Trifirò

Dopo gli studi alla Scuola d’arte drammatica `P. Grassi’ Roberto Trifirò ha subito l’opportunità di partecipare a lavori come Civil wars di Bob Wilson (1983) e la Fedra vista da Ronconi (1984). Abile in ogni tipo di ruolo, ha al suo attivo moltissimi titoli, tra i quali ricordiamo un Re Lear sempre con Ronconi (1995) e Nella giungla delle città di Brecht, regia di Tiezzi, del 1997. Sempre con i Magazzini nel 1998 interpreta Scene di Amleto, libera rivisitazione dell’opera shakespeariana, al Fabbricone di Prato.

Tessier

Valentine Tessier debutta a Rouen prendendo parte a melodrammi di scarso valore, ma a vent’anni viene chiamata nella compagnia che Copeau ha appena messo in piedi al Vieux-Colombier. Qui si mette in luce interpretando Le nozze di Figaro di Beaumarchais; Il misantropo di Molière, I fratelli Karamazov di Copeau, dal romanzo di Dostoevskij (1921), La fraude di L. Fallens (1921), Amour, livre d’or di A. Tolstoj (1922), Bastos le hardi di L. Régis e F. de Veynes (1923), Il faut que chacun soit à sa place di R. Benjamin (1924). Quando la compagnia di Copeau si trasferisce in provincia, T. decide di restare a Parigi e, sotto la direzione di Jouvet, recita alla Comédie des Champs-Elysées: Léopold le bien-aimé di Sarment (1923); La scintillante di Romains (1924); Madame Béliard di Vildrac (1925); Sigfrid (1928) e Amphitryon (1929) di Giraudoux; Suzanne di Passeur (1929); Domino di Achard (1932); Intermezzo di Giraudoux (1933). Nel 1934 interpreta all’Atelier di Dullin Peccato che sia una sgualdrina di J. Ford (nel 1961 interpreterà la stessa commedia con la regia di L. Visconti).

La Tessier ha volutamente privilegiato il teatro al cinema, ritenendo il primo più rispettoso della libertà dell’interprete. La sua carriera continua nel dopoguerra con Lucienne et le boucher di M. Aymé (1948); Chéri di Colette (1949); Filumena Marturano di De Filippo (1952); Les parents terribles di Cocteau; Il gabbiano di Cechov (nell’adattamento di E. Triolet, 1955); La professione della signora Warren di Shaw (1956); La visita della vecchia signora di Dürrenmatt (1960, ne è seguita una versione televisiva); L’idiota di Dostoevskij (alla fine degli anni ’60). La sua ultima interpretazione è stata Ne coupez pas mes arbres , al fianco di Fernand Ledoux.

Tompkins

Dopo aver praticato la contact improvisation e la performance in patria, si trasferisce in Francia (1975), dove entra nel gruppo di Hideyuki Yano e si esibisce in duo con Lila Green, per passare poi ad allestire creazioni proprie, avendo come obiettivo principale la sperimentazione. Si segnala al Concorso di Bagnolet e per la trilogia Trahisons: Men (1985), Women (1986), Humen (1987). Progetta il work in progress La plaque tournante (1988), un lavoro a tappe che si sviluppa in luoghi alternativi, seguito da Channels (1994), ispirato al tunnel sotto la Manica, e Gravity (1996).

Terabust

Dopo essersi formata alla scuola di ballo dell’Opera di Roma sotto la guida di A. Radice, Elisabetta Terabust entra a far parte del corpo di ballo del teatro, passando da prima ballerina, nel 1966, a étoile nel 1972. Raffina il suo stile classico a fianco di Erik Bruhn, ma è al London Festival Ballet, dove arriva nel 1973, che si consolida la sua carriera internazionale e dove matura la sua sensibilità di interprete contemporanea. Oltre ad aver affrontato tutti i grandi balletti del repertorio, da Lo schiaccianoci a Cenerentola, da Il lago dei cigni a La Sylphide, rivela infatti una grande duttilità nel passare dalle metamorfosi di Glen Tetley (Sphinx, Greening) alle geometrie lucide di William Forsythe (Steptext), dal sentimento di John Cranko ( Onegin ) alla ragione di Balanchine (Agon, Apollo). Personalità nervosa e morbida allo stesso tempo, interpreta i maggiori ruoli creati da Roland Petit: Carmen, Coppélia, La valse triste e Charlot danse avec nous, creato per lei e Luigi Bonino. Negli anni ’80 torna in Italia come étoile ospite dell’Aterballet, dove è protagonista di molti lavori di Amedeo Amodio. Tra i suoi partner: R. Nureyev, P. Dupond, P. Bortoluzzi, M. Barišnikov, P. Schaufuss. Ospite delle principali compagnie internazionali e di grandi teatri lirici, la Terabust è stata dal 1990 al ’92 direttrice del Corpo di ballo dell’Opera di Roma, di cui è tuttora direttrice della scuola di ballo. Dal 1993 al ’97 è stata anche direttrice del corpo di ballo della Scala.

Tharp

Dopo aver studiato pianoforte e violino, Twyla Tharp si dedica all’acrobazia, e poi, trasferitasi in California, a un’ampia gamma di discipline, tra cui balletto, jazz dance, percussioni, twirling, tip tap, danze gitane. Approdata a New York, continua gli studi di danza presso le scuole dei maggiori maestri per entrare una sola stagione nella compagnia di Paul Taylor. Debutta come coreografa nel 1965 e presenta l’anno dopo Re-Moves , presso il Judson Dance Theatre, con il pubblico costretto ad `ascoltare’ la danza senza vederla. La fama arriva però con The Fugue (1970), un trio postmoderno con le sole percussioni dei piedi sul pavimento amplificato.

Dopo di che la sua formazione eclettica riemerge offrendole gli spunti e i mezzi tecnici per una danza rigorosamente costruita e nel contempo gradevole al grande pubblico. Nascono alcuni brani di ironica leggerezza su musiche jazz, popolarissime, come Eight Jelly Rolls, The Bix Pieces (1971), Sue’s Leg (1976), Baker’s Dozen (1979) e Nine Sinatra Songs (1982), in chiave musical. Nel 1973 crea per la sua compagnia e il Joffrey Ballet insieme Deuce Coupe , un successo di botteghino su musica dei Beach Boys; poco dopo, ancora per il Joffrey Ballet, firma As Time goes by , uno spiritoso esempio di balletto post-neoclassico su musica di Haydn, a cui seguirà In the Upper Room (1987, musica di Philip Glass).

È del 1976 Push comes to Shove , che rivela il talento di ballerino contemporaneo di Barishnikov. Questi, in veste di direttore dell’American Ballet Theatre, le commissiona Bach Partita (1984) e la chiama accanto a sé come condirettrice (1988). Coreografa per il New York City Ballet, in collaborazione con Robbins, Brahms – H&aulm;ndel (1984), allestisce all’Opéra di Parigi Rules of the Game (1989) e per la compagnia di Martha Graham Demeter and Persephone (1994). Tra i suoi lavori degli anni ’90 si ricordano Octet (1991), Jump Start (1995) e il trittico Tharp! cioè Sweet Fields, 66, Heroes (1996), in cui conferma la sua attitudine all’entertainment colto. Curiosa ed eclettica, lavora anche per il video ( The Catherine Wheel , 1983, musica di David Byrne), per il cinema (Hair, 1979; Ragtime, 1980; Amadeus, 1984; White Nights, 1985) e per il musical con il remake di Singin’in the Rain (Broadway, 1985). Scrive l’autobiografia Push comes to Shove (1992).

Théâtre du Soleil

Gli spettacoli del Théâtre du Soleil vengono recitati all’inizio in teatrini e in tendoni. Solo nel 1971 il gruppo trova fissa dimora alla Cartoucherie di Vincennes, una vecchia fabbrica d’armi, in uno spazio da adattare di volta in volta secondo le esigenze. Costruito su basi rigidamente cooperativistiche, d’animo profondamente libertario, il Théâtre du Soleil ha sempre dovuto battersi con le difficoltà finanziarie. Ma ha saputo attrezzare il proprio spazio, attorno al quale si sono sistemati altri importanti gruppi parigini che hanno così trasformato la Cartoucherie in un vero e proprio atelier di creazione, come un luogo realmente polivalente. Il gruppo ha infatti organizzato nell’ampio ingresso una libreria dove consultare i libri esposti che possono essere anche acquistati; un ristorante dove nell’intervallo gli stessi attori truccati e vestiti servono gustosi pasti caldi.

Accanto a questi fatti di costume il Théâtre du Soleil è diventato un punto di riferimento per un’area vastissima di teatranti europei soprattutto negli anni a cavallo fra i Settanta e gli Ottanta, grazie a uno dei cardini del suo lavoro: la creazione collettiva che nasce dall’improvvisazione e che conduce prima all’incontro con il personaggio e alla costruzione di un testo che si costruisce con un’elaborazione comune nella quale gli attori e la regista danno un personale, fortissimo contributo. Questo slancio è rimasto anche dopo ma si è come ridimensionato e si è trasformato in pratica teatrale interpretativa grazie ai numerosi seminari che gli attori e la regista tengono in ogni parte del mondo.

trapezio

Il trapezio è una disciplina aerea del circo e del varietà nella quale si fa uso di un attrezzo formato da una corta asta legata alle estremità a due funi appese al soffitto. Si divide prevalentemente in due generi: il trapezio solo e il trapezio volante. In quest’ultimo vi è una lunga struttura aerea sulla quale sono posizionate una piattaforma (‘panchina’) dove sostano gli ‘agili’, un trapezio utilizzato dagli stessi ed un altro riservato al ‘catcher’ (o ‘porteur’) per agganciarsi con le gambe a testa in giù, pronto ad afferrare i compagni dopo che hanno eseguito salti mortali di vario genere. Tale struttura fu ideata, in embrione, dal celebre Jules Leotard alla metà del secolo scorso e perfezionata dai Rizelli.

Nel Novecento la formazione è di solito di tre-cinque artisti di entrambi i sessi, con catcher maschile. Le prime troupe ad acquistare una certa notorietà sono francesi (Rainat, Barret-Zemganno) ma è negli anni ’20 con i messicani Codona che la disciplina acquista una notorietà internazionale e vivissima. Alfredo è un agile di estrema eleganza ed il primo ad eseguire il leggendario triplo salto mortale con regolarità. La sua fine tragica finisce per stagliarne maggiormente la figura. La disciplina riscuote un enorme successo, gli artisti che la esercitano vengono chiamati `uomini volanti’ e diventano fra le principali figure circensi dell’immaginario collettivo.

Negli anni ’30 emergono gli italiani Amadori (con Genesio primo europeo ad eseguire il triplo) e gli americani Arthur e Antoinette Concello, primi marito e moglie ad eseguire entrambi il triplo. Per vent’anni la disciplina va in letargo per risvegliarsi solo negli anni ’50, proprio in Italia, dove i Togni lanciano gli Jarz, eccelsi trapezisti, che per due decadi, con varie formazioni, si esibiscono in tutta Europa, presentando le stelle Enzo Cardona e Ketty Jarz, che negli anni ’70 è la prima donna italiana, ed una delle poche al mondo, ad eseguire il triplo. Negli anni ’60 si mette in luce anche l’americano Tony Steele, capace di eseguire un triplo salto mortale e mezzo con presa alle gambe. Lo stesso esercizio riesce nel 1975 al Festival di Montecarlo a Don Martinez (per lunghi anni in Italia con Enis Togni).

Negli anni ’70 emergono, ma per breve periodo, gli artisti provenienti dalla scuola sudafricana di Keith Anderson, la Hi-Fly Training School. Ma in quegli anni tornano soprattutto alla ribalta i sudamericani, con l’elegante Tito Gaona autore di un triplo impeccabile e dotato di un fascino eccezionale, Clown d’oro a Montecarlo nel 1978. Anno epocale è il 1982, quando un giovane messicano di diciotto anni, Miguel Vasquez, viene afferrato dal fratello Juan al termine di un incredibile quadruplo salto mortale. I Vasquez sono scritturati dai maggiori circhi del mondo e, nel 1990, vincono il Clown d’oro al festival di Montecarlo. Fino a questo punto la storia del trapezio è la storia della ricerca dell’exploit, del record inseguito ad ogni costo, ma la messa in scena del numero cambia assai poco, la differenza è fatta piuttosto dal carisma dei singoli e ciò che distingue una scuola dall’altra è soprattutto la scelta di musiche e costumi.

Alcune novità arrivano negli anni ’80, con l’avvento delle troupe nordcoreane che fanno incetta di Clown d’Oro e d’Argento al festival di Montecarlo con formazioni allargate ad otto-nove componenti che volano da una parte all’altra del circo grazie ad una rinnovata composizione architettonica dell’attrezzo, con due o più catcher sistemati a altezze e posizioni diverse e più trapezi oscillanti utilizzati dai brevilinei artisti orientali. Ma anche gli artisti coreani rispettano la tradizionale presentazione del numero: ingresso in pista, ascensione ai trapezio, esecuzione degli esercizi (con più o meno eleganza) e discesa in rete. La vera rivoluzione estetica è ancora una volta russa, con il numero dei Cranes (le Cicogne), definito una vera e propria `opera d’arte circense’. Creato da Piotr Maestrenko con la collaborazione del capo troupe Willi Golovko ed il regista russo Valentin Gneushev, il numero prende ispirazione da una canzone del dopoguerra ed è in realtà una pantomima aerea con un delirio di corpi volanti, un disegno di luci coinvolgente ed una scelta di musiche classiche da brivido.

Il numero riceve un incredibile successo di critica in tutto il mondo, oltre al Clown d’oro al festival di Montecarlo del 1995. Nascono molti numeri aerei simili, come i Borzovi, dello stesso Maestrenko (in realtà una combinazione fra trapezio ed altre discipline) e le sbarre aeree dei Privalovi, di Valentin Gneushev. Ma nonostante il grande successo dei Cranes, a tenere banco nella maggior parte dei circhi del mondo continuano ad essere in prevalenza le troupe sudamericane di tradizione (come i Navas o i Jimenez). Nel 1995, dopo oltre vent’anni un giovane artista italiano – Ruby Merzari, allievo dell’Accademia del Circo – riesce ad eseguire il triplo salto mortale. Per quel che riguarda il trapezio solo, sembra che derivi da un attrezzo per la ginnastica nato quasi simultaneamente in Francia ed in America nel XVIII secolo. Nel Novecento gli esercizi svolti a questo attrezzo sono di vario genere. Quelli più diffusi sono spericolate ed allo stesso tempo eleganti evoluzioni sul trapezio oscillante. Assieme alla cavallerizza, ed alla funambola, la trapezista è la figura femminile più tipica della Belle Epoque. Ma paradossalmente, o proprio per questo, il primo grande nome è quello di un raffinato travestito, Barbette, che ottiene grande successo negli anni ’20.

In seguito vi è una dicotomia fra numeri del rischio, generalmente interpretati da uomini e numeri di eleganza portati al successo da donne. Nel primo genere in ordine cronologico i nomi di maggior prestigio sono quelli di Albert Powell (anni ’30), Gerard Soules (anni ’50 e ’60) ed Elvin Bale (anni ’70 e ’80), fra gli italiani da segnalare Peter Rodriguez (anni ’80). Per quel che riguarda il gentil sesso si distinguono la Caryatis e Pinito del Oro, mentre negli anni ’90 emergono le artiste provenienti da tre scuole distinte ma con caratteristiche comuni, quella francese, quella russa e quella canadese. Tutte e tre danno molta importanza alla messa in scena e propongono un numero davvero considerevole di artiste fra le quali la francese Aurelia, la russa Elena Panova, e le gemelle canadesi Sarah e Karyne Steben del Cirque du Soleil. Nell’ambito del trapezio `a coppia’ da segnalare il numero `Mouvance’, di Helene Turcotte e Luc Martin, un tango aereo che sul finire degli anni ’80, porta alla disciplina una ventata di ritrovata sensibilità.

Altra specialità è quella del trapezio ‘washington’ sulla cui sottile asta gli artisti eseguono equilibri sulla testa e di altri tipi. In questo particolare genere si distinguono artisti italiani come i Larible e i Merzari. Ma anche altre discipline aeree, molto simili al trapezio, conoscono momenti di un certo splendore. La corda verticale, a volte combinata con gli anelli, vede brillare la stella di Lilian Leitzel. Negli anni ’70 è l’italiana Gabriella Fernanda Perris la regina della disciplina, che passa poi lo scettro all’americana Dolly Jacobs, Clown d’Argento a Montecarlo nel 1988.

Tokyo Ballet

La compagnia Tokyo Ballet (già Cajkovskij Memorial Ballet) nasce dalla prima scuola di danza accademica, il Tokyo Ballet Gakko, fondata nel 1960 da Koichi Hayashi. Nel 1964 scuola e compagnia vengono riorganizzate da Tadatsugu Sasaki, che insiste su insegnanti e metodi didattici russi ma apre anche al contemporaneo, imprimendo alla formazione un taglio internazionale. All’inizio del nuovo corso troviamo ancora Il lago dei cigni e la Giselle allestita nel 1966 da Ol’ga Tarasova, del Bol’šoj di Mosca. Due anni più tardi Maja Plissetskaja e Nikolaj Fadeecev appaiono come guest , inaugurando la stagione, mai chiusa, dell’ospitalità ai grandi ballerini occidentali: da Natalia Bessmertnova a Michail Lavrovskij, e da Alicia Alonso a Margot Fonteyn a Ghislaine Thesmar. Lo scambio oriente-occidente favorisce la maturazione artistica della compagnia. Nel 1969 il coreografo Michel Descombey crea Mandala (musica di Toshiro Mayuzumi) e Saracenia (musica di Bartók).

Nel 1972 il cubano Alberto Alonso riprende la sua Carmen , che fa serata in abbinamento con Salomè di Béjart. Subito dopo a Tokyo e Osaka viene varato un Festival internazionale del balletto. E la preistoria diventa storia. Nel repertorio del Tokyo Ballet entrano creazioni di Attilio Labis, Harald Lander, Félix Blaska, George Balanchine. Nel 1978, anno del quindicesimo compleanno della compagnia, Aleksej Varlamov trasforma in balletto (Princess Kaguya) un’antica leggenda nipponica. Le celebrazioni del ventennale corteggiano Maurice Béjart, che rimane abbagliato e definisce ‘insuperabili’ i ragazzi di Sasaki: nascono The Kabuki (1986), Bugaku (1988), M-Mishima (1993), mentre John Neumeier dedica ai giapponesi Seven Haiku of the Moon , i `sette haiku della luna’ che esaltano l’aforisma poetico dell’haiku. Crollati molti miti e sbiadita la fama dei paludati complessi statunitensi, il Tokyo Ballet si propone oggi come una delle più stimolanti realtà del panorama coreutico mondiale. Imbattibili e infaticabili emulatori, i danzatori giapponesi sono riusciti ad appropriarsi di una tecnica che la cultura europea e segnatamente franco-italiana aveva codificato a proprio uso e consumo; cioè per altre gambe, altre braccia, altra capacità introspettiva. Sono riusciti a vincere ogni ostacolo, anche fisiologico, per farsi depositari di una perfetta `danse d’école’ declinata in senso virtuosistico. Il fatto ha meritato ai singoli premi e riconoscimenti ambiti, come il Prix de Lausanne.

Tuttavia, quando ci siamo trovati davanti a quei ballerini alle prese con tutù di mussola e coroncine fiorite ci siamo domandati perché. Perché essere costretti a nascondere lo splendore degli occhi a mandorla e l’impatto delle linee concentrate e aguzze. Se infatti quelli del Tokyo Ballet hanno saputo sfidare ogni logica per impadronirsi della tecnica accademica, essi non hanno potuto, e non potranno mai, coglierne anche la poetica che la motiva e l’estetica che la regge. Così, ancora una volta, c’è voluto Béjart. Che ha abbracciato Tokyo, il Tokyo, le fedi, le filosofie, le culture. Ha colto i dualismi che lacerano le coscienze: l’anima poetica e l’anima guerriera, l’anima nostalgica e quella americanizzata; il sogno e la ferocia, la spiritualità estatica e la fisicità dirompente. Ai nuovi compagni di viaggio Maurice ha consegnato la violenza della ‘Russia pagana’ del Sacre, le principesse di Kurosawa e le cortigiane di Utamaro. La riconosciuta connotazione lessicale del Tokyo Ballet è oggi il classico-moderno.

Tippet

Formato presso la School of American Ballet, è entrato poi nell’American Ballet Theatre (1972), diventando solista (1975) e primo ballerino (1976). Ha danzato ruoli da protagonista in Push Comes to Shove e Bach Partita di Twyla Tharp. Ha interpretato il film Due vite una svolta (1977). Fra i suoi lavori come autore: Enough Said , S.P.E.B.S.Q.S.A. , Bruch Violin Concerto n. 1 , Rigaudon , Some Assembly Required . Il balletto americano con lui ha prematuramente perduto un danzatore di linea elegante e vivace e un coreografo di promettente talento.

Tanguy

François Tanguy fonda, nel 1979, la compagnia del Théâtre du Radeau a Le Mans. Dopo aver rappresentato Molière e Shakespeare, si dedica alle creazione di opere, tra le quali si ricordano L’Eden et ses cendres, Le Retable de Séraphin e, nel 1986, Mystère Bouffe, che sarà dapprima ripreso a Parigi, al Théâtre de Bastille, e poi portato in tutta la Francia e all’estero. Dal 1987 comincia una ricerca sul linguaggio che tende a restituire al teatro la sua oracolare poeticità e a recuperarne le origini mitiche. Vanno in questa direzione gli spettacoli Jeu de Faust (Atelier lyrique du Rhin, 1987), Woyzeck-Büchner-Fragments forains (1989) e Chant du bouc (1991), ispirato all’ Agamennone di Eschilo, ma costellato da frammenti di autori tedeschi, francesi e, soprattutto, da lunghe pause di assoluto silenzio. Nel 1994, schierandosi per la cessazione delle ostilità nella ex Jugoslavia, presenta Choral, in cui la scena buia, popolata di figure femminili avvolte in tuniche bianche e di uomini alati, è tesa a restituire l’angoscia di una situazione claustrofobica in cui si muovono esseri umani che non sono più che ombre.

Tanztheater Skoronel

La Tanztheater Skoronel nasce nel 1984, sotto la supervisione artistica di Judith Kuckart, che scrive i testi, curandone le coreografie e la messa in scena. Il gruppo trae il proprio nome da quello di una ballerina svizzera degli anni venti, Vera Skoronel. Nei suoi spettacoli, il gruppo cerca di stabilire connessioni fra la danza e la letteratura, fondendo nello spazio della scena diversi linguaggi artistici, poetico, sonoro, dei corpi. Per questa ragione la compagnia si compone di danzatori e danzatrici, di una drammaturga e di una musicista. Fra i lavori del gruppo Cassandra: storia di una piccola guerra (Kassandra: Geschichte eines kleine Krieges, 1984), Ofelia può essere (Ophelia kann sein, 1986), costruito intorno al mito del personaggio di Shakespeare e Esperanza Hotel (1987), che racconta gli ultimi giorni di vita di Unica Zürn, poetessa e pittrice tedesca, suicidatasi nel 1955 gettandosi dalla finestra dell’Hotel Esperanza di Parigi.

Tairov

Aleksandr Jakovlevic Tairov lavora prima come attore dal 1905 al ’13, anche sotto la direzione di Mejerchol’d (è il mendicante in Suor Beatrice di Maeterlinck e la maschera azzurra in La baracca dei saltimbanchi di Blok, entrambi del 1906), poi nel 1913 viene chiamato dal regista Marzanov al Teatro Libero, dove dirige la pantomima Il velo di Pierette di Schnitzler e il montaggio La blusa gialla. Nel 1914 con Alisa Koonen (che diventerà la maggior interprete delle sue regie e sua moglie) e un gruppo di giovani attori fonda il Teatro da Camera, inaugurato con Sakuntala del poeta indiano Kalidasa. Dopo alcuni spettacoli molto vicini al teatro `convenzionale’ mejercholdiano (Il matrimonio di Figaro di Beaumarchais, ripresa di Il velo di Pierette di Schnitzler), trova uno stile personalissimo con la tragedia lirica Tamiri il Citaredo di I. Annenskij, dove per la prima volta collabora con la scenografa cubista A. Ekster.

Negli anni prerivoluzionari il Teatro da Camera diventa una sorta di crogiuolo della pittura d’avanguardia: Larionov e la Goncarova firmano la scenografia di Il ventaglio di Goldoni (1915), Lentulov quella di Le allegre comari di Windsor (1916), la Ekster quella di Salomè di Wilde (1917), Jakulov quella di Lo scambio di Claudel. Con particolare attenzione T. segue la preparazione dei suoi attori, a cui chiede da un lato una gestualità ieratica per le tragedie, dall’altro una acrobatica, sciolta plasticità per le pantomime e le commedie musicali. Il repertorio del suo teatro, infatti, negli anni immediatamente post-rivoluzionari, segue essenzialmente due linee: l’arlecchinata (riviste, operette, capricci) e la tragedia, sia classica sia contemporanea. Esempi della prima linea: Re Arlecchino di R. Lothar (1917), Principessa Brambilla su temi di Hoffmann (1920), Giroflé-Girofla di Lecocq (1922), L’opera da tre soldi di Brecht-Weill (1930), spettacoli costruiti con un ritmo perfetto, pieni di vita, di eccentriche invenzioni, di trovate sgargianti.

Alla seconda linea appartengono la già citata Salomè di Wilde (1917), Adriana Lecouvreur di Scribe (1919), L’annuncio a Maria di Claudel (1920), Romeo e Giulietta di Shakespeare (1921), dove T. fa un uso elettrizzante della scena a piattaforme della Ekster, Fedra di Racine (1922), L’uragano di Ostrovskij (1924), Santa Giovanna di Shaw (1924), la trilogia di O’Neill (La scimmia villosa, Desiderio sotto gli olmi, Tutti i figli di Dio hanno le ali, 1929). Accusato d’indifferenza politica, costretto da pressioni da parte dei burocrati di partito, si rivolge tardi al repertorio sovietico, inizialmente senza trovare il tono giusto per le regie: Natal’ja Tarpova di S. Semenov (1929), La sonata patetica di N. Kulis, Soldati ignoti di N. Pervomajskij (1932). Finalmente con Una tragedia ottimistica di V. Visnevskij (1933, stupenda scena elicoidale di Ryndin) ottiene un incondizionato successo, trasmettendo un autentico pathos rivoluzionario all’intera compagnia.

Dopo il 1934, con il peggiorare delle condizioni politiche e il rafforzarsi dello stalinismo, la situazione di Tairov si fa sempre più difficile: dopo qualche spettacolo duramente attaccato dalla critica militante, è costretto a ripiegare su modesti testi propagandistici o su grigie riduzioni di classici (Madame Bovary da Flaubert, 1940). Dopo la guerra il suo teatro sopravvive con la messinscena di Il gabbiano di Cechov (1944) e di Il vecchio di Gor’kij (1946), prima di chiudersi un anno prima della morte del suo regista. Particolare interesse suscita ancora oggi Appunti di un regista (1921), dove T. esprime il suo credo sul teatro e sull’arte dell’attore: un testo che ha esercitato un notevole influsso sul pensiero teatrale delle avanguardie europee.

Trailine

Fratello della ballerina Hélène, ha studiato a Parigi con Sedova, Clustine, e Volinine. Nel 1941 ha debuttato nel Ballet de Cannes per poi passare, nel 1943, al Nouveau Ballet de Monte-Carlo, apprezzato interprete di ruoli creati da Lifar (Chota Roustaveli e altri). Successivamente ha svolto carriera da freelance, sovente in coppia con étoile della grandezza della Chauviré e della Toumanova. È stato interprete di gran spicco di balletti di A. Milloss e ha brillato in divertissements di opere liriche. Alla morte di Volinine (1955) ne ha rilevato la scuola insegnandovi fino al 1970, dopodiché si è dato all’impresariato. Ha insegnato anche all’Accademia nazionale di danza a Roma.

Terry

Secondogenita di Benjamin Terry capostipite di una famiglia dedita al teatro, Ellen Alicia Terry interpreta la sua prima parte in Mamilius per Charles Kean nel 1856, mentre dal 1859 al 1861 è in tourneé insieme alla sorella Kate. Nel 1864 sposa Frederick Watts, siglando un’unione che avrà poca fortuna e a cui seguiranno altri due matrimoni. Una relazione più profonda e intensa è quella che la unisce all’architetto E.W. Godwin, che le darà due figli, particolarmente noti nel mondo teatrale, Edith Craig e Gordon Craig. Attrice tragica e comica si distingue molto presto per la spontaneità nella recitazione in versi dei testi shakespeariani. Nel 1878 dopo averne apprezzato l’interpretazione in Olivia di W.G. Willis, Irving la invita a far parte della sua compagnia al Lyceum dove resterà per venticinque anni affermandosi come miglior attrice. Restano storiche le sue interpretazioni shakespeariane: Ofelia (1878), Porzia (1879), Desdemona (1881), Giulietta e Beatrice (1882), e ancora Cordelia (1892) e Volumnia (1901). Nel 1903, divenuta impresaria presso l’Imperial Theatre cura la messa in scena de I Vichinghi di Ibsen, con l’aiuto del figlio Gordon Craig per la parte scenografica. Nel 1908 pubblica la sua autobiografia La storia della mia vita (The story of my life) e si ritira a vita privata, dedicandosi dal 1910 al 1920, alla preparazione di lezioni sulle eroine shakespeariane e prestando il suo talento per alcuni film muti.

Teatri Uniti

Agli esordi Teatri Uniti, prima di diventare celebre come Falso Movimento, il gruppo guidato da Mario Martone assunse, in rapidissima successione, altri due nomi. Debuttò il 13 marzo del 1977, allo Spazio Libero di Napoli, col nome `Il Battello ebbro’, ovviamente preso in prestito dal titolo della non meno celebre poesia di Rimbaud; nell’occasione presentò uno spettacolo, Faust e la quadratura del cerchio , fortemente influenzato da Presagi del vampiro dell’allora Carrozzone di Firenze. Poi, a distanza di appena nove mesi, il 5 dicembre si ripropose, sempre allo Spazio Libero, col nome `Nobili di Rosa’, da uno speciale tipo di moneta in uso presso gli alchimisti; stavolta offrì un allestimento, Avventure al di là di Tule, connotato da un’originalità assai maggiore e tale da far presagire notevoli sviluppi sul versante della sperimentazione portata avanti da quei giovanissimi. Infatti, l’anno dopo nasce Falso Movimento, frutto della collaborazione tra il gruppo di ricerca teatrale di Mario Martone (c’erano con lui Federica Della Ratta Rinaldi e Andrea Renzi) e – non a caso il nuovo nome della formazione ricalca il titolo di uno dei migliori film di Wenders – due coraggiosi operatori cinematografici, Angelo Curti e Pasquale Mari. Falso Movimento agisce, all’inizio, in spazi alternativi, come le gallerie d’arte, prima fra tutte quella di Lucio Amelio.

Ben presto diventa uno dei gruppi di punta delle correnti della sperimentazione battezzate e sostenute da Giuseppe Bartolucci, la `post-avanguardia’ prima e la `nuova spettacolarità’ dopo. La vasta notorietà e il successo, anche in campo internazionale, arriva nel 1982 con lo splendido Tango glaciale coprodotto con il Mickery Theatre di Amsterdam. Seguono, fra gli altri, Il desiderio preso per la coda da Picasso (1985), Coltelli nel cuore da Brecht (1985) e Ritorno ad Alphaville da Godard (1986). Nello stesso anno un ulteriore salto di qualità: dalla fusione di Falso Movimento con il Teatro dei Mutamenti guidato da Antonio Neiwiller e il Teatro Studio di Caserta capeggiato da Toni Servillo nasce Teatri Uniti, una formazione che si pone subito come cerniera fra la tradizione teatrale (anche quella più antica e illustre) e le suggestioni intellettuali della contemporaneità. Non a caso, infatti, il primo spettacolo di Teatri Uniti, E.. ., si basa su testi di Eduardo De Filippo.

Seguono a ruota, per la regia di Martone, il Filottete di Sofocle (1987) e Ultima lettera a Filottete di Ghiannis Ritsos (1987), mentre Servillo e Neiwiller proseguono l’uno con l’opera di scavo nella drammaturgia napoletana vecchia e nuova, l’altro con la riproposta di una poesia di forte impegno ideologico: il primo (dopo E …) firmerà un eccellente allestimento di Zingari di Viviani (1993) e il secondo Dritto all’inferno dedicato a Pasolini (1991). Da ricordare, fra i trentatré spettacoli prodotti o coprodotti sino ad oggi da Teatri Uniti, anche Ha da passa’ `a nuttata da Eduardo De Filippo (regia di Leo de Berardinis, 1989), L’uomo dal fiore in bocca di Pirandello (regia di Servillo, 1990), Rasoi da Enzo Moscato (regia di Martone e Servillo, 1991) e Il misantropo di Molière (regia di Servillo, 1995).

Travers

Le opere di Ben Travers rientrano nel genere della ‘Aldwych Farce’, un tipo di commedia vivace con meccanismi comici di sicuro effetto, così chiamata dal nome dell’Aldwych Theatre, gestito da Ralph Lynn e Tom Walls, dove questo genere ha dominato tra il 1925 e il ’33. Tra le più interessanti, Il cucù nel nido (A Cuckoo in the Nest, 1925), Rookery Nook (1926), Thark (1927), Saccheggio (Plunder, 1928, riproposto nel 1976 dal National Theatre) e Un po’ di test (A Bit of the Test, 1933). La sua ultima opera, Il letto prima di ieri (The Bed before Yesterday, 1975), ha avuto successo nel West End, confermando la sua abilità di costruttore di meccanismi comici. Interessante è la sua autobiografia, ironicamente intitolata La valle del ridere (Vale of Laughter, 1957), dove espone la sua teoria sullo spettatore e i procedimenti tecnici per provocare la sua ilarità.

Togni

Figlio di Enis T., è considerato uno dei maggiori addestratori contemporanei di elefanti e cavalli, e si è esibito in quasi tutti i paesi europei nelle tournée del proprio Circo Americano oltre che negli Usa, con la tournée 1991-92 del Ringling Bros. and Barnum & Bailey che ha visto l’artista italiano, come vedette del programma esibirsi al Madison Square Garden. T., che è riuscito a presentare fino a venticinque elefanti, ha ricevuto innumerevoli onoreficenze ed è l’unico artista al mondo ad aver ricevuto tre volte (1976, 1983, 1998) il Clown d’Argento al Festival di Monte Carlo.

Théâtre National Populaire

Théâtre National Populaire è un’istituzione teatrale francese che nasce nel 1920, al Palais du Trocadero di Parigi, per volontà di Firmin Gémier (direttore fino al 1933). Ma il Théâtre National Populaire svolge il suo ruolo storico nella vita scenica francese e ottiene il pieno successo soltanto a partire dal 1951, anno in cui Jean Vilar ne assume la direzione (su proposta di Jeanne Laurent, responsabile del settore dei teatri nazionali e favorevole alla politica della decentralizzazione della vita teatrale francese).

Con Jean Vilar, le barriere fra teatro engagé e teatro borghese cadono, insieme al sipario e a tutti quegli elementi parateatrali (per esempio, il guardaroba a pagamento) che avevano sacralizzato il luogo della rappresentazione scenica allontanandolo dal pubblico. Il tempio si trasforma in casa, dove ci si riunisce per far festa, per incontrarsi, per ballare. Il Palais de Chaillot, la nuova sede, diventa un’alternativa alla Comédie-Française: qui Gérard Philipe e Maria Casarés recitano un nuovo repertorio classico (del 1951 è il trionfo di Madre coraggio e del Cid ; del 1955 La città di Claudel ), amatissimo da un pubblico non soltanto parigino (attraverso l’istituzione dell’associazione degli Amis du Théâtre National Populaire sono chiamati in alcuni teatri municipali della provincia francese i migliori spettacoli).

Il Théâtre National Populaire assume inoltre l’organizzazione del festival estivo di Avignone (cui Vilar si dedica a tempo pieno a partire dal 1963, cedendo la direzione del teatro a George Wilson che segue sostanzialmente le sue tracce). Nel 1972, in seguito alla decentralizzazione, il Théâtre National Populaire si trasferisce a Villeurbanne. Planchon e Chéreau (sostituito più tardi da Lavaudant) ne assumono la direzione. Nel repertorio, oltre a testi di Planchon stesso (che sarà a capo del Théâtre National Populaire fino al 1996) vengono rivisitati numerosi classici, sempre in chiave politica e didattica. Nel 1959, in ambito italiano, viene riproposto il modello del teatro itinerante: Gassman crea il Teatro Popolare Italiano, che porta alla creazione dell’ Orestiade di Eschilo per l’adattamento di Pasolini e di spettacoli tratti da Ennio Flaiano, Alfieri e Manzoni.

 

 

 

 

 

Tommei

Abbandonati gli studi universitari a Pavia, nel 1932 Fausto Tommei esordisce a teatro nella compagnia Sainati per passare subito dopo al Salone Margherita di Roma nel gruppo Baracca e Burattini. Nel 1937 comincia a lavorare alla radio sfruttando, sia come attore (ideò molti sketch e macchiette di successo) sia come presentatore, la grande duttilità della sua voce. In seguito, torna a teatro nel Poeta fanatico di Goldoni, presentato al festival di Venezia del 1941, con la regia di O. Costa. Durante la guerra lavora con Gandusio e la Galli e, terminato il conflitto, si dedica in gran parte alla rivista, partecipando a numerosissimi spettacoli: E dess se femm? Sifoolom (1945), L’uomo di Imelda (1949) e Quattro passi in galleria (1953). Dalla stagione 1954-55, grazie soprattutto al successo ottenuto in Siamo tutti milanesi di A. Fraccaroli (1952), torna alla prosa, recitando da protagonista in L’amico di tutti di Bertolazzi (1955), al Teatro Sant’Erasmo di Milano e Georges Dandin di Molière (1957) al teatro di Villa Olmo di Como. In seguito, assume la direzione artistica del Teatro delle Maschere di Milano (1957-58), dove allestisce e interpreta una quarantina di testi di autori italiani quali Montanelli, Bacchelli e Beonio Brocchieri.

Terzieff

Laurent Terzieff esordisce nel 1953 in Tous contre tous di Adamov, sotto la guida di Serreau. Interpreta testi di Ibsen, Brecht, García Lorca, Ionesco, Claudel ( Tête d’or con la regia di Barrault, 1968), Arden. Nel 1963 realizza il suo primo spettacolo da regista, Il pensiero di Andreev; è lui a portare in Francia i testi di Schisgal – Le tigre e Le dactylos (1963, ripresi nel 1996), Fragments (1978) – e di Albee. Tra gli spettacoli di cui è stato regista e interprete ricordiamo: Pic du bosse (1979) e L’ambassade (1982) di Mrozek, Guerison americaine di Saunders (1985), Ce que voit Fox di Saunders (1988, per cui ha ricevuto il Molière per la regia), Enrico IV di Pirandello (1989), Assassinio nella cattedrale di T.S. Eliot (1995), Il berretto a sonagli di Pirandello (1997).

Tortora

Prima di diventare un funzionario della Rai (1952), un popolarissimo conduttore e una sfortunata vittima dell’ingiustizia, Vincenzo Tortora aveva preso parte agli spettacoli della rivista goliardica Baistrocchi della sua città. Fin da ragazzo era garbato, ma di spirito, e nella scanzonata compagnia (dove avevano mosso i primi passi ragazzotti di belle speranze e di grande futuro coome Paolo Villaggio) si esibiva anche `en travestì’.

Terry

Megan Terry fece le sue prime esperienze, anche come attrice e regista, nella natia Seattle e, trasferitasi a New York, lavorò dal 1963 al 1968 con l’Open Theatre. Fu lì che s’affermò anche a livello internazionale con Viet Rock (1966), primo esempio di musical rock e primo spettacolo di protesta contro la guerra nel Vietnam. Fra gli altri suoi testi, una cinquantina in tutto, si ricordano Tenetelo ben chiuso in un luogo fresco e asciutto (Keep Tightly Closed in a Cool Dry Place, 1965) e Simone (1970), sulla vita di S. Weil. Nel 1974 divenne l’autrice stabile del Magic Theatre di Omaha.

Tagore

Nel 1913 a Rabindranath Tagore fu attribuito il premio Nobel per la letteratura. Fondamentale il suo apporto al teatro indiano moderno. Fu anche attore e musicista e si occupò di tutte le forme di spettacolo, dalla canzone alla danza, dalla commedia brillante alla tragedia. Le sue opere spaziano fra i generi e gli stili: dal realismo di Sanyasi (1939), in cui il serrato impegno civile del poeta è volto a diffondere il suo ideale umanitario e a combattere la divisione in caste e le superstizioni della società indiana, fino ai drammi allegorico-mistici di ardua interpretazione, da Dak-ghar (1913), considerata una delle sue opere più riuscite, al più classico dramma di sapore shakespeariano Chitrangada (1891). Tra le altre opere citiamo anche Rakta-karabi (1924) e Syama (1939), suo ultimo lavoro. Personalità ricchissima, Tagore si impegnò per fondere nel suo teatro poesia e passione spirituale, congiunte ad una forte aspirazione di libertà e giustizia sociale.

Tanzi

Studiando alla Scuola del Piccolo Teatro, conosce il marito G. Pambieri, con il quale formerà una compagnia – che dai primi anni ’90 include anche la figlia Micol – specializzata in drammi shakespeariani: La bisbetica domata , Molto rumore per nulla , Il mercante di Venezia . Ha recitato di recente Pirandello in L’uomo, la bestia e la virtù , con la regia di S. Piccardi. Da sola, la T. recita tra l’altro in Gente di facili costumi di e con N. Manfredi.

Troisi

Durante gli studi da geometra ancora quindicenne Massimo Troisi fa le prime esperienze teatrali nel suo paese. Nel 1969 fonda, insieme agli amici Lello Arena e Enzo Decaro, il gruppo teatrale I Saraceni che in seguito diverrà La Smorfia. Notati a Roma da Enzo Trapani nel piccolo locale di cabaret La Chanson, il trio nel 1976 si distingue all’interno della trasmissione televisiva Non Stop dello stesso Trapani, riscuotendo un grandissimo successo. A questa trasmissione segue Luna Park (1979), altro contenitore televisivo dedicato ai nuovi comici italiani e alcune fortunate tournée in tutta Italia.

Nel 1981 dopo lo scioglimento del gruppo La Smorfia Trosi esordisce alla regia con Ricomincio da tre, film campione d’incassi che lo rivela come autore (è sua la sceneggiatura) ironico e intelligente, oltre che per la sua irresistibile comicità. Dopo aver partecipato in veste solo di attore a No grazie, il caffé mi rende nervoso (1982) di Ludovico Gasparini, nel 1982 esce il suo secondo film Scusate il ritardo , decisamente meno riuscito della prima opera. È nel 1984 che, insieme a Roberto Benigni, firma la regia e interpreta Non ci resta che piangere che se ha il merito di unire felicemente due comici per molti versi opposti, non mantiene ciò che prometteva.

Troisi reciterà in seguito in Hotel Colonial (1985) di Cinzia Torrini, film giustamente dimenticato, e torna alla regia con Le vie del Signore sono finite (1987), in cui inserisce in una cornice storica evanescente una storia esile e a lui poco consona. Tra il 1989 e il ’90 lavora in tre film di Ettore Scola: Splendor, Che ora è?, e Il viaggio di Capitan Fracassa di cui i primi due in coppia con Marcello Mastroianni. Con la sua quinta regia Pensavo fosse amore…invece era un calesse (1991), Troisi costruisce una storia delicata e divertente, trovando una vena comica convincente e uno stile di regia più che accettabile. Il suo ultimo film sarà un progetto a lui molto caro: la trasposizione cinematografica del romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skarmeta, girato dall’inglese Michael Radford. Il 4 giugno 1994, subito dopo la fine delle riprese, Troisi muore.

Terayama

Ancora giovanissimo Shuji Terayama si fa conoscere per i suoi poemi `tanka’ (componimenti di stile classico composti da trentuno sillabe). Mentre studia all’università di Waseda scrive dei radiodrammi e delle sceneggiature cinematografiche, le due attività che seguirà maggiormente fino alla sua prematura scomparsa. Terayama è stato uno dei maggiori promotori del teatro di strada in Giappone. Nel 1967, diviene il leader di quell’onda di giovani intellettuali giapponesi che chiedevano a gran voce un abbandono dell’accademismo, a vantaggio di un teatro che incontrasse il pubblico, facendolo divenire parte delle rappresentazioni. Insieme a Yokoo Tadanori e Higashi Yutaka fonda il laboratorio sperimentale Tenjô-Sajiki e in seguito lavora con il Jôkiô-gekijô. Tra i suoi lavori ricordiamo: Gli eretici (Jashumon, 1971), spettacolo presentato nel 1973 al festival di Nancy che fece conoscere T. al pubblico europeo, Una nota di un cieco (Mojin Shokan, 1973), Cloud Cuckooland, a Visit (1978). Ha girato tre film, tra i quali Buttate via i libri: uscite nelle strade (1968), e quindici cortometraggi. Il suo ultimo spettacolo è stato Cent’anni di solitudine (1982) tratto da García Marquez, allestito a Tokyo.

Touron

Patrice Touron ha studiato presso il Conservatorio di Bordeaux e poi con R. Hightower a Cannes. Dotato di grande fascino e forte personalità, nel 1972 venne scritturato nel Ballet du XXème siècle. Qui è stato primo ballerino e interprete di gran rilievo di molti lavori di Béjart. In particolare ha brillato ne I Trionfi, Notre Faust, Héliogabale, Le Molière imaginaire e nell’assolo Clair de lune. In Dyonisos (1988) ha interpretato il doppio ruolo di Wagner e dell’attore. Successivamente ha avuto esperienze diverse in altre compagnie, anche quale comédien.

Thimig

Formatasi alla scuola del padre, l’intendente, regista e attore teatrale Hugo e di H. Bleibtreu, Helene Thimig diviene una delle attrici più importanti del teatro di lingua tedesca. Dal 1917 al 1933 lavora a Berlino al Deutsches Theater con Max Reinhardt, che più tardi sposa. Tra i ruoli più celebri vanno ricordati: Ofelia nell’ Amleto (1919), Margherita nell’ Urfaust e protagonista in Stella di Goethe (1920). Nel 1933 torna a recitare a Vienna. Nel 1937 emigra negli Usa, dove Reinhardt muore nel 1943; dirige anche una scuola di recitazione a Hollywood. Nel 1946 torna in Austria dove, per i Festspiele di Salisburgo, mette in scena e interpreta Ognuno di Hofmannsthal. Poi, sino alla sua morte, fa parte della compagnia del Burgtheater di Vienna. Vi interpreta il ruolo di Christine ne Il lutto si addice ad Elettra di O’Neill nel 1946, della madre in Nozze di sangue di García Lorca nel 1951, della signora Alving in Spettri di Ibsen nel 1955. Dal 1948 al 1959 ha diretto il Max Reinhardt-Seminar e insegnato recitazione e regia all’accademia di Vienna, insignita di diverse onorificenze.

Troise

Diplomata in scultura all’Accademia di belle arti di Napoli e insegnante di discipline pittoriche, si dedica alla danza moderna con l’espressionista Greta Bittner. Fondato nel 1984 il C.A.I.V. Danza, con la successiva Compagnia Ottantasei avvia una ricerca teatrale e coreografica influenzata dalle arti visive e ispirata dalle suggestioni della rimembranza in molti lavori tra i quali Io non sono americana? (1984), Occhio di Sale (1986), Violet (1987), Fragili Film (1988), Odiosamala D (1994). Per il Progetto neoclassico del Ponchielli di Cremona crea nel 1991 En forme de poire ispirato all’estetica di Bronislava Nijinska.

Trambusti

Conosciuto al grande pubblico nel ruolo di Marcello Morfina in Celito lindo, Daniele Trambusti nasce come attore-autore accanto a Paolo Hendel con lo spettacolo Non più pinguini. Lavora per qualche stagione con i Giancattivi e nel 1985 è unico attore in Ti amo da morire , un testo scritto da Carlo Isola e diretto da Angelo Savelli. La sua carriera si snoda attraverso il teatro (tra le altre esperienze scrive a quattro mani con David Riondino e interpreta Il castello dei crepazi nel 1986-87 e L’epopea del west nel 1989-90, e nel 1993 firma la regia di Piermarmo ), il cinema ( La notte di San Lorenzo , Era una notte buia e tempestosa e nel 1998 per la regia di A. Benvenuti, I miei più cari amici ), oltre a varie apparizioni in televisione.

Tadini

Emilio Tadini attualmente dirige l’Accademia di Brera. Per il teatro ha scritto il dramma La tempesta (messo in scena nel 1995), tratto dall’omonimo suo romanzo per la regia di Andrée Ruth Shammah. Il folle Prospero si barrica nella sua palazzina per opporsi allo sfratto, aiutato da un immigrato e assediato da un commissario. Un giornalista, che funge da narratore dell’intera vicenda, riesce ad avvicinare Prospero intraprendendo così un viaggio nel suo stravagante mondo, ma non riesce a evitarne il suicidio. La deposizione (rappresentato nel 1997) mette sulla scena una donna che, accusata di omicidio, nella sala d’attesa del tribunale spiega i suoi punti di vista e le sue ragioni aspettando la sentenza finale. Tadini ha infine curato una traduzione del Re Lear di Shakespeare.

Timofeeva

Diplomatasi all’Istituto coreografico di Leningrado balla fra il 1953 e il 1955 al Teatro Kirov interpretando ruoli classici ( Schiaccianoci , Il lago dei cigni, Giselle , La bella addormentata). Dal 1956 al 1988 danza al Teatro Bol’šoj di Mosca dove è prima inteprete di Città di Notte (di Lavrovskij), Spartaco (ruolo di Egina, coreografia di Grigorovic), Macbeth (Lady Macbeth, coreografia di Vasil’ev) ed è protagonista di Il fiore di Pietra , Fiamme di Parigi , La notte di Valpurga , oltre che di molti titoli del repertorio ottocentesco. È una dei più intensi talenti tragici del teatro di danza contemporaneo russo, possiede una gestualità magniloquente, una forte elevazione, sa far scomparire la bravura tecnica dietro le esigenze drammatiche richieste dal ruolo. Dal 1989 al 1991 lavora come maître répétiteur al Bol’šoj. Dal 1991 vive in Israele.

Terni

A seguito di numerose esperienze di promozione culturale, Paolo Terni focalizza, a partire dal 1980, la propria attività nel campo della musica: prima in ambito radiofonico (molteplici trasmissioni per Radiotre di alta divulgazione: la più recente, Opera senza confini), poi in ambito teatrale specializzandosi nel campo delle relazioni tra teatro e musica. È titolare della cattedra di Storia della musica dell’Accademia nazionale d’arte drammatica, di cui è il vicedirettore; svolge corsi di drammaturgia musicale all’Università di Roma. Ha organizzato e diretto le attività di promozione culturale del Teatro dell’Opera di Roma per quattro stagioni (1984-88).

Ha realizzato le musiche di scena (curando le scelte musicali ed elaborandole) per i principali registi italiani, da Mauro Bolognini (La Certosa di Parma, 1983 ecc.) ad Aldo Trionfo (Il candelaio di G. Bruno, 1981; Ifigenia in Tauride di Goethe, 1982; Le baccanti di Euripide, 1983; Fiorenza di T. Mann, 1986; Tutto è bene quel che finisce bene di Shakespeare, 1986). Lorenzo Salveti: (Eros e Priapo di Gadda, 1980; Dialogo di N. Ginzburg, 1980; La morte di Niobe di A. Savinio, 1981; Nostra Dea di M. Bontempelli, 1981; Orgia di Pasolini, 1982; Il risveglio di primavera di Wedekind, 1984; K&aulm;chen von Heilbronn di Kleist, 1987; Ecuba di Euripide, 1998). Mario Missiroli (Amadeus di P. Shaffer, 1987, Il gabbiano di Cechov, 1991). Per Luca Ronconi ha realizzato le musiche, tra gli altri, degli spettacoli: Le due commedie in commedia di G. B. Andreini, 1984; La commedia della seduzione di A. Schnitzler, 1985; Mirra di V. Alfieri, 1988; Dialoghi delle Carmelitane di G. Bernanos, 1988; Strano interludio di O’Neill, 1989; Verso Peer Gynt di Ibsen, 1995; Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda, 1996; Il lutto si addice ad Elettra di O’Neill, 1997; I fratelli Karamazov di Dostoevskij, 1998.

Tandy

Jessica Tandy debutta sulle scene londinesi in The Manderson Girls di B.N. Graham (1927), e successivamente interpreta Rumour di C.K. Munro (1929). Negli anni ’30 divide la sua attività tra l’Inghilterra – prende parte a Amleto (1934), Re Lear , La dodicesima notte (1937) e La tempesta negli allestimenti di John Gielgud – e gli Usa, dove si trasferisce stabilmente negli anni ’40. Nel 1946 interpreta Portrait of a Madonna di T. Williams, ma il successo lo ottiene impersonando Blanche Dubois (al fianco di Marlon Brando) in Un tram chiamato desiderio ancora di Williams, nel 1947. Accanto al marito, il regista e attore Hume Cronyn, ha interpretato diversi spettacoli a Broadway: The Fourposter di J. De Hartog (1951); Madam, Will You Walk di S. Howard (1953); Triple Play , scelta di tre atti unici di T. Williams e S. O’Casey (1959); The Physicist (1964); Un equilibrio delicato di E. Albee (1966); Noël Coward in Two Keys (1974); The Gin Game (1977); Foxfire (1982). In Italia raggiunge la popolarità solo al termine della sua carriera per l’interpretazione del film A spasso con Daisy , per cui nel 1990 vince il premio Oscar.

Taranto

La carriera teatrale di Nino Taranto è divisa in due parti separate fra loro: la prima, dalla fine degli anni ’20 al primo dopoguerra, è segnata dall’invenzione di straordinarie macchiette comiche; la seconda, dal 1955 fino alla morte, coincise con la riproposizione di molti testi dal repertorio drammatico di Raffaele Viviani. Come macchiettista, Taranto fu secondo solo a Nicola Maldacea e gran parte della sua fortuna fu dovuta tanto al suo intuito artistico quanto alla genialità del duo Cioffi-Pisano (il primo musicista, il secondo poeta) che firmò tutti i suoi successi. Se Maldacea aveva un vasto repertorio di caratteri e personaggi, Taranto insisteva spesso su un solo personaggio, cornuto, un po’ scemo, sfortunato e brutto.

In scena Taranto era elegante, magrissimo e dal profilo arabo: un giorno, quando era ancora agli esordi, per accreditare la sua eccentricità si tagliuzzò la tesa della paglietta con la quale recitava e il pubblico mostrò di gradire la novità. Cioffi e Pisano, ovviamente, colsero l’occasione per scriverci una macchietta (`Ciccio Formaggio’) di immediato successo, dedicata a un certo Carlo Mazza, un tipo stolto ingannato dalla fidanzata la quale, al colmo del disamore, gli taglia i pizzi della paglietta. Ne nacquero poi altre fortunate interpretazioni teatrali (da Mazza, Pezza e Pizzo a Quagliarulo se ne va ), un film molto popolare ( Il barone Carlo Mazza) e una causa (vinta) per diffamazione intentata da certo Carlo Mazza, nobile napoletano vittima di una gravosa omonimia. Quando, dopo la guerra, la rivista mostrò la corda, T. si rilanciò prima nel cinema, recitando accanto a Totò, e poi soprattutto nel teatro di prosa, scegliendo di riportare in scena i capolavori di Viviani (ma anche il Pirandello di Pensaci, Giacomino! ), da L’ultimo scugnizzo (1956) a Guappo di cartone (1959), da La figliata (1960) a Don Giacinto (1961): ne vennero fuori bozzetti d’epoca di memorabile forza espressiva, nei quali il comico si rivelò interprete drammatico di forte personalità e capocomico particolarmente avveduto.

Tamiris

Formata al Metropolitan Opera Ballet, con Fokine e Rosina Galli, dopo tre stagioni al Metropolitan, si è dedicata alla danza moderna (1927), allestendo per i suoi recital: Walt Whitman Suite , Cycle of Unrest, Salut au monde, How long Brethren? . Fondatrice della School of American Dance a New York, dal 1945 ha operato come coreografa anche a Broadway ( It’s Up To You, Up in Central Park, Showboat, Annie Get Your Gun, Inside USA, Fanny ). Direttrice con il marito Daniel Nagrin della Tamiris-Nagrin Dance Company and Workshop, è stata una figura eminente nel panorama della modern dance americana.

Tabori

Compiuti gli studi universitari in Germania, George Tabori comincia a lavorare come traduttore e giornalista, prima di emigrare a Londra (1941) e poi negli Stati Uniti (1945). Qui , per lunghi anni, esercita una fortunata carriera di sceneggiatore cinematografico, scrivendo per Hitchcock, Losey, Young e Siegel. Scrive romanzi e racconti (The Good one, 1952; Son of a Bitch, 1981). Le sua prime commedie sono Flight to Egypt, rappresentata a Broadway da Elia Kazan, nel 1952, e The Emperor’s Clothes (1953). A causa del maccartismo, è costretto a tornare in Europa, dove inizia la sua attività di regista, mettendo in scena suoi testi (Brecht-Abend e The C annibals , 1962) e testi di Strindberg (La signorina Giulia, 1958), di Euripide (Le Troiane, 1976), di Beckett ( En attendant Godot, 1984). Alterna da sempre trionfi, come il citato Beckett e la sua prima regia lirica I pagliacci di Leoncavallo a Vienna, a clamorosi rifiuti come il suo Stammhein Epilog (1986) o Das Buch mit sieben Siegeln di Franz Schmidt, che fece scandalo a Salisburgo (1986). Tra le sue opere ricordiamo anche Mein Kampf, rivisitazione farsesca delle note memorie di Hitler ((1986). In Italia, per ora, la sua unica commedia rappresentata è Jubil&aulm;um , ad Asti nel 1994, per la regia di G. Solari. Dal 1987 è direttore dello Schauspielhaus di Vienna, e, in Italia, nel 1992 è stato direttore del Mittelfest di Cividale del Friuli.

Tofano

Figlio del grande Sergio, Gilberto Tofano ha curato una mostra antologica nel 1981 per il settimo anniversario della morte del padre e la riedizione della commedia Qui comincia la sventura del signor Bonaventura . Regista del Teatro di Haifa dal 1970, al Piccolo Teatro di Milano è stato assistente di Strehler, collaborando anche alla traduzione del Faust nel 1989, e per la stagione 1992-93 ha realizzato l’adattamento di La commedia degli ebrei alla corte dei Gonzaga, dall’opera cinquecentesca di Leone de’ Sommi Pantaleone.

Teatro Settimo

Impegnato nell’esplorazione `trasversale’ dei rapporti tra scuola, città, teatro e mondo del lavoro, il Laboratorio di F.I.A.T.-Teatro Settimo nasce nel 1981. Nel 1984, con Esercizi sulla tavola di Mendeleev e l’anno successivo, con Elementi di struttura del sentimento (tratto dalle Affinità elettive di Goethe, Premio Ubu per il miglior spettacolo stagionale) irrompe sulla scena italiana inserendosi a pieno titolo nel filone del teatro di immagine . L’esplicita metabolizzazione del modello cinematografico (la scena concepita come un set e il copione come un piano-sequenza) e il riferimento alle arti visive che ne caratterizzano la poetica si ritrovano anche nel successivo Riso amaro , ispirato all’omonimo film neorealista di Giuseppe De Santis.

Insieme a Gabriele Vacis, regista, animatore e teorico del gruppo che dal 1987 ha sede presso il Teatro Garibaldi di Settimo Torinese dove, oltre a creare spettacoli, organizza festival e stagioni teatrali, lavorano Eugenio Allegri, Roberta Biagiarelli, Anna Coppola, Antonia Spaliviero, Laura Curino, Mariella Fabbris, Lucilla Giagnoni, Marco Paolini, Beppe Rosso, Lucio Diana, Roberto Tarasco, Paola Rota, Lilli Valcepina, Andrea Violato e Adriana Zamboni, tutti `attori stabili’ della compagnia che dal 1988 figura come Centro di produzione e ricerca teatrale. Tra le altre produzioni: Villeggiatura, smanie e ritorno (da Goldoni, 1993), Novecento di Alessandro Baricco (1994), Canto per Torino e Aquarium (1995), Uccelli (da Aristofane, 1996), Olivetti di e con Laura Curino (1996).

teatro di poesia

Sorto in Francia come reazione alle espressioni deteriori della drammaturgia naturalista (Ancey, Jullien, Brieux, Fabre, Mirbeau e altri) promossa dal Théâtre Libre di Antoine, il teatro di poesia è legato all’opera del principale collaboratore dello stesso Antoine, Aurélien Lugné-Poe. Con il poeta Paul Fort fondò nel 1891 il Théâtre d’Art, mentre con lo scrittore Camille Mauclair e col pittore Vuillard diede vita e diresse tra il 1893 e il 1929 il Théâtre de l’Oeuvre. Attento alla nuova drammaturgia straniera (Ibsen, Strindberg, Hauptmann, Gor’kij, Shaw, Verhaeren, Claudel) e alla nuova arte della regia e dell’interpretazione (fu fra l’altro impresario della Duse), Lugné-Poe scoprì, sostenne e fece conoscere l’opera poetica e drammaturgica del belga Maurice Maeterlinck ( Pelléas et Mélisande , 1892; La mort de Tintagiles , 1894; L’oiseau bleu , 1910), considerato per la componente simbolica, lirica e tragica il maggiore esponente del t. di p.

Taras

John Taras studia con Fokine, Anatole Vilzak, Ludmila Schollar e alla School of American Ballet, per entrare poi nel Ballet Caravan (1940), nel Littlefield Ballet (1941) e nel Ballet Theatre (1942-1946), dove coreografa Graziana (1945). Crea Camille per l’Original Ballet Russe (1946), The Minotaur per il Ballet Theatre (1947) e Design with Strings per il Metropolitan Ballet (1948). Danza nella compagnia del Marquis de Cuevas (1948-1959), dove crea Piège de lumière (1952) e La fôret romantique (1957). Collabora inoltre a Le rendez-vous manqué di Françoise Sagan (Montecarlo 1958). È maître de ballet al New York City Ballet, all’Opéra di Parigi, all’Opera di Berlino. Dal 1984 al 1990 è direttore associato dell’American Ballet Theatre. Tra i suoi lavori: Ebony Concerto (1960), Arcade (1963), Jeux (1966), Danses concertantes (1971), Le sacre du printemps (1972), Daphnis et Chloé (1975), Souvenir de Florence (1981).

Trisler

Formata con Horton, Carmelita Maracci, Tudor, Hanya Holm e Joffrey, ha danzato con il Lester Horton Dance Theatre (1951-1954), il Jiulliard Dance Theatre (1955-1959) e l’Alvin Ailey Dance Company durante le prime tournée europee (1964). Ha coreografato musical e commedie ed è stata una della più autorevoli insegnanti della tecnica di Horton. Ha collaborato alla rivista “Dance Perspectives” e al volume The Magic and the Commitment , dedicato a Horton.

Ter-Arutunian

Iniziò la carriera di scenografo e costumista all’Opera di Berlino nel 1941 e lavorò dal 1943 per quella di Vienna e di Dresda. T.-A. fa uso, nelle sue scenografie, dei materiali più disparati, passando da forme geometriche pure a quelle asimmetriche, dal reale all’astratto, con una capacità di adattamento che gli permette di affrontare ogni tipo di scena, prediligendo lavorare semplicemente sul rapporto tra la scena e la sistemazione in essa del corpo umano. Oltre ad aver svolto una intensa attività per il teatro d’opera (in particolare con Gian Carlo Menotti), T.-A. ha lavorato soprattutto per il balletto; nel 1955 infatti inizia la sua lunga collaborazione con il New York City Ballet e poi con coreografi come Paul Taylor ( Fibers , 1960; Nine Dances with Music , 1965), Glen Tetley ( Pierrot Lunaire , 1967; Ricercare , 1967), Martha Graham ( Visionary Recital , 1961); Balanchine ( Il lago dei cigni , 1962; Coppelia , 1974; Le bourgeois gentilhomme , 1979), John Butler ( Night Piece , 1979; Fedra , 1980).

Tommasi

L’attività di Paolo Tommasi inizia collaborando con il Piccolo Teatro di Milano. In seguito firma i costumi e le scene per numerosi spettacoli di prosa e lirica con Giancarlo Cobelli, a partire dalla progettazione dei costumi per La pazza di Chaillot di Jean Giraudoux 1972), La bugiarda di Diego Fabbri 1978, scene e costumi), Turandot di Carlo Gozzi (Venezia 1981), Antonio e Cleopatra di Shakespeare (Estate teatrale veronese 1988), Parenti terribili di J. Cocteau (1991), in cui il disagio del quintetto dei personaggi è determinato dalla perfezione di una struttura costruita su scene conchiuse quasi autosufficenti. Sempre per la prosa progetta scene e costumi per L. Squarzina, tra cui Tramonto di R. Simoni (1981), Timone d’Atene di Shakesperare (1983) e per W. Pagliaro al festival di Spoleto 1990 cura l’allestimento per La cagnotte di E. Labiche. Tommasi trasforma la scena in una scalinata di pietra, rinchiusa in una sorta di tempio medioevale con una serie di scale che si inerpicano verso il niente in A porte chiuse di Sartre (Gubbio 1990). Nelle produzioni scenografiche per il melodramma con la regia di G. Cobelli citiamo Il sacrificio di Lucrezia di B. Britten (Napoli 1989), La locandiera di Salieri (Lugo 1989), Vite immaginarie di G. Di Leva e M. Tutino 1991), in cui l’orchestra in palcoscenico è sormontata da un grande oblò, luogo di apparizioni fantastiche di splendide luminosità e coloriture, e a Genova l’avvincente messinscena di Salome di R. Strauss (1996).

Trio

I membri del Trio provengono da esperienze diverse. La Marchesini ha frequentato l’Accademia d’arte drammatica di Roma ed esordì accanto a Tino Buazzelli in Il borghese gentiluomo di Molière; Solenghi è stato attor giovane in prosa con il regista Luigi Squarzina al Teatro Stabile di Genova; nel 1977 fu con Giorgio Albertazzi in Il fu Mattia Pascal di Pirandello; lasciò quella parte per lavorare in cabaret a Milano (al Refettorio, era stato impegnato nel numero d’apertura della serata; dopo toccava a Beppe Grillo). Il suo ruolo pirandelliano passò a Massimo Lopez, che già divertiva sé e gli altri, con un carosello infinito di imitazioni. Nel 1982, Radio Due propose a Solenghi il varietà “Helzapoppin” e qui nasce il Trio, che comprende un bancario mancato (Lopez), un aspirante prete (Solenghi) e una psicologa 110 e lode (la Marchesini). Di “Helzapoppin” erano state previste tredici puntate, diventarono sessantacinque.

Poi, nel 1984, il trio fa “Tastomatto” in tv accanto a Pippo Baudo; segue, l’anno successivo, “Domenica in” con Mino Damato. Nel 1986 il trio partecipa a “Fantastico” e con uno sketch ironico sull’Iran provoca l’ira dell’ayatollah Khomeini (interpretato da Solenghi) e le proteste dell’ambasciata iraniana. Il T. venne riconfermato per l’edizione successiva di “Fantastico”. Nelle stagioni 1989-90 e 1990-91, rappresentarono in teatro Allacciate le cinture , uno spettacolo campione d’incassi che ripropone in una sapida antologia le scenette televisive più riuscite. Altre due stagioni (1991-93) in teatro con In principio era il trio , che manifesta maggiori ambizioni, di scrittura e interpretazione e che fu un altro grande successo di pubblico e di critica. Sul tema antico del triangolo marito-moglie-amante, i tre si sbizzarriscono funambolicamente, con sommesse citazioni classiche, da Feydeau a Courteline, da Pirandello a Freud.

Il Trio era reduce da un altro grande successo televisivo, la rilettura ironica dei Promessi sposi, realizzata nel 1990 per la Rai, con l’imbonitrice Wanna Marchi che vendeva rimedi contro la peste, Pippo Baudo nel ruolo di Pennellone, papà di Lucia, e altri personaggi noti del teleschermo. Due anni di preparazione, cinque puntate. L’attività del Trio è durata dodici anni, dal 1982 al 1993. Poi, dopo un’esperienza della coppia Solenghi-Marchesini (La rossa del Roxy bar, 1995), i tre hanno preso definitivamente strade diverse. La Marchesini è diventata mamma e si dedica alla famiglia; Massimo Lopez ha condotto nel 1994 il programma tv “Massimo ascolto”, nel 1995 ha presentato con Teo Teocoli, su reti Mediaset, “Scherzi a parte” e nel 1996, con Luca Barbareschi, ha fatto “I guastafeste”. A Massimo Lopez, in coppia con Giancarlo Magalli, è stata affidata l’edizione 1998-99 di “Domenica in” su Raiuno. Da segnalare i successi paralleli di due serie di spot televisivi: Lopez testimonial della Telecom nel ruolo dell’eterno condannato a morte (‘Una telefonata allunga la vita’) e Solenghi in paradiso a sorseggiare caffè con san Pietro (Riccardo Garrone).

Tosi

Piero Tosi studia all’Accademia di belle arti di Firenze sotto la guida di Ottone Rosai. Al Teatro sperimentale di Palazzo Pitti ha inizio la sua carriera di costumista con lo spettacolo Il candeliere di De Musset per la regia di F. Enriquez (1947). Lavora come assistente di Maria de Matteis realizzando i costumi e l’attrezzeria di Troilo e Cressida di Shakespeare con la regia di L. Visconti (Firenze, giardino di Boboli 1949). Debutta nel cinema con lo stesso regista disegnando i costumi per il film Bellissima (1951), dando luogo a una lunga e fertile collaborazione che lo porterà a firmare i costumi di molti film di Visconti (Il gattopardo, La caduta degli dei, Ludwig, ecc.) e di moltissime sue creazioni teatrali. Tra cui: La locandiera di Goldoni (Festival internazionale della prosa, Venezia, Teatro La Fenice, 1952, costumi), Zio Vanja di Cechov (Teatro Valle di Roma, 1955); per la lirica La sonnambula di Bellini (Scala, 1955), il Macbeth di Verdi (Festival di Spoleto, 1958, scene e costumi) e Manon Lescaut di Puccini (Festival di Spoleto, 1973, costumi).

Questi spettacoli hanno lasciato un segno nella storia del teatro europeo rivoluzionando la concezione tradizionale della messinscena. Particolarmente interessante la sua ricerca figurativa, che partendo da un attento studio filologico dell’epoca storica (taglio storico dell’abito, ricostruzione di particolari decorativi ed accessori) riesce a filtrare soluzioni e creare costumi di invenzione con una coerenza stilistica affatto originale. Ricordiamo altre importanti produzioni nelle quali Tosi ha partecipato come costumista: Beatrice di Tenda di Bellini (Palermo, Teatro Massimo, 1959) con la regia di Enriquez, Euridice di Peri (Maggio musicale fiorentino 1960) e La Bohème di Puccini (Opera di Roma, 1992) entrambi con la regia di Zeffirelli. Inoltre Il pirata di Bellini (Firenze, Teatro Comunale, 1967), Tosca di Puccini (Opera di Roma, 1990), Don Carlo di Verdi (Teatro La Fenice, 1991) tutti per la regia di Bolognini. Sempre il suo talento e il suo lavoro minuzioso ricco di dettagli gli ha permesso di raggiungere esiti sorprendenti, facendo rivivere un’epoca e non soltanto portandola in scena.

Taddei

Pur formatosi nell’ambito della pittura e delle performing arts, Andrea Taddei debutta collaborando ad opere musicali. La prima regia che firma (1981) è La Teresina, opera per interpreti bambini di Filippo Hazon. In quello stesso anno, con Carlo Bacilieri e Emanuela Ligabue fonda Padiglione Italia, nei cui allestimenti mette in luce un gusto per il catalogo e il disorientamento spaziale (un tavolo da biliardo per le azioni di Verdi sponde , 1982; l’interno di una serra per Le piante , Biennale di Venezia, 1984), accompagnato da quella pulsione verso un effimero cui dà sfogo anche nelle serate `enfatiste’ in gallerie d’arte e esibizioni collettive.

La sua ricerca si fa più scanzonata via via che le composizioni del gruppo si traducono in opere vere e proprie (Serenatassira, Santarcangelo 1985) ed egli si assume l’intera responsabilità di spettacoli astutamente citazionisti, come Pigmalione – numero zero (1989), in cui smonta il mito, accumulandone i remake in una parodia colta e kitsch allo stesso tempo. Si intensificano intanto le sue collaborazioni con I Magazzini (è tra gli interpreti di Hamletmaschine di Heiner Müller), con Dario Marconcini e Paolo Billi, e gli interventi decorativi, architettonici e teatrali assieme a Marco Mencacci.

Alla rilettura di Motel di Claude van Itallie (‘masque per tre fantocci’ presentato nella rassegna `Utopia americana’ del 1992 a Torino), i due fanno seguire la divagante trilogia di un monologo teatral-gastronomico (Gloria, 1992) e di un esercizio di stile ascetico (Le tentazioni di Toni, 1993) chiusi dalla ripresa di Pigmalione (atto terzo) in una nuova versione. Coronato da un premio Ubu 1993 per la scrittura drammaturgica, Taddei recupera volentieri il ruolo di scenografo e costumista, spesso per Theatrid’Ithalia (Alla greca, Roberto Zucco) ma anche per attrici quali Mariangela Melato, Valeria Moriconi, Manuela Kustermann, riservandosi lo spazio di una regia all’anno, come per il pirandelliano Berretto a sonagli del 1996, e per una Bisbetica domata, affidata a interpreti maschili, nel 1997.

Tam Teatromusica

La poetica della compagnia Tam Teatromusica si esprime principalmente nel progetto di produzione di spettacoli di ricerca e sperimentazione sui linguaggi. Sin dagli inizi infatti la loro caratteristica è stata l’incrocio sinergico di linguaggi visivi e musicali, che si è concretizzata in messe in scena rivolte sia all’area dell’infanzia sia del teatro per adulti (Children’s Corner, musica di Debussy, per la Scala; Agnes, musica di Maderna, produzione Rai). Dal 1991 amplia la ricerca ridefinendola e mettendo in gioco oltre agli aspetti visivi e musicali anche la parola come suono significante, iniziando successivamente un percorso di traduzione di autori legati alle proprie radici (Fuore de mi medesmo, da Ruzante, 1991) e raggiungendo con questa integrazione un equilibrio tra forma e contenuto.

Dal 1992 inizia un processo parallelo alla creazione che è di radicamento sul territorio e, in collaborazione con il comune e la provincia di Padova, attua il progetto `Teatro-Carcere’, un laboratorio permanente con creazione di eventi teatrali realizzato con un gruppo di detenuti del carcere Due Palazzi di Padova (Tutto quello che rimane , spettacolo e video degli affreschi di Giotto per la cappella degli Scrovegni, Il riso è un segno di festa, Natura selvaggia, spettacolo e video e B.B., omaggio a Bertol Brecht). Nel 1993 la necessità di confronti culturali porta la compagnia verso l’incontro con altre realtà, siglando forme di coproduzione sia nazionali sia internazionali (I ventidue infortuni di Mor Arlecchino con Ravenna Teatro e Douce Amer , L’Air de l’eau e Lamento di Arianna con il Théâtre Athenor, in Francia).

Dal 1995 gestisce, in convenzione con il comune di Padova, il Teatro Maddalena, per il quale realizza la programmazione delle stagioni di danza contemporanea e di teatro di ricerca. L’anno seguente inizia l’attività pedagogica, impegnandosi in progetti di formazione che sfociano nella creazione di Oikos Officina delle arti sceniche, un laboratorio permanente sui linguaggi scenici rivolto ai giovani, che si prefigge la ricerca e la sperimentazione di altri linguaggi teatrali quali l’illuminotecnica e la fonica. È sempre di questi anni la creazione di una rete di collegamento con strutture europee su progetti della Comunità europea con produzioni di eventi teatrali connessi ai percorsi formativi: Progetto Musil con la realizzazione dello spettacolo Pes presentato ai festival di Utrecht, Gent, Saint-Nazaire e Brema.

Sempre attento alle realtà giovanili, il Tam Teatromusica, in collaborazione con l’Eti e con il ministero di grazia e giustizia, si attiva anche nella messa in opera di un progetto di formazione per giovani dell’area del disagio occupandosi di definire linee di intervento che integrino disagio e normalità. Tam Teatromusica ha inoltre partecipato a numerosi festival nazionali e stranieri e ha organizzato numerose rassegne all’estero tra le quali si ricordano quelle di Melbourne, Gerusalemme, Copenaghen, Edimburgo, Vancouver, Montreal, Tunisi.

Trommler

Studia danza moderna e contemporanea con Jose Limòn, Merce Cunningham e Viola Farber danzando con le compagnie di Katherina Dunham e di Limon, oltre che con il Philadelphia Dance Theatre. Dal 1967 si dedica alla coreografia firmando lavori per varie compagnie statunitensi, per il Tanzproject di Monaco, che ha fondato nel 1976, e per il Tanztheater di Münster diretto dal 1989 al 1996.

Tankard

Esordisce all’Australian Ballet e entra poi nel Wuppertal T. (1978), dove resta sei anni come interprete di spicco dei lavori di Pina Bausch ( Er nimmt Sie an der Hand , Café Müller , Walzer, 1980 , Kontakthof ). Lasciato il gruppo, nel 1984 torna in Australia e dà vita alla propria compagnia a Canberra (1989), per diventare poi direttrice del Meryl T. Australian Dance Theatre (1993). Tra le sue coreografie, di intenso dinamismo e di fervida fantasia immaginativa: Echo Point , Travelling Light , VX18504 , Banshee , Nuti , Kikimora , Court of Floor , Two Feet , Chants de Mariage 1 & 11 , Songs with Mara , Aurora , O Let Me Weep , Furioso .