esistenzialista

Dal pensiero filosofico viene questa denominazione, con la quale in Italia si indica la produzione drammaturgica di alcuni autori francesi degli anni Quaranta, tra i quali Sartre (1905-1980), Camus (1913-1960). In forme drammatiche tradizionali, il teatro esistenzialista indaga l’angoscia di un dopoguerra in cui l’uomo, privo di riferimenti morali, si trova smarrito di fronte all’irrazionalità e all’assurdità del vivere. Il palcoscenico diviene il luogo chiuso nel quale dibattere i temi filosofici di un dramma ideologico in cui il nuovo personaggio è lo `straniero’; solitario, romantico, chiuso in se stesso, egli è protagonista del conflitto tra Bene e Male (Sartre: Le mosche , 1943; Il diavolo e il buon Dio , 1945), dell’alienazione dei rapporti interpersonali (Camus: Il malinteso , 1944) e della rivolta tragica di una solitudine assurda (Camus: Caligola, 1945). Delineato anche attraverso una riscrittura drammaturgica del mito classico, come in Euridice (1942) e Antigone (1943) di Anouilh, nel conflitto tra candore ideale della giovinezza e cinismo dell’età adulta, il personaggio esistenzialista eroico e sconfitto oppone alla `nausea’ e all’assurdità del mondo un atto estremo di impegno e rivolta, gesto di testimonianza in un mondo senza speranza.