Dorst

Dalle sue prime pièces per marionette sino ai lavori di ampio respiro storico come Toller si impone per il rigore della sua estetica e per il suo stile altretttanto ricco quanto insolito. Figlio di un industriale, arruolato nell’esercito tedesco a diciassette anni, è prigioniero negli Usa, in Belgio e in Inghilterra. Al suo ritorno in Germania studia scienze teatrali, storia dell’arte e germanistica. Quindi lavora nel campo dell’editoria, del cinema e alla radio. Scrive pantomime ispirate alla Commedia dell’Arte, ma anche a Giraudoux, Brecht e Dürrenmatt, per il teatro di marionette di Monaco. Attraverso farse clownesche e parabole rappresenta il grottesco insito nelle passioni umane in lavori come Società in autunno (Gesellschaft im Herbst, 1959), Libertà per Clemens (Freiheit fur Clemens) e La curva (Die Kurve), entrambe del 1960. Realizza anche adattamenti di racconti romantici e opere di carattere classico o di ambientazione medioevale francese. Con Grande imprecazione davanti alle mura della città (Grosse Schm&aulm;hrede an der Stadtmauer, 1961), opera in forma di parabola brechtiana e ispirata dal teatro d’ombre cinese, denuncia, attraverso la storia di una donna che rivuole il marito arruolato nell’esercito dell’imperatore, la tragedia dell’individuo di fronte a un sistema disumano. Qui già si annuncia Toller , la più significativa tra le sue opere scritta nel 1968. Attorno alla figura del poeta espressionista e pacifista Ernst Toller, leader della costituita repubblica in Baviera dopo l’assassinio di Kurt Eisner, D. cristallizza i momenti più drammatici della rivoluzione del 1919, spingendosi a fondo nella complessità del personaggio e nella sua fede nell’utopia, sino agli avvenimenti che portano al suo arresto e alla detenzione. Più che sul contesto storico, l’autore si concentra sull’intima dimensione di un uomo pronto a morire per il suo sogno. In uno stile analogo D. scrive E adesso, pover’uomo? (Kleiner Mann – was nun?, 1972), dal romanzo di Fallada, sulla crisi economica che precede l’avvento di Hitler e Goncourt o l’abolizione della morte (Goncourt oder die Abschaffung des Todes, 1977) sulla Comune di Parigi. Sempre interessato al rapporto tra la storia e il destino degli individui, attraverso diverse opere come Sul Chimborazo (Auf dem Chimborazo, 1974), sino a Heinrich o le pene della fantasia (Heinrich oder die Schmerzen der Phantasie, 1985), traccia un affresco sociale seguendo le vicende di una famiglia tedesca, dagli anni ’20 sino al 1960. Il tema dell’infrangersi dei sogni e delle illusioni si ritrova in Il giardino proibito (Der verbotene Garten, 1983), sulla figura di D’Annunzio. Tra i suoi lavori più recenti è da citare Io, Feuerbach (Ich, Feuerbach, 1986).