartecipe che ne condividesse i messaggi spesso semplicistici. A questo radicalismo, politico e artistico, s’accompagnava uno stile di vita che contribuì alla loro fama (o alla loro notorietà): `tragici dell’arte’, li definì qualcuno, alludendo alla loro natura di nomadi vagamente scalcinati e alla serietà profonda del loro impegno. E tali rimasero anche negli anni del declino, coraggiosamente fedeli alle proprie scelte e utopisticamente decisi a influire su una società che, in America e altrove, stava andando in direzioni differenti. Produssero ancora spettacoli – da Sette meditazioni sul sadomasochismo politico (1973) a Prometeo (1978) – e continuarono a girare il mondo, dall’Europa al Brasile, dove rimasero per tredici mesi, per trasmettere il loro messaggio anarchico-pacifista e per esprimere la loro attiva solidarietà ai movimenti di protesta politica e sociale. Dopo la morte di Beck (1985), il Living Theatre, sotto la guida della Malina affiancata da Hanon Reznikov, continua la sua attività, soprattutto a New York, presentando spettacoli, partecipando alle lotte dei diseredati e organizzando manifestazioni di teatro di strada.