Jooss

Kurt Jooss studiò presso l’Accademia di musica di Stoccarda. Qui aveva l’opportunità di incontrarsi con Rudolf von Laban, il grande teorico, pensatore, filosofo della danza centroeuropea. Collaborava con questo maestro a Mannheim e ad Amburgo tra il 1922 e il ’23. Maestro di ballo a Münster, fondava, con la danzatrice estone Aino Simola (diventata sua sposa nel 1929) il Neue Tanzbühne, insieme con Sigurd Leeder e Heinz Heckroth. Con questa compagnia J. creava le sue prime coreografie. Si dedicava poi allo studio della danza classica fra Vienna e Parigi; molto dopo si potrà capire l’influenza esercitata dalla danza accademica sul tessuto libero di molte sue coreografie. Troviamo infatti nel suo repertorio balletti su musiche di Mozart e Ravel, il Petruška di Stravinskij (come esistette il Don Juan di Gluck nella produzione di Laban).

Nel frattempo cambiava il nome della compagnia in Folkwang Tanzbühne: un solo titolo nuovo, il Gaukelei (musica di Fritz Cohen, 1930) e poi tanto repertorio riveduto e corretto, non si capisce bene perché: Le Bal di Rieti (1930), già affrontato da Balanchine un anno prima di Diaghilev, le famose Danze polovesiane di Borodin, Coppélia di Delibés (1931), Le fils prodigue di Prokof’ev, Pulcinella di Stravinskij (1932), sino a quando arrivò il gran momento. Era il polemico, sarcastico Der Grüne Tisch a vincere un concorso a Parigi nel 1932 e ad attirare l’attenzione di quelli che attendevano da lui qualcosa di nuovo: e difatti già nel titolo, `il tavolo verde’, si potevano leggere allusione e simbologia del tavolo da gioco sul quale si decide con toni grotteschi, attinti dal cabaret, la guerra e la vita di tanti esseri umani. Con la collaborazione della figlia Anna Markard-J., il singolare capolavoro fu rappresentato nel mondo intero dopo l’ultimo conflitto. J. è da considerare il primo coreografo che sia riuscito a instaurare una sintesi organica tra la danza classico-accademica e quella moderna. Ciò si poté constatare anche in altri lavori ( The Big City , 1932) non esenti, naturalmente, da grandi pennellate di quell’espressionismo in voga ai tempi di J. che, addolcitolo, diede anche una realizzazione coreografica della Perséphone di Gide-Stravinskij e i Catulli Carmina di Orff.