Jones

(Bunnell 1951), danzatore, coreografo, direttore di compagnia statunitense. Abbandonato il progetto di diventare attore J., che frequenta l’università come borsista e atleta (gareggia nella corsa), scopre la danza afro-caraibica, che studia con Pearl Primus e Garth Fagan. Dopo un breve periodo in cui si avvicina al training del balletto classico e alla tecnica di Martha Graham, entrambi non adatti al suo fisico possente, si dedica infine alla `contact improvisation’, occasione del suo incontro decisivo con il fotografo Arnie Zane. Con lui, dopo un soggiorno ad Amsterdam, fonda l’American Dance Asylum, un collettivo con sede a Binghamton, dove crea Entrances (1974), Could Be Dance , Women in Drought , Across the Street , Impersonations , Everybody Works / All Beasts Count (1975). Mentre è coreografo per il Daniel Nagrin Dance Theatre firma, sempre con Zane, una trilogia di lavori in un atto, di carattere confidenziale, Monkey Run Road , Blauvelt Mountain (1979) e Valley Cottage (1980). Da questa felice collaborazione nasce poi la Bill T. Jones / Arnie Zane Dance Company (1982), che propone alcuni lavori di spicco a serata intera, come Freedom of Information e Secret Pastures (1985) con i graffiti di Keith Haring, la musica di Peter Gordon e i costumi di Willi Smith: spettacoli che si impongono all’attenzione per una inconsueta narratività, che li fa subito apprezzare anche in Europa. Non mancano però brani più raccolti, come il sensuale Soon (1988), duo destinato a coppie indifferentemente etero o omosessuali. Per l’Alvin Ailey American Dance Theatre firma intanto Fever Swamp (1983) per sei danzatori e, ancora con Zane, Ritual Ruskus (How to Walk an Elephant) nel 1985. Seguono, dopo la prematura scomparsa di Zane, D-Man in the Waters (1989), dedicato a un amico danzatore morto di Aids, Last Supper at Uncle Tom’s Cabin / Promised Land (1990), sul tema dell’uguaglianza di tutti di fronte alla morte, presentato a TorinoDanza e al festival di Spoleto (1992), Last Night on Earth (1992), intriso di spiritualità, War between the States , After Black Room , Achilles Loved Patroclus e Still/Here (1993), quest’ultimo elaborato con gruppi di malati terminali e presentato alla Biennale di Venezia nel 1995. Dopo Love Defined (1992), realizzato su invito dell’Opéra di Lione, viene nominato (1994) coreografo stabile, firmando I Want to Cross Over , 24 Image Seconde , per il centenario della nascita del cinema, Green and Blue (1997). Viaggio di ritorno verso la danza postmoderna delle origini è l’affresco in tre parti We Set Out Early… Visibility Was Poor (1998), su musiche di Stravinskij, Cage e Peteris Vasks. Il suo lavoro, che spesso ha suscitato polemiche negli Stati Uniti, dove è accusato di voler imporre la poetica della `victim art’, è tutto centrato sulla lotta contro i pregiudizi razziali, sessuali, religiosi, sul crinale tra esperienze autobiografiche e tematiche universali.