De Monticelli

Figlio di attori, Roberto De Monticelli era cresciuto – non solo metaforicamente – nei camerini dei teatri, acquisendo con la passione per il palcoscenico un orecchio eccezionalmente sensibile alle intonazioni della voce e alle sfumature dell’interpretazione. Formatosi come cronista a “Italia libera” e al “Tempo di Milano” e come redattore di costume e di cultura a “Epoca” – dove era approdato alla critica drammatica sostituendo, dapprima temporaneamente poi stabilmente, Ferdinando Palmieri – era quindi divenuto titolare della rubrica teatrale su “La patria”, dal 1956 su “Il giorno” e infine, dal 1974, sul “Corriere della Sera”, in quella che ancora era vista come la prestigiosa `cattedra’ di Renato Simoni. Dotato di una scrittura insieme incisiva e copiosamente densa di immagini, di un’innata competenza e di una inesauribile curiosità per le vicende della scena, ha saputo essere come nessun altro un autorevole punto di riferimento, un acuto e puntuale osservatore di fenomeni e tendenze testimoniati con lucida tempestività anche al di là dei singoli giudizi. Per molti anni presidente dell’Associazione nazionale dei critici di teatro, ha svolto anche in questo ruolo una fondamentale funzione trainante, avviando un approfondimento etico e professionale della categoria e fornendo un sostanziale apporto alla crescita del teatro italiano del nostro tempo, specialmente per quanto riguarda il fronte degli Stabili, al quale si sentiva costituzionalmente più vicino. Animato da una profonda e sofferta vocazione letteraria, ha lasciato un solo romanzo, L’educazione teatrale. Di fatto però le sue recensioni, sempre meditatissime e frutto di una faticosa elaborazione stilistica, si compongono in uno straordinario racconto dei gusti e dei costumi del teatro in un’epoca di decisivi mutamenti, come quella compresa fra gli anni ’50 e ’80, e in un percorso niente affatto occasionale nella storia di un paese e di una società colti attraverso il filtro peculiare del teatro. Da un suo saggio critico è stato ricavato il monologo Signori, il teatro deve essere rauco, interpretato nel 1989 da Renzo Giovampietro.