Gandusio

Accostatosi alle scene filodrammatiche durante gli studi universitari a Roma, Antonio Gandusio fu notato dalla grande A. Ristori, riuscendo a farsi scritturare (1899) come attore brillante dal De Sanctis. Malgrado i successivi impegni con una mezza dozzina di compagnie, si laureò in legge a Genova, salendo più tardi nella scala dei valori interpretativi grazie alle esperienze con Novelli, Reiter-Carini, I. Gramatica-Andò. La mimica inconfondibile, la voce cavernosa, le sopracciglia cespugliose, la scioltezza dei movimenti, contribuirono a renderlo un ideale Arlecchino servitore di due padroni , tre generazioni prima della edizione strehleriana. Unitosi nel 1912 a L. Borelli, tre anni dopo ignorò il richiamo alle armi da parte di Vienna, avendo a suo tempo servito come ufficiale nell’esercito austriaco, come tutti gli istriani dell’epoca. Proprio nel fatidico 1915 entrò a far parte della Melato-Betrone diretta da Talli, specializzandosi nella nuova drammaturgia italiana che aveva per alfieri Chiarelli, Antonelli, Cantini. In particolare il trionfo in La maschera e il volto lo indusse a rivolgere minor attenzione al teatro di puro divertimento, preferendogli i campioni del grottesco e delle `avventure colorate’ allora in auge. Ebbe al suo fianco D. Galli, L. Carli, K. Palmer, C. Gheraldi, mentre nel secondo dopoguerra fu tra gli interpreti di Euridice di Anouilh, di Gente magnifica di Saroyan, dell’ Avaro di Molière con le regie di Visconti, Ferrero, Salce. Artista di grande sensibilità e di carattere schivo, bibliomane raffinato, la morte improvvisa lo colse alla vigilia di registrare per la Rai il terzo atto del suo cavallo di battaglia, Il deputato di Bombignac . Prese parte a una trentina di film di scarso valore artistico.