Rosenthal

Ha contribuito a creare un nuovo e moderno utilizzo delle luci teatrali come scenografia. Oltre all’intensa attività a Broadway, ha collaborato anche con la Ballet Society e il New York City Ballet (1946-57), la Martha Graham Dance Company (dal 1958), i Ballets Usa di Robbins (1959-60). Ha esercitato una duratura influenza sui light designer delle generazioni successive.

Roma,

Il Teatro di Roma fu fondato nel 1964, ha sede al Teatro Argentina. Teatro stabile della città di Roma, organismo di produzione e distribuzione di spettacoli di prosa, fa parte dell’Unione dei Teatri d’Europa. Accanto alla prosa ospita anche spettacoli di danza e concerti, affiancando alla produzione artistica attività di formazione socio-culturale di ampio respiro. Le linee artistiche dello Stabile sono state sensibilmente influenzate nel corso degli anni dalla personalità dei direttori che ne hanno assunto la guida: da Vito Pandolfi (1964-69), che ne ha accompagnato la nascita nella sede provvisoria del Teatro Valle, privilegiando l’attenzione per il patrimonio drammaturgico italiano sia classico che contemporaneo, a Franco Enriquez (1972-76), che oltre a trasferirne l’attività al restaurato Argentina contribuì a consolidare i legami con il territorio e il suo tessuto socio culturale e ad aprire le porte del teatro ufficiale ai fermenti che animavano in quegli anni le cosiddette cantine romane (con la collaborazione ad esempio con l’Abaco di M. Ricci e La Fede di G. Nanni e M. Kustermann), e l’inserimento nel cartellone di spettacoli quali Risveglio di primavera di Wedekind per la regia di Nanni, Re Lear e Moby Dick per la regia di Ricci e O’ zappatore di De Berardinis.

Dal tentativo di Luigi Squarzina (1976-83), di dare al teatro una progettualità culturale globale, affiancando una rosa diversificata di proposte collaterali agli spettacoli, al progetto di Maurizio Scaparro (1983-91) che attraverso una programmazione monografica sull’Europa, sull’Italia e su Roma, ha tentato di approfondire criticamente il linguaggio teatrale contemporaneo scandagliandone le contaminazioni con le più avanzate tecnologie, sino ad arrivare a Pietro Carriglio (1991-94) che avvalendosi della collaborazione dei maggiori esponenti della regia critica ha favorito su tutto la rivisitazione interna della drammaturgia italiana, da Alfieri a Pasolini, aprendo al contempo la strada a autori contemporanei quali Franco Brusati, Aldo Nicolaj, Annibale Ruccello, Rocco d’Onghia e Roberto Cavosi. Dal 1994 al ’98 lo Stabile è diretto da Ronconi, le cui regie segnano le tappe di un ideale percorso sospeso fra tradizione e modernità: dal Re Lear di Shakespeare (1995) a I fratelli Karamazov di Dostoevskij (1998), attraverso Ibsen ( Verso Peer Gynt , 1995), Enzo Siciliano (Dio ne scampi , 1995), Gadda (Quer Pasticciaccio brutto de Via Merulana , 1997), O’Neill (Il lutto si addice ad Elettra, 1997).

Reinhardt

Max Reinhardt nasce da una famiglia di bottegai ebrei ma quando diventa famoso, nel 1904, tutta la famiglia ha il diritto di fregiarsi del suo nome d’arte). `L’educazione teatrale’ del giovane Max inizia dal loggione del mitico Burgtheater di Vienna. A diciassette anni, frequenta una scuola di recitazione e sostiene in provincia le sue prime parti. Mentre recita in compagnie secondarie, lo vede O. Brahm, allora direttore del Deutsches Theater, e ne resta favorevolmente impressionato a tal punto che, rincontrandolo l’anno dopo a Salisburgo, in una stagione che obbliga il giovane R. a quaranta ruoli, lo porta con sé a Berlino. Nella capitale, dove approda con un contratto che lo lega al Deutsches dal 1895 al 1901, Reinhardt perfeziona gli ultimi rudimenti del mestiere, ma ben presto sente l’esigenza di allontanarsi dal naturalismo di Brahm e si avvicina al teatro simbolista ed espressionista. Nel 1901 con un gruppo di attori prende la direzione dello Schall und Rauch, che nell’anno seguente cambierà il suo nome in Kleines Theater, dove verranno rappresentati gli scrittori contemporanei, da Strindberg a Wedekind, da Wilde a Maeterlinck – e Pelléas et Mélisande infatti sarà la sua prima regia firmata, nel 1903, anno in cui fonda il Neues Theatre che dirige. Nel 1905, diventato praticamente il signore del teatro tedesco (ha assunto nel frattempo anche la direzione del Deutsches), mette in scena la prima edizione del Sogno di una notte di mezza estate shakespeariano che riprenderà più volte, mentre è del 1906 la prima rappresentazione del Risveglio di primavera di F. Wedekind.

Per un breve periodo, Reinhardt concentra nelle sue mani un potere illimitato, riunendo attorno a sé un gruppo di attori fra i maggiori della scene tedesca, da A. Moissi a T. Durieux, a G. Eysoldt. Sempre in cerca di riscontri alla propria idea di un teatro diversificabile, secondo il luogo e lo spazio, allestisce spettacoli in circhi (per esempio al Circo Schumann dove va in scena nel 1911 in prima mondiale Jedermann di Hofmannsthal), o in enormi spazi come la Grosses Schauspielhaus (1919), o nelle cattedrali, dove rappresenta Il miracolo di K. Vollmoeller a partire dal 1911. Questo testo lo farà conoscere in America: vi verrà infatti rappresentato, a partire dal 1924, per sei anni consecutivi. Nel 1920, intanto, con Hofmannsthal e Strauss fonda il Festival di Salisburgo, ancora oggi manifestazione tra le più celebri del mondo, inaugurato con Jedermann nell’interpretazione di Moissi. Apre a Vienna il Theater am Josefstadt con Il servitore di due padroni di Goldoni (1924). Fra il 1927 e il 1928 è in tournée negli Usa con gli spettacoli dei suoi teatri berlinesi e austriaci.

L’avvento del regime nazista in Germania lo costringe ad abbandonare tutti i suoi beni e i suoi teatri. L’ultima messa in scena berlinese è Il gran teatro salisburghese del mondo di Hofmannsthal, nel 1933, una serata memorabile con tutto il pubblico commosso in piedi ad applaudire il regista costretto a fuggire. Fa ancora in tempo, a Salisburgo, a mettere in scena la prima parte del Faust di Goethe fra il 1933 e il 1937; e a dirigere anche due Shakespeare in Italia, a Boboli Sogno di una notte di mezza estate (1933) e a Venezia Il mercante di Venezia (1934). L’annessione dell’Austria lo costringe alla fuga negli Stati Uniti. A Hollywood con il suo assistente di un tempo destinato a diventare un grande regista cinematografico, Wilhelm `William’ Dieterle, dirige Sogno di una notte di mezza estate con M. Rooney e O. de Havilland, ma il film non ha successo. Fonda anche un workshop per cinema, teatro e televisione sul Sunset Boulevard (dal quale usciranno attori come Robert Alda), costretto a chiudere nel 1942 per problemi finanziari. Nel corso dell’esilio americano (diventerà cittadino statunitense nel 1940) metterà in scena, fra l’altro, al Festival californiano il Faust di Goethe. Nel 1943, anno della sua morte, firma la sua ultima regia, Figli e Soldati di I. Shaw, testo pacifista che ha in un giovane Gregory Peck il suo principale interprete. Amatissimo dagli attori che guida con mano ferrea, ai quali richiede una recitazione poetica, in grado di restituire sentimenti ed emozioni, signore incontrastato di una scena come luogo di magie, infaticabile organizzatore, poeta del quotidiano, Reinhardt è uno dei grandi, insuperati maestri della scena del ‘900, l’inventore di un’idea di regia (il regista `fratello gemello dell’autore’) che sarà il punto di riferimento obbligato di tutti i grandi `signori della scena’ venuti dopo di lui.

Rossi

Uno dei più importanti architetti e studiosi di strutture urbane del secondo novecento italiano (Unità residenziale al Quartiere Gallaratese di Milano; recupero della rocca Paolina a Perugia; Bonnefanten Museum a Maastricht). A lui si deve la costruzione del Teatro Carlo Felice di Genova e del Theatre for the New City a New York. Inspirandosi a un quadro di Canaletto, a Venezia, nel 1980, R. ha concepito Il Teatro del mondo , una costruzione viaggiante sulla laguna, trainata da un battello e immersa nei paesaggi più variati della città che divengono pure scenografie. Come realizzazioni scenografiche ricordiamo quelle per Madame Butterfly e Lucia di Lammermoor a Ravenna nel 1986; la scenografia e costumi per Elettra a Taormina (1992) e per Raimonda a Zurigo (1993).

Ricci

Dopo le adolescenziali esperienze filodrammatiche incoraggiate dal padre, insegnante di recitazione all’Accademia dei Fidenti, Renzo Ricci ottenne la prima scrittura nella compagnia Borelli-Piperno, quando non aveva ancora 17 anni, per poi passare con Gandusio, che non metteva in scena solo pochade ma novità rischiose, come L’uomo che incontrò se stesso di Antonelli e Acidalia di Niccodemi, che al giovanissimo fiorentino valse l’incoraggiante `bravo Ricci’ dell’autorevole M. Praga. In seguito fu con Betrone, con E. Gramatica-Pilotto, con Talli, Zacconi, per formare poi compagnia con la moglie Margherita Bagni (1925-1928), allestendo testi di Paolieri, Ferrigni, Bernstein, Sardou, Deval. Passò quindi con le sorelle Gramatica e, dopo una parentesi nella mitica Za-Bum, capeggiò la Nuova compagnia della commedia (1933) che allineava i nomi di Cervi, Melnati, L. Adani, N. Gorini, E. Magni, cimentandosi in Pirandello, Coward, Guitry, Birabeau, Bourdet.

Più che della lezione verista di Zacconi aveva fatto tesoro della spiritualità di Ruggeri e di estrosi guizzi alla Benassi, costantemente alla ricerca di una modernità interpretativa, espressa appieno negli anni della maturità. Apprezzato per il disincanto che prestava ai protagonisti della commedia borghese, conseguì i vertici interpretativi nel frequentatissimo Shakespeare e sull’opposto versante nelle `maschere nude’ di Pirandello. Nel secondo dopoguerra ha dato vita con l’inseparabile E. Magni a una compagnia che, quasi sempre con le sue regie, ha allestito testi di O’Neill, Shaw, Anouilh, de Hartog, Rattigan, Odets, Maulnier. Ha partecipato inoltre agli spettacoli classici estivi di Boboli, Fiesole, Venezia, Vicenza, Verona, Siracusa con le regie di Reinhardt, Salvini, Simoni, Visconti. Memorabili restano le sue interpretazioni nel torbido Sottoscala di Dyer (accanto a Stoppa), nella Lulù di Wedekind (accanto a Carraro-Cortese) e infine nel Giardino dei ciliegi di Cechov (il vecchio Firs) e nel Balcon di Genet (il Plenipotenziario), entrambi con la regia di Strehler che tanti anni prima lo aveva voluto protagonista di Riccardo III al Piccolo Teatro. Fino all’ultimo restò fedele alla religione del `teatro di parola’, praticamente ignorando il cinema che lo ripagò di pari moneta.

Rissone

Ultimo discendente di una antica famiglia di teatranti, calcò le scene già dopo pochi giorni di vita sostituendo una bambola rottasi poco prima che cominciasse lo spettacolo. La sua carriera, che va dagli anni ’20 agli anni ’70, si divide tra il lavoro degli inizi accanto alla sorella Giuditta e gli anni del dopoguerra, quando dopo aver lavorato in diverse compagnie, entra al Piccolo Teatro, per il quale interpreta, tra gli altri: Trappola-Tartaglia nel Corvo (1949), Ortensio nella Bisbetica domata (1949), il Dottore nell’ Arlecchino servitore di due padroni (1950), Pantalone nell’ Amante militare (1951) e Tiger Brown nell’ Opera da tre soldi (1956). Sempre al Piccolo Teatro realizza la regia di alcuni allestimenti, tra cui: Qui comincia l’avventura di Sergio Tofano 1953-54, ed esercita anche il ruolo di insegnante. In seguito recita tra l’altro allo stabile di Genova e di Torino, per il quale in particolare è Peterbono nel Ballo dei ladri di J. Anouilh (1959) Nel cinema, inoltre, fu uno dei migliori caratteristi italiani, lavorando tra gli altri in Riso amaro – di De Santis.

Randisi

Stefano Randisi si forma come attore al Teatro Daggide di Palermo. Partecipa come interprete a tutti gli spettacoli, tra cui Ubu re di Jarry nei panni di Re Venceslao e dello Zar Alessio. Questa esperienza caratterizza il suo lavoro teatrale di ricerca che si indirizza verso il teatro d’attore, l’improvvisazione e l’idea della drammaturgia collettiva indirizzata alla scrittura scenica. Insieme con Enzo Vetrano recita nello spettacolo di Leo De Berardinis, The connection di J. Gelber per la cooperativa Nuova Scena di Bologna di cui diventa socio, e all’interno della quale nel 1983 forma una compagnia. Prosegue il suo sodalizio con Enzo Vetrano: insieme allestiscono molte rappresentazioni, tra le tante, la trilogia dedicata alla Sicilia, loro terra d’origine: Principe di Palagonia , Mata Hari a Palermo , (premio Palermo per il Teatro 1988, L’isola dei beati (1988). Dirige Vetrano e Nestor Garay, in Giardino d’autunno di D. Raznovich (1989-1991). È aiuto regista di Nanni Loy in Scacco matto di V. Franceschi. Prosegue inoltre la collaborazione con Leo De Berardinis in L’impero della ghisa (1991), ne I giganti della montagna di Pirandello, con il quale vince il premio Ubu come spettacolo dell’anno 1993. È assistente alla regia di Leo De Berardinis in IV e V atto dell’ Otello di Shakespeare. Con Vetrano dirige e interpreta Diablogues (1994) e Beethoven nel campo di barbabietole (1996) di R. Dubbillard. Sempre in coppia con Vetrano, e in collaborazione con il musicista Giovanni Tamborrino, due spettacoli di musica contemporanea: Operette Morali di Leopardi e Gordon Pym di E.A. Poe. E ancora elabora e dirige La martogliata e L’arte di Giufà di Nino Martoglio. E attore e coregista dello spettacolo Mondo di carta dalle novelle di Pirandello. Ha avuto esperienze cinematografiche e televisive.

Rossi

Milanese d’adozione, Paolo Rossi è stato soprannominato il ‘Lenny Bruce dei Navigli’. A una comicità aggressiva, spesso dura, contrappone una vena poetico-surreale che gli consente di parlare di questioni politiche e sociali con estrema grazia e lucidità. Recitare per colpire allo stomaco, picchiare duro, essere contro: tematiche da rocker che anche senza il classico ‘physique du rôle’, raggiungono sempre l’obiettivo. Rossi infatti è stato uno dei pochissimi artisti che è riuscito ad accostare il pubblico dei tendoni rock e dei centri sociali a quello teatrale. Con una formazione doc firmata Piccolo Teatro di Milano, dopo aver calcato come comico il palcoscenico di diversi club tra cui l’immancabile Derby, arriva al teatro grazie a Dario Fo che lo scrittura per L’histoire du soldat (1979-80).

Gli inizi degli anni ’80 sono poi caratterizzati da un’intensa collaborazione con il Teatro dell’Elfo con il quale realizzerà uno degli spettacoli cult del teatro off milanese, Nemico di classe di T. Williams. Seguiranno testi classici come La tempesta di Shakespeare in coppia con Carlo Cecchi (1984) e Comedians, spettacolo-trampolino di lancio per molti comici tra cui B. Storti, A. Catania, C. Bisio, G. Palladino. Ma è nell’86 che l’imprevedibile `piccolo grande comico’ sorprende il suo pubblico con uno spettacolo decisamente fuori dalle sue corde abituali: Reccital. Settespettacoli , in cui, seguendo il forte richiamo del soul, l’artista esordisce nel ruolo dell’intrattenitore, a cui seguirà Chiamatemi Kowalski (1987). Passa poi all’antimusical sociale con Le visioni di Mortimer (1988-89) diretto da Giampiero Solari, prima di immergersi, nel 1990, nella rilettura di classici teatrali come L’opera da tre soldi di J. Gay (titolo che nella sua versione diventa La commedia da due lire ), mentre con il monologo Operaccia romantica , scritto come molti altri suoi spettacoli con Gino e Michele, riscuote notevole successo di pubblico e di critica.

Dapprima nel cinema e in seguito in tv, Rossi si conferma attore a tutto tondo. Al fianco di V. Capossela in Pop & rebelot fino al vaudeville più aggiornato di Canzonacce. Dal night a Shakespeare , l’artista fonda con L. Vasini e G. Solari la compagnia Lesitaliens (1994-1995) che a pochi mesi di vita allestì Jubilaum di G. Tabori coprodotto con AstiTeatro 15, Milanon Milanin e Il circo di Paolo Rossi, uno spettacolo che ha raggruppato diciotto artisti in tournée con un teatro-tenda che ha girato tutta l’Italia. Le stagioni teatrali dai 1995 al 1998 hanno visto protagonista di Rabelais, una divertente messa in scena in omaggio al famoso scrittore francese e alla sua opera Gargantua e Pantagruel. Nella stagione 1988-99 comincia un importante lavoro su Arlecchino rielaborando sia l’insegnamento di Strheler (con cui avrebbe dovuto interpretarlo) sia quello di Dario Fo.

Ringling, fratelli

Albrecht (1852-1916), August (1854-1907), Otto (1857-1911), Alf (1863-1919), Charles Edward (1864-1926), John (1866-1936), Henry (1868-1918) e Ida (1874-1950), figli di August e Marie Salomè Juliar Rungeling, immigrati tedeschi, crescono a Baraboo, Wisconsin (dove ancora oggi esiste il museo del circo più grande del mondo). Solo cinque di loro hanno un ruolo significativo nello sviluppo del circo: Albrecht, Otto, Alf, Charles e John. Nel 1870 creano il loro primo piccolo complesso. Per alcuni anni presentano degli spettacoli di varietà nel circondario. Il primo loro spettacolo itinerante è del 1882, il Ringling Bros. Classic and Comic Concert Company. In seguito cambiano diversi nomi e diverse società e cominciano ad acquisire una certa fama. Quando, nel 1898, il Barnum & Bailey Circus va in Europa, i Ringling conquistano il mercato statunitense. Nel 1907 comprano il marchio Barnum & Bailey dalla vedova di quest’ultimo. Nel 1910 il loro World’s Greatest Show è il più colossale spettacolo itinerante degli Usa, che si distingue anche per l’onestà della gestione, in contrapposizione all’ambiguità dei piccoli spettacoli da fiera del tempo. Nel 1919 creano il Ringling Bros. and Barnum & Bailey Combined Show, al quale legano il proprio destino.

Rauschenberg

Robert Rauschenberg si stabilisce a New York nella seconda metà degli anni ’50, dove, memore della lezione Dada, darà il via alla sua arte basata soprattutto sulle `Combines’, assemblaggi costituiti prevalentemente da materiali di scarto e di uso comune, anticipando per molti aspetti ciò che successivamente diventeranno la Pop Art e il minimalismo. Determinante per lo sviluppo della sua carriera di scenografo e costumista l’incontro nel 1952 al Black Mountain College con John Cage, David Tudor e soprattutto Merce Cunningham, con i quali realizzerà Theatre Piece Nº 1, happening ispirato alle poesie di Charles Olson e M.C. Richards, Suite for Fire in Space and Time (1956), Antic Meet (1958), Museum Event Nº 1, rappresentato a Vienna il 24 giugno del 1964, e Travelogue (1977), al Minskoff Theatre di New York. Tra i suoi principali lavori sono da ricordare le scenografie realizzate con Jasper Johns per The Tower di Paul Taylor (1957), alla Kaufmann Concert Hall di New York, Circus Polka di Stravinskij (1955) e Winterbranch (1964), balletto con musiche di Lamonte Young. Tra i lavori più recenti Set and Reset (1983), con musiche di Laurie Anderson e coreografie di Trisha Brown, e Foray Foret, presentato alla Biennale della danza di Lione nel 1990.

Razzi

Anna Razzi studia e si diploma in recitazione all’Accademia di Arte Drammatica ed è allieva di Placida e Teresa Battaggi alla Scuola di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, nella cui compagnia danza per un anno. Dopo varie esperienze, anche teatrali (è Miranda nella Tempesta di Shakespeare con Gianni Santuccio, 1961), nel 1963 passa nel Corpo di Ballo del Teatro alla Scala dove sale tutta la gerarchia della compagnia fino ad essere nominata nel 1978 prima ballerina étoile . Tipica esponente della tradizione accademica italiana, dotata di una tecnica brillante e vivace che mette in evidenza nei maggiori classici del repertorio (il Lago dei Cigni) si impone per le sue non comuni qualità di interprete in ruoli lirici (Giselle) e drammatici (Romeo e Giulietta, Miss Julie) che caratterizza con accurati dettagli psicologici. Lasciata la Scala nel 1988, danza come ospite in varie compagnie italiane e internazionali e partecipa a nuove creazioni (La figlia di Iorio, coreografia Massimo Moricone, Teatro Filarmonico Verona, 1989); in seguito, dopo una breve esperienza con il Balletto di Lombardia, assume nel 1990 la direzione della Scuola di Ballo del San Carlo di Napoli.

Rouleau

Raymond Rouleau debutta in teatro a Bruxelles, ma si forma a Parigi sotto la guida di Jules Delacre, fondatore nel 1922 del Théâtre du Marais. Nel 1925 crea, assieme a Boris Balachov, il Groupe Libre, di cui assume la direzione dal 1926 al 1928. In questi anni con la sua compagnia mette in scena Rien qu’un homme di Max Deauville, con le scenografie di René Magritte. Dal momento che l’ambiente di Bruxelles si dimostra ostile alle sue sperimentazioni, R. decide di trasferirsi a Parigi, dove recita con Charles Dullin. Nel 1928 scrive una pièce, L’admirable visite , che firma con lo pseudonimo di Olaf Boot. Nel 1931 il suo spettacolo, Mal de jeunesse , ottiene un discreto successo. Si occupa di cinema, opera e televisione sia come attore sia come regista, ma è a teatro che raccoglie i maggiori successi: A porte chiuse di Sartre (1941); Un tram chiamato desiderio di T. Williams (1949); Cyrano di Rostand; Il crogiuolo di A. Miller (1954, con Y. Montand e S. Signoret); La gatta sul tetto che scotta di T. Williams (1956, con J. Moreau). Ha diretto due teatri parigini: il Théâtre de l’Oeuvre e il Théâtre Édouard VII.

Ruccello

Annibale Ruccello – forse il più significativo e certamente il più originale esponente della cosiddetta `nuova drammaturgia napoletana’ – cominciò con L’osteria del melograno, uno spettacolo basato sulle favole della tradizione campana. Ma, giusto in quanto drammaturgo, ebbe il raro pregio d’essere un uomo del suo tempo: e, cioè, volle costantemente, e strenuamente, coltivare la memoria delle proprie radici senza per questo rinunciare all’indagine – insieme accorata e lucidissima – sul presente. Tanto è vero che Le cinque rose di Jennifer, lo spettacolo che nel 1980 impose Ruccello all’interesse e alla stima del pubblico e della critica nazionali, sembrò un’autentica cartina di tornasole dei mutamenti sociali intervenuti a Napoli in quegli anni: sicché, non per pura coincidenza l’autore decise di offrirne, dopo il terremoto, un nuovo allestimento, cambiando i costumi e la colonna sonora. In breve, Jennifer, il travestito protagonista di quell’atto unico, si faceva simbolo di una scrittura drammaturgica che assumeva Napoli in quanto `corpo storico’, visto e sentito (anche nel senso di partito ) nel suo divenire e trasformarsi senza alcuna preclusione ideologica e, ciò che più conta, senza timore di `sporcarsi’ con le sue contraddizioni. E insomma, Le cinque rose di Jennifer fu la prima ed eclatante prova di una scrittura che `non parlava’ di Napoli, ma, puramente e semplicemente, era Napoli.

D’altronde, non era una coincidenza nemmeno il fatto che Ruccello, e sempre ai fini descritti, assumesse di frequente, nei suoi lavori, la struttura narrativa del `giallo’ e le atmosfere e i toni del `noir’: avvenne anche in Notturno di donna con ospiti e, soprattutto, in Week-end , storia della zitella Ida che non si sapeva se fosse appena una povera donna ubriacata dalla solitudine o una `riedizione’ della Cianciulli. E questo sino alla definitiva consacrazione di R. con il premio Idi assegnato nell’85 a Ferdinando: uno straordinario mélange di ricalchi coltissimi, e insieme ironici, ancora dalla `lingua’ della tradizione campana e dal romanzo storico alla De Roberto fino a Genet e passando, naturalmente, per l’adoratissimo e mai dimenticato Marcel Proust. Ma, per concludere, torna alla mente soprattutto l’ultimo e lancinante `messaggio’ di Annibale, il monologo Anna Cappelli che Benedetta Buccellato portò in scena al Teatro Nuovo di Napoli nel maggio del 1987, otto mesi dopo la tragica e prematura morte dell’autore. Siamo di fronte all’ennesimo `spaccato’ di una condizione esistenziale `perduta’. E anche nell’atto unico in questione, però, rifulge la capacità rara della scrittura di Ruccello: giusto quella di spiazzare il contesto dato attraverso una fitta serie di elementi formali da vero e proprio thrilling. Chi potrà mai dire, al riguardo, se realmente Anna Cappelli ha ucciso l’amante che voleva lasciarla e ne ha fatto a pezzi e mangiato a poco a poco il cadavere? È certo soltanto che lei, alla fine, si darà fuoco insieme con tutta la casa. E forse quell’atroce delitto (un sogno, un incubo?) traduce unicamente gl’iperbolici soprassalti della coscienza dinanzi al crudele stillicidio dei giorni.

Romano

Esordisce a soli cinque anni sul palcoscenico del Teatro Minimo di Trieste. Nel 1929 ha la prima vera scrittura con la compagnia Talli-Capodaglio. Durante la guerra si dedica alla rivista. La Sala Umberto e il Galleria di Roma lo vedono impegnato in molti spettacoli come interprete principale. Intensa anche la sua attività al cinema, come attore, sceneggiatore e doppiatore, ma dà il meglio di sé alla radio.

Rietmann

Critico teatrale dal giudizio equilibrato, esordì come autore ormai quarantenne con Il duca dei topi morti (1945). Raggiunse gli esiti migliori con I veleni non fanno male (1953) e La grande speranza (1960), lavoro dedicato al tema dell’immigrazione e messo in scena con la regia di L. Squarzina, Maschere scandalizzate (1960), Il vento sotto la porta (1968). Dai suoi lavori emerge una rappresentazione affascinante della città di Genova e delle sue atmosfere nascoste.

Ricci

Marginalmente interessato ad alcuni aspetti del teatro, nel 1959 Mario Ricci si trasferisce a Parigi, dove come corniciaio lavora nell’atelier di Rona Weingarten e dove frequenta gli artisti della rive gauche. Nel 1961 è a Stoccolma, a lavorare al Marionetteatern di Michael Meschke. È di ritorno a Roma nel 1962 e, agli inizi del 1963, allestisce in casa del critico d’arte Nello Ponente il suo primo spettacolo: Movimento numero uno per marionetta sola . Seguono altri spettacoli di marionette e oggetti che Ricci rappresenta in case private o gallerie d’arte. È il 1964 quando trasforma un’ex stalla in un piccolo teatro: Orsoline 15 (medesimo nome avrà il gruppo di sperimentazione contemporaneamente fondato). La ricerca teatrale, fortemente influenzata dall’arte visiva, comincia attraverso la sperimentazione di materiali d’animazione: la scenografia non è più involucro dell’azione, ma viene integrata nell’episodio scenico. Atteggiamento che lo pone perfettamente in linea con i precetti del Bauhaus e del Gruppo ’63, ai quali egli appunto si riferisce. L’evoluzione del percorso artistico-creativo di R. è contrassegnata dall’introduzione del binomio gioco-rito, che porta con sé la rivalutazione del discorso poetico: nascono spettacoli come I viaggi di Gulliver (1966), Edgar Allan Poe (1967), James Joyce (1968), Re Lear (1970), Moby Dick (1971), Il lungo viaggio di Ulisse (1972), Amleto Majakovskij (1977). In seguito la sperimentazione si arricchisce di un nuovo elemento, la parola, alla cui introduzione è naturale conseguenza l’apparizione dell’attore sulla scena, parificato a tutti gli altri materiali scenici e drammaturgici. Questa via è l’unico itinerario possibile all’autore verso il recupero del mito, componente fondamentale del teatro di R., ravvisabile anche dagli stessi titoli degli allestimenti: Aiace per Sofocle (1978), Elettra (1980), Iperione a Diotima (1981), Pentesilea (1983). Nel 1989 conclude un ciclo di lavori con Cinque serate futuriste e Serate col teatro di boulevard. Nel 1991 è in scena con Il teatro a Roma dal Settecento al Belli.

Robards

(1922), attore statunitense. Debuttò nel 1946 e, dopo aver lavorato per alcuni anni anche come direttore di scena, s’impose nel 1956 come protagonista di una memorabile ripresa di Viene l’uomo del ghiaccio di O’Neill. Nello stesso anno fu tra gli interpreti della prima edizione americana di Lunga giornata verso la notte che fece di lui una star e gli aprì una lunga e fortunata carriera nel cinema e alla televisione. Tornò alle scene nel 1964 in Dopo la caduta di Miller e nel 1991 in Parcheggia la tua macchina nel cortile di Harvard di I. Horovitz, inducendo ogni volta i critici a usare aggettivi come `brillante’, `magnifico’ e `insuperabile’.

Russillo

Ha studiato con M. Mattox e ha danzato in varie formazioni prima di creare a Parigi una sua compagnia, forte anche dell’appoggio di A. Béranger. Nelle sue opere coreografiche hanno echeggiato ed echeggiano temi e argomenti di carattere spirituale ed esistenziale come, in particolare, Requiem maledictions et lumière (1977). Altri titoli di rilievo nel suo repertorio sono Orfeo (festival di Nervi 1980), Lied und leid (Scala 1984), Il navigatore (festival di Nervi 1993) e Il profeta (Venezia 1994). Ha anche rivisitato alcuni classici del repertorio come Lo schiaccianoci (1994).

Renzi

Giuseppina Renzi comincia la sua carriera d’attrice alla fine degli anni ’20 (Lucciole della città di D. Falconi e O. Biancoli, 1931); il suo carattere brillante la rende particolarmente adatta alla rivista, nel 1935 è chiamata a recitare accanto ad Anna Magnani al Teatro Eliseo di Roma. Quindi interpreta: Sette giorni a Milano (1948); Sotto i ponti del Naviglio di A. Bracchi (1949); Addio vecchia periferia di M. Carotenuto (1950); Forse che Sud forse che Nord di Polacci e Fiorentino (1951); Carlo Gozzi di Simoni (1952) e I Pisuneint di Testoni (1956).

Rosario

Studia con Realito e debutta con suo cugino Antonio a Liegi nel 1928, inaugurando una partnership destinata a diventare la più famosa dell’epoca. Conclusa la collaborazione con Antonio nel 1953, nello stesso anno danza con Roberto Iglesias; in seguito fonda una sua compagnia per la quale coreografa diversi balletti, tra i quali Capriccio spagnolo (musica di Rimskij-Korsakov), El diablo en la playa , Café de burrero.

Rizzo

Formatasi alla danza contemporanea e al teatro, dal 1990 al 1993 è a New York dove studia alla Graham School e lavora con gruppi indipendenti. Rientrata in Italia nel 1994, danza con Roberto Castello e il teatro della Valdoca; è inoltre tra i fondatori del gruppo interdisciplinare Kinkaleri con il quale realizza Doom (1995), Super (1997), 1.8 c.c. (1997). Ospite di vari festival internazionali, nel 1997 rimonta Doom per MaggioDanza.

Ross

Herbert Ross si forma come ballerino a New York sotto la guida di Patova e Leslie e prende parte ancora giovane a numerosi musical di Broadway. Ha appena vent’anni quando gli viene data l’occasione di creare la sua prima coreografia per il balletto Sea Chanties che gli apre una brillante carriera nella danza classica contemporanea. Firma alcuni degli spettacoli di maggior successo degli anni ’50 come Pierrot and the Moon (1951), Ovid’s Metamorphoses (1958), Dark Songs (1959) e Toccata for Percussions (1960). A Hollywood arriva per la prima volta per le coreografie di Carmen Jones (1954) e vi è chiamato di nuovo per Il favoloso dottor Dolittle (1967) e per Funny Girl (1968). L’esito è tale che gli vale il contratto per la regia di Addio Mr. Chips (1969), in cui mette in luce una mano leggera ma decisa.

Si rivela un buon direttore di commedie come Il gufo e la gattina (1970), Provaci ancora, Sam (1972), California Suite (1978), ma padroneggia con sicurezza anche la materia drammatica in Appuntamento con una ragazza che si sente sola (1971), Soluzione sette per cento (1976), Fiori d’acciaio (1989), I corridoi del potere (1991). Con Pennies from Heaven (1981) inizia anche la carriera di produttore. I suoi film più intensi rimangono comunque quelli che ritraggono il mondo dello spettacolo e della danza come Funny Lady (1974), I ragazzi irresistibili (1975), Due vite, una svolta (1977), Nijinsky (1980), Footloose (1984). Vanta anche un’esperienza italiana come coreografo dei numeri di danza della commedia musicale Rinaldo in campo (1961) e dei tributi di Garinei e Giovannini a Renato Rascel in Rasceliana (1960) e a Delia Scala in Delia Scala Show (1961).

Ravenna Teatro

Nato nel 1991 dalla fusione del Teatro delle Albe (fondato da Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Luigi Dadini e Marcella Nonni) e la Compagnia Drammatico Vegetale (nata nel 1974 ad opera di Pietro Fenati, Elvira Mascanzoni, Ezio Antonelli e Maurizio Martini) di cui Marco Martinelli cura la direzione artistica, Ravenna Teatro è anche centro di produzione e svolge attività pedagogica, organizza inoltre seminari e laboratori teatrali. Le due compagnie che lo costituiscono si caratterizzano per il lavoro di sperimentazione ma, si diversificano per le differenti poetiche: la Compagnia Drammatico Vegetale sviluppa il suo lavoro nell’ambito del binomio linguaggio-musica operando nel settore teatro-ragazzi e di figura (Sogno di una notte di mezza estate, 1983; I viaggi di Simbad dalle Mille e una notte, 1981; Fil di suono, drammaturgia Drammatico Vegetale, 1966; La volpe Renarda 1997; Il viaggio in aereo, drammaturgia Drammatico Vegetale, 1997); il Teatro delle Albe a sua volta fin dal suo primo anno di vita (1983) ha sviluppato il proprio percorso intrecciando la ricerca del `nuovo’ alla lezione della grande tradizione teatrale.

Lo stesso Martinelli (regista e drammaturgo) scrive i testi e le storie pensandole per gli attori con cui lavora, i quali non si limitano ad interpretare ma sono veri e propri coautori degli spettacoli. Fondamentali all’interno del gruppo, oltre alle personalità di notevole qualità letteraria drammaturgica e registica di Martinelli, l’interpretazione visionaria e la vocalità inquietante di Ermanna Montanari e il lavoro sulle favole tradizionali di Luigi Dadina. Nel 1988 la compagnia del Teatro delle Albe acquisisce al suo interno attori senegalesi: Mandiaye N’Diaye, Mor Awa Niang e El Hadyi Niang. La formazione, divenuta afro-romagnola, pratica un originale ‘meticcio teatrale’ che coniuga drammaturgia e danza, musica e dialetti, invenzione e radici.

Gli spettacoli da Ruh. Romagna più Africa uguale (1988), fino All’Inferno (1996), affresco di varie commedie di Aristofane coprodotto con il Kismet Opera di Bari e il Tam Teatromusica di Padova, evidenziano la volontà del Teatro delle Albe di superare i limiti barriera nazionali e fare agire un teatro universale che pensi e rifletta su questo fine millennio. Nel 1991 con i Ventidue infortuni di Mor Arlecchino , rivisitazione goldoniana che ha visto la convincente interpretazione di Mor Awa Niang nel ruolo principale e la creazione della coppia nera Arlecchino-secondo Zanni, il Teatro delle Albe confluisce in R.T., arricchendosi di nuovi confronti con la Compagnia Drammatico Vegetale. Connotata da una poetica calda e raffinata, popolare ma non per questo priva di sottesi e arguti contenuti `politttttttici’ (il termine è stato coniato dallo stesso Martinelli, per sottolineare il bisogno di creare «inciampo nella resistenza al sopruso») il nuovo gruppo di Ravenna Teatro (premio Ubu 1996, per l’impegno e la ricerca linguistica), porta avanti la «coltura teatrale della città», ospitando gli spettacoli di altri gruppi e svolgendo un’intensa attività pedagogica nelle scuole. Nel 1997 nasce `Guediawye Theatre’, un centro attivo nella periferia di Dakar diretto da Mandiaye N’Diaye, la cui finalità è costruire eventi e spettacoli tra Ravenna e Dakar, in grado di approfondire e ampliare quei segni di `meticcio teatrale’ che hanno fatto delle Albe un’esperienza unica.

Rivel

Figlio d’arte, Charlie Rivel debutta a soli due anni nel numero di antipodista del padre, Andreu Pausas. Con i fratelli Polo, René, Marcel e Roger, riceve una formazione di carattere universale distinguendosi in barre fisse, anelli, corda molla e soprattutto trapezio basso. Dopo varie traversie con il piccolo circo di famiglia, i tre fratelli maggiori, Josep, Polo e René, con l’aiuto del padre, decidono di specializzarsi in due numeri, i volanti bassi e l’entrata comica, che rispetta il modello dei Fratellini: un clown bianco e due augusti con ruoli distinti. Nel 1916 R. debutta con la sua bella imitazione di Charlie Chaplin. Nel 1927, a un concorso di imitatori di Charlot, al quale in incognito partecipa persino lo stesso Chaplin, Rivel si aggiudica il primo premio, lasciando al vero omino in bombetta solo il piazzamento d’onore. Chaplin sbuffa: «Insomma è lei ad imitare me o sono io ad imitare lei?». I tre fratelli riscuotono un buon successo fra la prima e la seconda guerra mondiale, dapprincipio come `Los Andreu Rivels’ e, in seguito al successo dell’imitazione di Chaplin, come `Charlot Rivels y su Troupe’. Nel 1940 R. lascia il resto della famiglia e dopo pochi anni si ritira dalle scene. Nel 1952 Grock ( v. ) lo convince a riprendere la carriera. Rivel si trasforma allora da augusto a eccentrico solista, affermando la maschera del clown romantico, con il lungo camicione, il naso a cubo e una rosa fra le mani. È di quegli anni la memorabile parodia di una cantante lirica italiana, Maria Cinzano.

Nel frattempo Rivel si è sposato con Carmen Busto dalla quale ha quattro figli: la bellissima Paulina, unitasi poi con il valido addestratore di cavalli Albert Schumann, e tre maschi Juanito, Charlie e Valentino. Questi ultimi formano un numero acrobatico comico musicale, i “Charlivels”, che riscuote grande successo (per due volte alla Royal Variety Performance inglese, nel 1949 e nel 1958). La definitiva consacrazione di Rivel avviene nel 1974 quando il principe Ranieri gli consegna il primo Clown d’oro della storia di una manifestazione, il Festival di Montecarlo, destinata a diventare la più importante kermesse del settore. Il suo ultimo spettacolo ha luogo a Madrid nel natale del 1982, con il circo de Los Muchachos. Dimitri, famoso mimo svizzero, dice di Rivel: «È Picasso. Picasso che, con tre o quattro tratti sopra una tela, disegna e dona tutta la sua vita… perché dietro questi tre o quattro tratti inimitabili vi è la maturità di un uomo». A Rivel dal 1984 è dedicato un Festival internacional de pallassos che si svolge con cadenza biennale a Cornellá de Llobregat, una piccola cittadina nell’area metropolitana di Barcellona.

Ralli

Giovanna Ralli inizia a recitare da piccola, nel cinema, ne I bambini ci guardano di De Sica (1943) e poi, in Luci del varietà di Fellini e Lattuada (1951), a cui fanno seguito una serie di film comici o di costume, caratterizati da una sua presenza aggressiva e vivace di popolana istrintiva. Maturando il ruolo si precisa in parti più sfumate e drammatiche (Il generale della Rovere, 1969; Era notte a Roma, 1960; entrambi di Rosselini). Il suo primo grande ruolo teatrale è, nel 1957, Un paio d’ali, di Garinei e Giovannini con R. Rascel. Dopo il quale, è tornata di nuovo al cinema ( Per amare Ofelia di Mogherini, 1974; C’eravamo tanto amati di Scola, 1974). Nella stagione teatrale 1997-98 ha interpretato È stata una festa bellissima con A. Casagrande.