Lerici

Roberto Lerici esordisce come autore negli anni ’60, all’interno della nuova avanguardia teatrale italiana, legandosi in particolare al nome di Carmelo Bene (La storia di Sawney Bean, 1964) e di Carlo Quartucci con Il lavoro teatrale (Venezia, Biennale 1969), Il gioco dei quattro cantoni (1966) e Majakovskij e compagni alla rivoluzione d’Ottobre (1967). Il decennio successivo è segnato dall’intenso lavoro con Antonio Salines e da opere come L’educazione parlamentare (1972) e Pranzo di famiglia (1973); mentre nel 1976 torna, con Romeo e Giulietta, alla collaborazione con Carmelo Bene. Quindi l’incontro con Aldo Trionfo, regista a lui congeniale per attitudini stilistiche e scelte culturali, che allestisce con la compagnia Teatro di Roma la sua commedia L’usuraio e la sposa bambina (1981). Negli anni Ottanta Lerici, che cura anche diversi adattamenti di opere di autori stranieri come Calderón, F. Wedekind, E. Labiche e N. Simon, approda al teatro brillante, realizzando un felice sodalizio artistico con l’attore G. Proietti, per il quale scrive A me gli occhi please, Come mi piace (1983) e Leggero leggero , pur non abbandonando, nel contempo, attraverso la rinnovata collaborazione con Quartucci, la via della ricerca: sono di questo periodo infatti i testi Didone (1982), Uscite (1982) e Funerale (Kassel 1982). L’ultimo anno, infine, è caratterizzato dal suo lavoro per Lucia Poli Vuoto di scena, da Cyrano de Bergerac per Salines, dall’adattamento di Appartamento al Plaza di N. Simon per G. Tedeschi e dalla stesura, a quattro mani con G. Nanni, di Alberto Moravia : a ulteriore conferma di una scrittura che, dallo sperimentalismo degli inizi al repertorio brillante e poi ancora alla ricerca, si qualifica a tutti gli effetti per la notevole versatilità.