De Marco

Figlio d’arte, formatosi alla scuola dei café-chantant estivi sulla marina napoletana, nei primi due decenni del Novecento è stato l’attore comico più ammirato e imitato a Napoli. Gran parte del suo repertorio mimico e parte di quello macchiettistico (il celebre `Bel Ciccillo’) hanno continuato a vivere dopo la sua morte, nell’opera di Totò e di Nino Taranto. In particolare, Totò ne fu dichiaratamente allievo fedele, al punto che esordì, alla fine degli anni ’10, proprio come imitatore di De M. L’invenzione più felice di De M. fu quella dell’uomo-marionetta o, come veniva chiamato all’epoca, del `comico-zumpo’ (ossia comico saltatore dalle straordinarie doti acrobatiche): si presentava in scena come un pupo siciliano dalle membra snodate e capace di gesti assurdi. Oltre alle marionette, imitava gli animali, i suoni, i fulmini, i colpi di cannone. Un genere, quello dell’imitazione di suoni e animali, nel quale aveva già riscosso grande fama, nei primi anni del café-chantant napoletano, il comico Mongelluzzo, di cui in qualche modo De M. fu un erede diretto. La fortuna e la sfortuna della grande capacità clownesca di De M. risiedono entrambe nel suo rapporto con Totò: se da un lato questi ne ha riproposto l’intero repertorio consegnandolo all’immaginario collettivo, dall’altro ne ha finito per offuscare la memoria, oggi legata più alle leggende che alle cronache dell’epoca.