Mazzantini

Dopo il diploma all’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’, Margaret Mazzantini esordisce nel 1982 interpretando Ifigenia nell’omonima tragedia di Goethe, diretta da Aldo Trionfo; nella stessa stagione, sempre come protagonista, lavora in Venezia salvata di T. Otway, con la regia di G. De Bosio. Nella stagione 1984-85 recita in Tre sorelle di Cechov e nell’ Alcade di Zalamea di Calderón de la Barca, diretto da M. Sciaccaluga. Nel 1986 inizia una collaborazione con il regista Walter Pagliaro con Antigone di Sofocle, cui seguiranno Mon Faust di P. Valéry, nell’adattamento di G. Davico Bonino (1987), con Tino Carraro, Bambino (1988) di Susan Sontag e Praga Magica-Valeria (1989), allestiti in due edizioni del festival di Spoleto. Seguono A piedi nudi nel parco di N. Simon (stagione 1992-93), insieme a Sergio Castellitto (suo marito) e Colpi bassi di D. Scott, regia di L. Venturini con Giulio Scarpati (1994). Nel 1995 Sergio Castellitto dirige la pièce Manola , da lei scritta, e interpretata insieme a Nancy Brilli. La commedia viene replicata con successo anche nel 1996 e nel 1998. Numerose le sue partecipazioni televisive e cinematografiche. Nel 1995 ha pubblicato anche un romanzo, Il catino di zinco .

Meschke

Ha una formazione di mimo appresa a Parigi alla scuola di Etienne Decroux. In seguito si stabilisce a Stoccolma, dove, nel 1958 fonda il Mariotteatern, un teatro di marionette per adulti, che rappresenta, tra l’altro, I racconti di Hoffman di Offenbach (1959), L’histoire du soldat di Stravinskij (1959), Il principe di Homburg di Kleist (1962), L’anima buona di Sezuan di Brecht (1963). Con Ubu re (1964), misto di attori e di marionette, che ottiene un grande successo al Festival di Nancy nel 1968, inizia un nuovo esperimento di teatro totale: maschere, attori, burattini e giochi d’animazione a volte inscenati in strade e in luoghi aperti. Rappresenta così testi di Eschilo, Sofocle, Cervantes, Goethe, Claudel, e perfino la Divina Commedia di Dante. Con il saggio Un’estetica per il teatro di marionette , pubblicato nel 1989, spiega e teorizza le sue idee teatrali, rivendicando per il teatro di marionette una capacità e un’espressione artistica dello stesso livello di altre forme di spettacolo più riconosciute.

Magallanes

Allievo di Balanchine presso la School of American Ballet, ha danzato con il Ballet Caravan (1941), il Littlefield Ballet (1942), le Ballet Russe de Monte-Carlo (1943-46), il New York City Ballet (1946-1973), interpretando come primo ballerino: Night Shadow , Orpheus , La Valse , Western Symphony , Episodes , Liebeslieder Walzer , Midsummer Night’s Dream di Balanchine; The Guest , The Gage , The Pied Piper di Robbins; Illuminations di Ashton; The Unicorn , The Gorgon and the Manticore di Butler. Ballerino elegante, musicale e versatile, si è distinto nel repertorio neoclassico.

Marceau

Comincia come romanziere e solo successivamente si dedica al teatro. Il suo primo successo è L’uovo (L’Oeuf, 1956), riduzione teatrale di un suo romanzo Chair et cuir , che viene rappresentato per tre anni consecutivi al Théâtre de l’Atelier. Si tratta di un monologo in cui il protagonista ripercorre la propria vita, attraverso una serie di flashback che ne esibiscono gli eventi essenziali. La stessa struttura si ritrova nella pièce La pappa reale (La bonne soupe, interpretata da Jeanne Moreau nel 1958); è ancora un successo. Il tono dolce-amaro, velato di pessimismo, caratterizza anche le sue successive commedie: La preuve par quatre (1964, di cui è anche regista); Un jour j’ai rencontré la vérité (1967); Le babour (1969); Creezy (1969, che vince il premio Goncourt); A nous de jouer (1978); Appelez-moi mademoiselle (1984); Passions partagées (1987); Un oiseau dans le ciel (1989).

Melato

Attrice di temperamento versatile, in grado di interpretare la tragedia di Euripide e il musical di Garinei e Giovannini, il dramma psicanalitico di T. Williams e O’Neill e la commedia di Pirandello, la farsa di Fo e la barocca poesia in versi di Racine, la Parigi di Feydeau e la Milano di Bertolazzi, Mariangela Melato è nata a Milano in via Montebello, epicentro di Brera, dove avrà da giovane, complice il bar Giamaica, significativi incontri col mondo dell’arte. Di provenienza borghese, destinata all’attivo mondo del lavoro, la Melato inizia come vetrinista alla Rinascente, ma dentro coltiva un altro sogno, esprimersi con l’arte, recitare. Dapprima studia a Brera, poi si esibisce in allarmanti cambi di look, disegna manifesti, infine si iscrive alla scuola di recitazione della Sperani al Filodrammatici, dove viene scambiata, a sua insaputa, per una parente dell’altra Melato (Maria). Viene fuori subito un gran temperamento, soprattutto la voglia di tentare ogni strada espressiva. Laureata attrice, è scritturata per Piccola città di Wilder col Carrozzone di Fantasio Piccoli, un gruppo stabile ma girovago di Bolzano: è la gavetta, la classica battuta del `pranzo è servito’. Ma fa in fretta passi da gigante: la ragazza ha un tipo di comunicativa un po’ brutale, diversa, che dal palcoscenico `passa’ al pubblico. Ed eccola con Dario Fo e Franca Rame, nel settembre del 1965 all’Odeon di Milano, in Settimo ruba un po’ meno , che anticipava Tangentopoli; ma l’anno dopo non deve stupire trovarla con Ricci in Enrico IV e la stagione dopo ancora è vista e presa da Visconti per La monaca di Monza di Testori con la Brignone, poi per L’inserzione della Ginzburg. Se questi sono debutti ufficiosi, una gavetta ricca di talenti complementari, il primo successo personale la Melato lo ottiene come Olimpia nel mitico, rivoluzionario Orlando furioso di L. Ronconi, che prende il via nel 1969 al Festival di Spoleto e poi gira l’Italia e il mondo con entusiasmo garibaldino e un’accoglienza di pubblico trionfale. Spettacolo di rottura, che lo stesso regista traduce poi in bellissime immagini per la tv, l’ Orlando getta le basi del più proficuo rapporto di lavoro della Melato, quello appunto con Ronconi che la dirigerà in spettacoli memorabili: l’elisabettiama Tragedia del vendicatore di Tourner nel ’70 in una compagnia di sole donne, l’ Orestea , in cui è una prepotente Cassandra, nel ’72 a Venezia e poi in giro fino a Parigi; in L’affare Makropulos nel 1993 e una `dark lady’ hitchcockiana che visse due volte in Il lutto si addice ad Elettra di O’Neill, versione kolossal del ’97.

L’altro regista con cui la Melato ha lavorato in modo stabile è G. Sepe, che dal 1985 al ’92 ha realizzato con lei tre successi di segno molto diverso, sfidando gli stereotipi: il verismo sentimentale di Vestire gli ignudi di Pirandello; la forza barbara della Medea di Euripide e il dramma americano di Anna dei miracoli in cui la professoressa Melato insegna il palpito della vita a una bambina cieca e sordomuta. Importante, atteso, scritto nel `destino’ milanese, il suo debutto con Strehler nel ’79, nella terza, poetica edizione di El nost Milan di Bertolazzi: purtroppo, una prova unica. Ma la sua biografia non sarebbe completa se non si citasse il suo amore per la rivista (adorava il gusto camp lombardo dei Legnanesi): nel film Basta guardarla di Salce è un’irresistibile soubrette spagnola d’avanspettacolo. E in tv, prima di affrontare la sociologia della Vita in gioco, il ruolo di Avvocato delle donne e le malinconie milanesi della Lulu di Bolchi, apparve dapprima come ballerina scatenata, perfino, al fianco di Baudo, chiusa dinoccolata in una valigia. Furono Garinei e Giovannini a intuire il suo ramo di `follia’ teatrale, portandola in scena con Rascel e Proietti nella parte della prostituta dell’anno Mille in Alleluja, brava gente nel 1971, mentre con Giorgio Gaber reciterà La storia di Alessandro e Maria nell’82, teatro sentimentale a due voci. Naturalmente è il cinema l’ambito nel quale la Melato ha ottenuto, negli anni ’70, il vasto successo. Adoperando la vena grottesca lanciata dalla Wertmüller, l’attrice, da poco entrata nella “Treccanina”, lancia una coppia nazional-popolare con Giannini in Mimì metallurgico , Film d’amore e d’anarchia e Travolti da un insolito destino nel ’74. Ma, amante delle sfide impossibili, recita anche con Petri, Chabrol, De Sica, Steno, Vancini, Corbucci (un gustoso sketch con Celentano in Di che segno sei? ).

I risultati migliori, e molti premi, li ottiene con Monicelli in Caro Michele (1976), e con Brusati, che le offre un grande personaggio legato alla poetica della memoria dell’amore perduto in Dimenticare Venezia (1979), oltre alla occasione mancata del Buon soldato. Decisamente in sintonia la Melato si trova con G. Bertolucci, detective sotterraneo di un nuovo tipo di donna per il cinema italiano: ne fanno fede i due film bellissimi, Oggetti smarriti e Segreti segreti , mentre con Pupi Avati si diverte in un quasi musical, Aiutami a sognare . Nell’81 accetta una trasferta americana per la commedia Jeans dagli occhi d’oro con Ryan O’Neal, ma si rivela un’esperienza modesta. L’ultima parte della sua carriera è legata a una intensa, prepotente edizione teatrale di Un tram che si chiama desiderio di Williams diretta a spirale nell’inconscio da De Capitani, con le scene di Bruni, lo stesso `team’ con cui affronta nel ’95 il gusto iper-grottesco un po’ datato di Tango barbaro di Copi, addirittura en travesti. Legata ormai da molti anni allo Stabile di Genova, nel 1997-98 ha accettato di tornare al teatro di divertimento puro, in La Dame di Chez Maxim’s di Feydeau diretta da Arias, di cui è festeggiata mattatrice insieme a Pagni; ma per la legge del contrappasso decide, nel 1999, di interpretare con la regia di Sciaccaluga Fedra di Racine.

mentalismo

Il mentalismo è arte del varietà in cui, con tecniche di destrezza, di meccanica e di psicologia proprie di illusionismo e prestidigitazione si compiono esperimenti come trasmissione del pensiero, precognizioni e telecinesi. Nel mentalismo alcuni artisti dichiarano di essere prestigiatori (Silvan, Tony Binarelli) o di non esserlo (Giucas Casella o l’americano Kreskin). Giunto nel teatro al principio del secolo grazie alla popolarità del movimento dello spiritualismo, il m. nasce con artisti come i fratelli Davenport (che legati in un baule attiravano gli spiriti per muovere oggetti o suonare strumenti) o numeri di medium capaci di leggere a distanza, popolari soprattutto nei vaudeville americani. Il mentalismo più celebre è stato negli anni ’70 Uri Geller (poi smascherato da illusionisti). Negli anni ’80 una parte del m. si è notevolmente evoluta da curiosità a vera arte teatrale, grazie al movimento artistico della `bizarre magick’ (con autori e artisti di grande creatività quali Eugene Burger e Max Maven negli Usa e Christian Chelman in Europa) che ne ha scoperto il potenziale drammatico ed emotivo, tentando, con regia e drammaturgia specifiche, di restituire una profondità mistica alla magia su ispirazione di artisti come Peter Brook nel teatro.

Molin

Formatosi con Christian Ferrier, Daniel Franck e Stanley Williams, nel 1981 Alessandro Molin entra nell’Aterballetto dove si impone per personalità ed eleganza scenica affiancando spesso Elisabetta Terabust (Psyche a Manhattan di Amedeo Amodio, 1983). Dal 1986 al 1988 è primo ballerino all’English National Ballet e qui interpreta tutti i classici e titoli di Ashton (Apparitions), Béjart, Petit (Carmen). Etoile ospite del Teatro alla Scala nel 1989 e del Ballet der Deutschen Oper di Berlino nel 1990-92, in seguito, pur mantenendo il sodalizio con Aterballetto, diventa assiduo partner di Carla Fracci (Alma Mahler G. W. , 1994; Sogno di una notte di mezza estate , 1995; Jeux , 1996; La muta dei portici , 1998).

Marchand

Léopold Marchand debutta nel 1919 con la pièce Les Croyants , allestita nello stesso anno al Nouveau Théâtre Libre. Nel 1921, la grande Colette, già celebratissima in Francia, decide di proporre a Marchand, autore ancora non pienamente affermato, ma che ha già messo in luce buone capacità drammaturgiche, una riduzione teatrale a quattro mani del suo romanzo Chéri . Il successo della pièce convince i due a ridurre per il teatro un altro celebre romanzo di Colette, La Vagabonde (1923), opera ambientata nel variopinto mondo del music-hall. Caratterizzato da un vivace eclettismo, che lo fa spaziare attraverso molti generi teatrali diversi, dal vaudeville, alla commedia psicologica e sentimentale, al dramma macabro, Marchand riscuote un buon successo, dopo l’esordio con Colette, con opere quali La femmme du jour (1924), Mon gosse de père (1925), Nous ne sommes plus des enfants (1927), J’ai tué (1928) e l’operetta Durand, bijoutier (1930). Benché sia autore coltissimo e amante delle lettere, Marchand propone soprattutto opere leggere e brillanti in cui può profondere il suo senso dell’ironia, la sua spiccata fantasia e la sua capacità di inventare dialoghi immediati, freschi e vivaci. La sua ampia produzione teatrale conta circa una quaratina di opere. Durante gli anni ’20, Marchand accosta anche il mondo dorato di Hollywood, ingaggiato per un certo periodo dalla Metro Goldwin Mayer in qualità di soggettista e sceneggiatore cinematografico. Memorabile, il suo incontro con Marlene Dietrich. Pensando a una riduzione cinematografica di Chéri, Marchand racconta alla grande attrice tedesca il soggetto dell’opera basato sull’amore un po’ scandaloso fra la matura Léa e Chéri. La leggenda narra che l’attrice abbia risposto: «Una donna di cinquant’anni e un giovane di venti? Non vedo dove sia il problema». Chiusa l’esperienza americana senza produzioni di rilievo, Marchand, tornato a Parigi, si dedica all’adattamento cinematografico di alcune sue opere e al teatro scrivendo, fra le altre cose, anche il suo capolavoro Trois valses (1937), operetta che ha un’accoglienza trionfale. Il secondo conflitto mondiale interrompe l’attività di Marchand, che entra nella resistenza francese e vive per lungo tempo in clandestinità. Nel 1945 riaccosta il teatro (per esempio, la commedia musicale A l’aimable Sabine , 1947), e lavora nuovamente con Colette per la riduzione teatrale del romanzo La seconde (1950).

Messina

Vivace danzatore di carattere formatosi all’Accademia del Teatro Massimo di Palermo, Orazio Messina dopo aver danzato in varie formazioni italiane nel 1980 è entrato stabilmente nel corpo di ballo del Maggio Musicale, diventandone in seguito solista. Debuttò nella coreografia con il Collettivo Danza Contemporanea di Firenze (Tre volte lei , 1982) e negli anni ha collaborato come autore con il corpo di ballo del Maggio Musicale ( Sei personaggi in cerca d’autore , 1989), il Balletto di Toscana ( I tanghi del ricordo , 1988) e con Luciana Savignano ( Lo spettacolo della Luna , 1991) rivelando una chiara propensione lirica e sentimentale.

Mann

Thomas Mann nasce da una famiglia agiata, fratello di Heinrich con il quale intrattiene per tutta la vita un rapporto intenso e conflittuale; riceve nel 1929 il premio Nobel per la letteratura. Dal 1933 costretto all’esilio, si rifugia negli Stati Uniti. Per il teatro scrisse una sola opera, il dramma Fiorenza, pubblicato nel 1905. Fu portato sulle scene in ritardo e raramente: nel 1907 per la prima volta a Francoforte, nel 1908 a Monaco, nel 1913 a Berlino da Reinhardt, nel 1918 a Vienna. Ambientato nella Firenze di Savonarola, sviluppa il tema della lotta tra spirito e arte, del valore etico della concezione etica. Stroncata dal critico teatrale Alfred Kerr, nel complesso ebbe un limitato successo. M. scrisse inoltre numerosi saggi critici sul teatro, pronunciò un discorso sul teatro in occasione del festival di Heidelberg (1929) e fu autore di studi dedicati ad autori teatrali, specialmente a Schiller e a Wagner.

Montreal,

Ballets Jazz de Montreal è compagnia canadese fondata nel 1972 da Eva von Genczy, coreografa principale, in collaborazione con Eddy Toussaint, il quale nel 1974 fonda, a sua volta, un proprio gruppo e una propria scuola. Nonostante il successo ottenuto anche all’estero, la compagnia ha sofferto spesso di problemi finanziari, ma è riuscita sempre a risollevarsi allestendo interessanti lavori come Escargot di Louis Falco, Bad Blood di Ulysses Dove, Germinal di Iro Tembeck. L’orientamento artistico del gruppo, perciò, è passato dalla danza jazz propriamente intesa alla più vasta area della (modern jazz dance).

Maestri

Figlia d’arte, Anna Maestri studia recitazione alla Scuola d’arte drammatica `S. D’Amico’ fino al 1941, anno in cui decide di trasferirsi a Trento per combattere nella Resistenza. Esordisce sul palcoscenico nel 1945 con Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare e con Spirito allegro di N. Coward al fianco di R. Morelli e P. Stoppa. Nel 1946 recita accanto a V. Gassman in Le guerre spiegate ai poveri di E. Flaiano e interpreta, per la regia di Visconti, Delitto e castigo di G. Baty da Dostoevskij. Lavora ancora con Visconti in Vita col padre di Lindsay e Crouse (1947) e in Un tram chiamato desiderio di T. Williams (1949). Nel 1956 partecipa a una importante tournée in America, Russia, Germania e Spagna con la compagnia di Peppino De Filippo. Nel 1963 le viene conferito il premio S. Genesio come migliore interpretazione femminile in Otto donne di R. Thomas. Accanto a L. Volonghi recita ne Le baruffe chiozzotte di Goldoni per la regia di Strehler (1965 e 1966). Nel corso degli anni ’70 è ancora presente sulle scene del Piccolo Teatro di Milano ( La Betìa del Ruzante, Splendore e morte di Joaquín Murieta di Neruda, Il campiello di Goldoni diretto da Strehler e Non cantare, spara con il Quartetto Cetra) e al Teatro di Roma ( Terrore e miseria del terzo Reich , Celestina ). Degna di nota la sua attività cinematografica ( Totò, Eva e il pennello proibito del 1958, Torna a settembre del 1960). Da ricordare, infine, le sue apparizioni televisive, anche negli ultimi anni della sua carriera.

Maletti

Figlio di burattinai la cui dinastia è partita da Egidio alla fine dell’Ottocento. Cesare Maletti iniziò giovanissimo a manovrare i burattini nella baracca; ma, nel periodo del conflitto, spinto da necessità familiari intraprende altre attività. Dopo la guerra ritorna alla professione cercando di svecchiare il repertorio. Il suo capolavoro Fantasia per un burattino è infatti un collage di vecchi canovacci dell’Ottocento, rielaborati in chiave moderna e sottolineato dalla musica di Rossini. Nel 1970 dà vita con il figlio Mario (Modena 1947) al Teatro delle maschere. Per anni contemporaneamente all’attività di burattinaio ha raccolto marionette, burattini, scene e copioni con i quali ha allestito nel 1983 un Museo laboratorio a Modena.

Maiello

Raffaele Maiello è stato assistente-regista per dieci anni al Piccolo Teatro di Milano, poi ha curato autonomamente quattro regie: Patatine di contorno di Wesker (1966), Unterdenlinden di Roversi (1967), Marat-Sade di Weiss (1967-68), Visita alla prova de L’isola purpurea di Bulgakov-Scabia (1968-69). Dopo questa lunga e proficua esperienza teatrale decide di dedicarsi alla regia televisiva, specializzandosi come documentarista. Negli anni ’60 e ’70 gira film documentari per la televisione in tutte le zone del mondo politicamente e socialmente più calde, sempre dimostrando una perspicua capacità di coniugare l’esattezza del reportage con la cura stilistica: sarà così per il Vietnam, l’Africa, il Cile e il Pakistan. Torna al teatro nel 1975 con il Brecht di Un uomo è un uomo , non smentendo la sua vocazione per la cultura impegnata. Nel decennio successivo si occupa di nuovo di televisione.

Maxwell

Carla Maxwell entra nella compagnia di Limón (1965), dove danza in ruoli di spicco, interpreta il personaggio centrale, creato per lei, in Carlota (1972), l’ultimo balletto del maestro, e coreografa Sonata (1980). Diventa poi direttrice artistica della compagnia stessa (1978), affiancata per un periodo da Lutz Forster, formato a Essen e membro del Wuppertaler Tanztheater di Pina Bausch. Nota come danzatrice di grandi doti drammatiche, dalla ripresa di Psalm (1977) in poi è responsabile dei riallestimenti dei principali balletti di Limón in tutto il mondo.

Movers

Viene fondata nel 1986 a Zurigo da Bruno Steiner, che dal 1989 la dirige insieme con l’americano Moses Pendleton, coreografo stabile. Ha in repertorio titoli come BeautiFOOLS (1987), Babyzarr (1988) e AccorDION (1989). Appartiene alla corrente di matrice statunitense che comprende Pilobolus, Momix e ISO e che privilegia un uso del corpo plastico e acrobatico, con un particolare gusto per le trovate di movimento umoristiche e sorprendenti, non esente però talvolta da una ispirazione rituale e religiosa, sia pur trattata con leggerezza.

Magli

Artista tra le più raffinate e interessanti nel panorama di ricerca italiano Valeria Magli ha partecipato ad alcuni spettacoli di danza e poesia come Poesia ballerina da Le ballate della signorina Richmond (1978) e Milleuna di N. Balestrini, voce di Demetrio Stratos, spettacolo presentato al Centre Georges Pompidou di Parigi (1981), il suo Primule e sabbia (1983) che gli è valso il premio Pasolini. Sempre a teatro ha lavorato in Amleto non si può fare di V. Franceschi con la regia di F. Macedonio (1976), Le bain de Diane di P. Klossowski al Théâtre Rond-Point di Parigi (1986), Il processo di Kafka, regia di A. R. Shammah (1989) e L’avventuroso viaggio di Clementina Gnoccoli di A. Busi, regia di A. B. Tosco (1990). Ha collaborato anche con Studio Azzurro nel film L’osservatorio astronomico del sig. Nanof di P. Rosa (1984).

Manganelli

Autore di saggi, di romanzi, di racconti, di trattati e di commenti, con il suo sperimentalismo letterario sorretto da una profonda cultura e inventiva stilistica, Giorgio Manganelli è figura di grande rilievo del secondo Novecento italiano. Il suo primo testo è scritto direttamente per il teatro: si tratta di Hyperipotesi, rappresentato a Palermo per il convegno di fondazione del Gruppo ’63, di cui egli fu uno degli artefici. Successivamente, oltre a una serie di traduzioni per la scena, la sua attenzione per il teatro si affievolisce. Nel 1966, a Genova, presso il Teatro di piazza Marsala, viene allestito Teo o l’acceleratore della storia. Dell’anno successivo è la stesura di Monodialogo. Il funerale del padre – grottesco colloquio tra due uomini che, seguendo il funerale dei rispettivi padri, ammettono di esserne stati gli assassini – viene messo in scena a Napoli, al Teatro Esse, nel 1972, per la regia di Gennaro Vitiello. Cassio governa Cipro, rilettura capovolta – all’insegna dell’ironia destabilizzante – dell’ Otello scespiriano, allestito al Petrolchimico di Marghera in occasione della Biennale di Venezia nel 1975, è probabilmente l’opera che ha ottenuto maggiori riscontri. Nel corso dello stesso anno è stato trasmesso anche l’originale radiofonico In un luogo imprecisato . Non rare sono state le operazioni di adattamento per le scene di opere narrative di Manganelli, quale il monologo curato da Cherif a Firenze e a Todi tratto da Rumori e voci e la recente riduzione di Centuria proposta da Gioele Dix a Milano (1997) .

Micheli

Maurizio Micheli passa l’adolescenza a Bari e a vent’anni si trasferisce a Milano dove frequenta diplomandosi la Scuola d’arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano. È in questa città il suo esordio teatrale. Vive esperienze assai varie, dimostrando una buona capacità di adattarsi a espressività diverse. Tuttavia il suo specifico artistico rimane il comico. Interprete di numerosi spettacoli, con registi di fama come Patrice Chéreau e Aldo Trionfo, dal 1972 al 1977 si dedica al cabaret dove scrive e interpreta ben quindici spettacoli, tra cui Patria e mammà , Giovinezza addio , Magic modern Macbett e una versione di Cyrano . Nel 1978 scrive con Umberto Simonetta Mi voleva Strehler che colleziona oltre quattrocento repliche, un testo che racconta le attese e le speranze di un attore chiamato dal grande regista. Nel 1981 mette in scena al Teatro Piccola Commenda di Milano Né bello né dannato e nel 1984 è al Teatro Gerolamo di Milano con Nudo e senza meta , entrambi da lui scritti e diretti. È autore del testo Il lupo, messo in scena nel 1985 da Daniele Formica e nello stesso anno recita ne Il contrabbasso di Süskind, di cui cura la traduzione e l’adattamento. Poi scrive, dirige e interpreta lo spettacolo musicale Il complesso (1987). Dopo alcune fortunate esperienze televisive torna al teatro con la pièce In America lo fanno da anni (1988) scritta insieme con U. Simonetta, incentrata sul mondo della televisione. Nel 1989 recita in L’ultimo degli amanti focosi di Neil Simon per la regia di Nanni Loy e in Romance romance una commedia musicale diretta da Luigi Squarzina. Più di recente ricordiamo Disposto a tutto (1992) scritto insieme a Enrico Vaime e Cantando cantando (1994), di cui è autore e regista. La vena brillante caratterizza le ultime stagioni con le interpretazioni dei remake delle commedia musicale firmate da Garinei e Giovannini: Buonanotte Bettina con Benedicta Boccoli (1994-95) e Un paio d’ali con Sabrina Ferilli (1996-98). M. è inoltre autore di canzoni e di programmi televisivi tra cui: Al Paradise regia Antonello Falqui, Viva le donne e Grand Hotel scritto a quattro mani con Umberto Simonetta e Cinema che follia . Nel cinema è protagonista di uno dei migliori film di Bruno Bozzetto, Allegro ma non troppo (1978).

Maré

Il suo nome ha un posto di riguardo nella storia della danza del Novecento per essere stato, insieme al coreografo J&aulm;n Börlin, il creatore dei Balletti svedesi: avventura di breve durata – dal 1921 al 1925 – ma alla quale D. dedicò tutte le sue energie e la sua intelligenza. Come Diaghilev, guardò infatti alle tendenze artistiche a lui contemporanee e chiamò a collaborare all’impresa varie personalità dell’avanguardia degli anni ’20. Dopo lo scioglimento della celebre compagnia, insieme a Pierre Tugal, fondò Les Archives Internationales de la Danse, importante centro di documentazione che non ebbe tuttavia lunga vita.

Mattoli

Avvocato a Milano, Mario Mattoli si avvicinò alla società Suvini e Zerboni, della quale, dopo aver abbandonato la professione forense, divenne segretario. Si occupò dapprima dell’organizzazione degli spettacoli di varietà e, successivamente, della loro messa in scena. Nel 1928, insieme a L. Ramo, divenne capocomico, raccogliendo alcune compagnie sotto il nome di Spettacoli Za Bum, una sigla che divenne assai celebre in pochi anni. Esordì nella regia cinematografica nel 1934 con Tempo massimo . Cominciò così una prolifica carriera di regista e sceneggiatore, che lo portò a realizzare un notevole numero di film, soprattutto comici, che riscossero i favori del pubblico nonostante un non sempre elevato valore artistico. A portare al successo i suoi film furono soprattutto E. Macario (Imputato alzatevi!, 1939, Lo vedi come sei?, 1939, Non me lo dire!, 1940, Il pirata sono io!, 1940) e Totò (Miseria e nobiltà, 1954, Signori si nasce, 1960). Sotto la sigla ‘I film che parlano al vostro cuore’, Mattoli realizzò negli anni ’40 una serie di pellicole ispirate al cinema francese.

music-hall

Nato in Inghilterra agli inizi del secolo XIX, come derivazione dal parco dei divertimenti (pleasure garden) settecentesco, il music-hall si sviluppò e ebbe grande fortuna in epoca vittoriana, finendo col decadere e scomparire subito dopo la Prima guerra mondiale, quando la radio (e più tardi la televisione) sostituiranno i grandi spettacoli di varietà. In luoghi appositi, frequentati da un pubblico popolare, dai pub ai saloon, alle hall degli alberghi, e poi in seguito in veri e propri teatri di varietà, si esibivano attori e cantanti, mimi e comici, mentre gli spettatori continuavano a bere e mangiare, a schiamazzare o cantare in coro la canzone interpretata, manifestando in modi rumorosi quanto fosse piaciuto il numero o viceversa. Dickens ha descritto nei suoi romanzi il mondo del music-hall, nelle sue forme più primitive. In seguito il music-hall si è evoluto in forme più contenute e convenzionali; qualche volta si davano perfino commedie, e il boom fu enorme: i music-hall da 8 nel 1948 a Londra passarono nel 1954 a 92, artisti come Marie Lloyd e Charlie Chaplin vi debuttarono. E il grande Charlot, in uno dei suoi ultimi film, Luci della ribalta, del 1952, nel personaggio di Calvero fece rivivere pateticamente il mondo del music-hall e la sua decadenza.

Mann

La violenta denuncia delle ingiustizie e la satira della vita sociale sono i temi caratteristici della sua arte. Per il teatro scrisse 3 atti: il tiranno, l’innocente, varietà (1910), tre atti unici rappresentati con successo a Berlino; fu autore inoltre dei drammi Attrice (scritto per la sorella Erika nel 1911), Il grande amore (1913), rappresentato al Deutsches Theater di Berlino, Madame Legros pubblicato nel 1913 e messo in scena solo nel 1917 ai Kammerspiele di Monaco e al Lessing-Theater di Berlino, Brabach (1917), La via verso il potere (1919), Bibi. La sua giovinezza in 3 atti (1929); scrisse infine una sola commedia, La casa ospitale (1924). Nel 1930 dal suo romanzo Professor Unrat fu tratto il film L’angelo azzurro di J. von Stenberg.

Modugno

Autore di canzoni celeberrime, una sopra tutto, “Nel blù dipinto di blù”, detta “Volare”, da cui un suo soprannome internazionale `Mister Volare’. Negli anni ’50, prima di diplomarsi al Centro sperimentale di cinematografia, Domenico Modugno esordisce con piccoli ruoli in cinema. Nel ’52 è in teatro, Il borghese gentiluomo di Molière, e nel ’53 debutta in radio, nella trasmissione Il trampolino dove presenta le sue canzoni “Lu pisce spada” e “Ninna-Nanna”. Nella stagione 1953-54 in teatro partecipa con le sue canzoni a Controcorrente , con Walter Chiari. Nel 1956 è in tv (“L’Alfiere”, regia di Anton Giulio Majano) e nel ’58 vince per la prima volta il Festival di San Remo (che viene trasmetto in tv) con “Nel blù dipinto di blù” e fa il bis nel ’59 con “Piove”; da quel momento le sue canzoni acquistano la giusta notorietà e diventano in parecchi casi successi internazionali. Il cinema non ha mai offerto a M. occasioni degne di lui, il che non gli ha impedito di interpretare più di trenta film e anche di dirigerne uno ( Tutto è musica , 1963). Mentre in tv oltre a una partecipazione a “Canzonissima” (1970) è protagonista di uno sceneggiato, “Il marchese di Roccaverdina” (1972) di “Don Giovanni in Sicilia” (1977) e di “Western di cose nostre” da Sciascia. Molto teatro di prosa, interpretando Brecht e Pirandello, con un memorabile Liolà . M. è stato una delle figure di punta del musical italiano: ha scritto le musiche per tre di questi ed è stato il protagonista di due. Rinaldo in campo , di Garinei e Giovannini, con Delia Scala, Franchi e Ingrassia, 1962: un enorme meritato successo; Tommaso d’Amalfi , di Eduardo De Filippo, con Liana Orfei e, ancora, Franchi e Ingrassia, un enorme, non del tutto meritato, insuccesso; infine, a causa della malattia, rinunziò a esserne co-protagonista di Alleluja, brava gente di Garinei e Giovannini, con Renato Rascel, Luigi Proietti (che sostituì M.) e Mariangela Melato: in scena per due stagioni dal 1970 al ’72 e recentemente ripresa al Sistina in una nuova edizione. Nel 1972, M. ristabilitosi è protagonista, con la regia di Strehler e accanto a Milva de L’opera da tre soldi di Brecht con musica di Kurt Weill.

MacMillan

Allievo della Sadler’s Well’s Ballet School, Kenneth MacMillan entra nel Sadler’s Wells Theatre Ballet nel 1946, alla sua fondazione. Bravo danzatore classico, è passato nel 1948 al Sadler’s Wells Ballet al Covent Garden, tornando però in seguito a creare balletti per la compagnia più piccola. Grazie all’interessamento di Ninette De Valois, è stata presentata già nel 1956 al Sadler’s Wells un’intera serata dedicata a quattro sue creazioni, delle quali Danses Concertantes (musiche di Stravinskij) e Solitaire (musiche di Malcom Arnold) sono rimaste in repertorio. Nel 1958 ha creato il primo balletto coinvolgendo Lynn Seymour ( The Burrow su musica di Frank Martin), diventata in seguito la sua musa. La Seymour ha creato il principale ruolo femminile in The Invitation (musica di Mathias Seiber, 1960), balletto sull’iniziazione sessuale e, fra gli altri, Anastasia – (prima versione, in un atto, musica di Martinù, Berlino, 1967; al Royal Ballet in tre atti, i primi due su musica di Cajkovskij, 1971), nonché il ruolo di Giulietta nel popolare Romeo e Giulietta , creato per il Royal Ballet nel 1965 (anche se la prima rappresentazione è toccata a Margot Fonteyn). Nel 1966 è stato direttore del balletto del Deutsche Oper di Berlino, poi direttore artistico del Royal Ballet dal 1970 al 1977, mantenendo la veste di coreografo fino alla morte. Ha creato balletti anche per la compagnia di Stoccarda, fra i quali Das Lied von der Erde (musica di Mahler, 1965), Requiem (musica di Fauré, 1977) e My Brother, My Sisters (di Schönberg/Webern, 1978). Tutti e tre sono poi passati al Royal Ballet, per il quale ha creato numerosi altri balletti, fra i quali, in un atto, Elite Syncopations (musiche di Scott Joplin, 1974) e La Fin du Jour (da Ravel, 1979); in tre atti, Manon (di Massenet, 1974) e Mayerling (musiche di Liszt, 1978). Poco prima della morte ha anche allestito la coreografia del musical Carousel per il National Theatre. Anima irrequieta, ha spesso trattato temi tetri quali la perversione sessuale o la follia, ma ha anche ricreato versioni personali di classici quali La bella addormentata e Il lago dei cigni non senza un certo senso dell’umorismo.

Maggio

Beniamino Maggio era grande, e al di là di quanto lui stesso sapesse. Primogenito di una delle più straordinarie famiglie del teatro italiano, `Maggetiello’ (così lo chiameranno per tutta la vita amici ed estimatori) debutta ad appena cinque anni. Cesella refrain di canzoni dalle quinte, con una voce bellissima e spensierata che al Teatro Orfeo gli merita subito il soprannome di `cardillo’. Poi fa la sceneggiata con la compagnia del padre, il non meno grande don Mimì, introducendo gli spettacoli con proprie scenette e ancora canzoni. E, siccome più di tutto ama fare il ballerino acrobatico, nel 1918, a Taranto, cade durante una spericolata esibizione e si rompe una gamba. Ma non basta l’arto rimasto offeso a frenarne l’incredibile vivacità sul palcoscenico. Avanspettacolo e varietà, da un capo all’altro della penisola. Finché, a sorpresa, nel 1961, arriva la chiamata di Garinei e Giovannini per Rinaldo in campo , al fianco di Domenico Modugno e Delia Scala. È la consacrazione definitiva, ma `Maggetiello’ la rivista la faceva già da lunghi anni. E in uno di quegli spettacoli La Venere coi baffi , scritto per lui, nel ’57, da Amendola e Maccari – c’era, accanto a Beniamino, un cast assolutamente irripetibile: la sorella Rosalia, i fratelli Dante ed Enzo, Sandra Bellinari, Alfredo Rizzo, Elio Crovetto, Bob Vinci. E le musiche erano di un tal Giovanni Danzi. Che più? Certo, la Scarpettiana (dal 1955) e Il contratto Eduardo (1967), ma anche un’incredibile interpretazione dell’ Histoire du soldat di Stravinskij. Da citare, infine l’interpretazione autobiografica in `Na sera `e… Maggio (1982), il tributo che Antonio Calenda dedica a lui e a Pupella e Rosalia a partire dai loro racconti.

Melato

Dopo svariate esperienze fra i filodrammatici, Maria Melato fu scritturata da Berti (1904) per diventare primattrice giovane con I. Gramatica e F. Andò. Decisivi furono i dodici anni trascorsi nella compagnia diretta da Talli, avendo in repertorio Bernstein, Bataille, Niccodemi, Brieux, per poi affrontare Goldoni, Andreev,Rosso di San Secondo, D’Annunzio. All’Immaginifico restò fedele anche dopo aver fatto compagnia col Betrone, in coerenza con la nativa vocazione drammatica e la propensione per la scrittura alta. Accostata dai suoi ammiratori alla Duse per la stessa tensione emotiva e per la sensibilità esasperata, possedeva un registro vocale che la induceva a compiacimenti fonici eccessivi, tanto da essere maliziosamente accusata di `cantare’. Nel triennio 1937-40 fu protagonista de La duchessa di Padova di Wilde e della Tosca di Sardou, mentre nel dopoguerra ripropose D’Annunzio, Praga, Cocteau, congedandosi dalle scene (1948) con Casa paterna di Sudermann, prima di ritirarsi in Versilia. Poco significative le interpretazioni cinematografiche nel muto e nel parlato.

Moscato

Capofila della ‘nuova drammaturgia napoletana’ degli anni ’80, Enzo Moscato ha segnato questa stagione con prove come Embargos (premio Ubu 1994), Rasoi (premio della Critica italiana, Biglietto d’oro Agis) e con drammi, commedie, monologhi che da Festa al celeste e nubile santuario , a Pièce Noire , Occhi gettati , Cartesiana , Partitura , fino ai recenti Mal-d’-Hamlé (1994), Recidiva (Biennale di Venezia, 1995), e Lingua, carne, soffio (Santarcangelo, 1996), esplorano con audacia e sensibilità una pluralità di registri linguistici e idiomatici arcaici e contemporanei. Partendo dalla contraddittoria e complessa realtà sociale partenopea, e cercando nella contaminazione la forma di una modernità espressiva, aspira a un `teatro di poesia’ di ascendenza pasoliniana, con rimandi a Genet, Artaud e ai `maledetti’ (tra cui Rimbaud, `musa’ del recente Acquarium Ardent e oggetto di studio in un saggio di carattere semiotico pubblicato in precedenza). Premio Riccione-Ater, premio Ubu nell’88 come nuovo autore, Oscar della radio italiana e primo premio al Festival internazionale di Radio Ostankino (Russia), ha tradotto Ubu re di Alfred Jarry, e ha lavorato anche nel cinema con Mario Martone in Morte di un matematico napoletano (1992), con Pappi Corsicato in Libera (1993), e con Raul Ruiz in Il viaggio clandestino (1993) .

Montanari

Insieme a Marco Martinelli, Luigi Dadina e Marcella Nonni nel 1983 Ermanna Montanari fonda a Ravenna il Teatro delle Albe, destinato a dar vita nel 1991 al centro per la ricerca teatrale Ravenna Teatro. Come attrice e scenografa, secondo la regia di Marco Martinelli, mette in scena fra gli altri Ruh , Romagna più Africa uguale (1988), Siamo asini o pedanti? (1989), Bonifica (1989), All’inferno! (1996) e Perhindérion (1998), all’interno di un itinerario che sposa ricerca e sperimentazione linguistica all’attenzione per il proprio patrimonio etnico e antropologico. Nel 1991 crea il Linguaggio della Dea, uno spazio in cui `pensare al plurale’, possibilità di riflessione sul femminile attraverso l’incontro e il confronto di esperienze. Le linee fondative del suo percorso artistico disegnano tracce di un’incessante ricerca, che è memoria e corpo di una terra che cerca di farsi linguaggio. Inseguendo il segreto di parole aggrovigliate nel silenzio del corpo, l’attrice ritorna attraverso lo spazio del teatro a quella terra che per `eccessiva identità’ avrebbe forse voluto dimenticare: il dialetto romagnolo le consente di riappropriarsi del sangue e di «esprimere con forza le azioni senza separarle dalle parole». Un viaggio continuo e rinnovato nella propria preistoria, che la vede protagonista non solo come attrice ma anche come autrice e regista in Confine (1986), finalista nel premio Opera Prima di Narni, in Rosvita (1991), in Cenci da Artaud e Shelley (1993), in Ippolito da Euripide e Marina Cvetaeva (1995), e soprattutto in Lus , canto in dialetto romagnolo del poeta Nevio Spadoni. In Lus , le gambe nude sospese nel vuoto buio, l’attrice è Belda, strega dei miracoli, il cui linguaggio si fa canto e grido recuperando l’essenza archetipica della parola. Ermanna dei presagi.

Martins

Peter Martins si forma presso la scuola del Balletto Reale del suo Paese, per entrare poi nella compagnia (1965), diventandone solista (1967). Passa in seguito al New York City Ballet, come primo ballerino (1969), e crea ruoli in In the Night (1970), The Goldberg Variations (1971), Piano Concerto in G (1975) di Robbins e in Violin Concerto, Duo Concertant (1972), Davidsbündlert&aulm;nze (1980) di Balanchine, di cui interpreta anche splendidamente Apollon Musagète . Passa intanto alla coreografia debuttando con Calcium Light Night (1977) e diventa primo maître de ballet del New York City Ballet nella stagione 1984-85 e poi direttore nel 1990, succedendo a Balanchine. Tra i suoi lavori più noti: Les petits riens , Les gentilhommes , Far from Denmark (1982), Ecstatic Orange (1987), Sleeping Beauty (1991). Per il 40º anniversario della fondazione della compagnia (1987) invita numerosi coreografi a creare brani originali, tra cui Laura Dean, Feld, Forsythe, Lubovitch, Taylor, Helgi Tomasson. Organizza poi tre edizioni del Diamond Project, alla ricerca di nuovi autori per arricchire il repertorio del New York City Ballet, nell’intento di non farne esclusivamente una compagnia museale nel nome di Balanchine.

Muller

Jennifer Muller studia presso la Juilliard School, sotto l’influsso di Tudor, e con Graham, Craske, Horst, Sokolow. Danza in seguito con varie compagnie, tra cui quelle di Pearl Lang, Limón e Falco, di cui diventa direttrice associata (1972). Fonda il Lecture Concert Trio e poi il suo gruppo, The Works (1974), per il quale crea numerosi brani. Tra i suoi lavori: Rust-Giacometti Sculture Garden (1971); Tub Lovers (1973); Speeds (1974); Predicaments for Seven (1977); Chant (al festival d’Avignone, 1980); Enigma (1986); The Spotted Owl (1995); A Broken Wing , Fruit (1997). Collabora inoltre con Falco alle coreografie per il musical Fame (1980) di Alan Parker. È invitata a creare balletti per il Nederlands Dans Theater ( An American Beauty Rose , 1974, e Strangers , 1975), l’Alvin Ailey Dance Company ( Crossword ), e l’Aterballetto ( Volo di un uccello predatore , su musica di Jan Garbarek e Nanà Vasconcelos, 1989). Appartenente all’ultima generazione della più autentica danza moderna americana, la sua vena compositiva, che poggia su modalità rigorosamente strutturate, ne ha fatto un’autrice di elezione anche per le compagnie di base classica.

Marquez

Dopo gli studi con Paco Torres, José Granero e Merche Esmeralda e il debutto con il gruppo di Rafael Aguilar, Antonio Marquez nel 1982 entra nel Ballet Nacional de España diventandone solista nel 1985. Stesso ruolo ricopre poi nel Ballet Español de Madrid (1990) e nel Ballet de Murcia (1992), fino a rientrare nel Ballet Nacional nel 1993 in qualità di primo ballerino ospite. Formata la propria compagnia nel 1995, si dedica anche alla coreografia firmando tra gli altri Noche Flamenca (1995), Bolero (1997), Flamenco (1998). Ricco di temperamento scenico e forza interpretativa è considerato tra i migliori artisti della più recente generazione del `baile’, primeggiando nell’esecuzione virtuosistica dello `zapateado’.

Mazzucchelli

Ettorina Mazzucchelli ha studiato alla Scuola di ballo della Scala con Achille Coppini e Raffaele Grassi e a quindici anni è stata scelta da Mikhail Fokine come solista nei suoi Cleopatre e Shéhérazade . Nominata prima ballerina assoluta del corpo di ballo scaligero nel 1912, ha partecipato a creazioni di Nicola Guerra ( Siama , 1912) e Raffaele Grassi ( Carillon magico , 1918). Dal 1915 al 1926 danza al San Carlo di Napoli e in numerose tournée estere. Conclusa l’attività nel 1933, ha diretto fino alla morte la scuola di ballo del Teatro alla Scala, formando danzatori come Olga Amati, Luciana Novaro, Elide Bonagiunta, Walter Venditti.

Morini

A partire dal 1965 ha realizzato per la Rai un centinaio di programmi culturali, dirigendo sceneggiati e commedie tra le quali “I sciuri” di Carlo Bertolazzi, “La guerra” di Bettini-Albini e “Una famiglia di Cilapponi” di Carlo Dossi. Regista scrupoloso e dotato di sensibilità, per il teatro ha messo in scena per la prima volta in Italia Company di S. Beckett (Roma, 1987) e La grande strada maestra di Cechov (San Miniato, 1990). Per la riapertura del Teatro Carcano di Milano ha allestito Come vi piace di Shakespeare (1980). Sempre nel 1980 si segnala un raffinato allestimento di Tristi amori di G. Giacosa. Ha lavorato con i principali protagonisti della scena italiana, tra i quali Renato De Carmine ( Il malato immaginario , 1986), Lauretta Masiero ( Casina di Plauto, 1991), Ernesto Calindri (oltre che nella Casina , in Pensaci, Giacomino! di Pirandello, 1992). Dal 1990 al 1998, ha insegnato drammaturgia alla Scuola d’arte drammatica `P. Grassi’ di Milano.

Morlacchi

Dopo aver frequentato l’Accademia dei Filodrammatici, Lucilla Morlacchi nel 1955 debutta con la compagnia Calindri-Volonghi; ma l’inizio della sua carriera teatrale è determinato dall’incontro con Visconti che la sceglie per la parte di Rosangela nell’ Arialda di Testori (1960). Dal 1961 al 1964 lavora per il Teatro stabile di Genova dove ha modo di maturare le sue doti di attrice drammatica ( Uomo e superuomo di Shaw per la regia di Squarzina, Il diavolo e il buon Dio di Sartre, Il matrimonio di Figaro diretto da Puecher). Lavora anche per la televisione dove acquista popolarità con sceneggiati quali Ottocento (1959) e La figlia del capitano (1965). Nel 1965 è chiamata nuovamente da Visconti per interpretare il ruolo di Varija ne Il giardino dei ciliegi di Cechov. Intanto continua la sua collaborazione per lo Stabile di Genova recitando, tra gli altri, in Madre Coraggio di Brecht (1970) e Questa sera si recita a soggetto di Pirandello (1972), entrambi per la regia di Squarzina. Successivamente con Ronconi recita in Anitra selvatica di Ibsen, nella stagione 1976-77. Negli anni ’80 inizia un lungo sodalizio artistico con Franco Parenti: Il malato immaginario (1980, regia di Shammah); Tartufo (1983, regia di P. Lotschak); I promessi sposi alla prova di Testori (1984, regia di Shammah); Orestea di Eschilo (1985, regia di Parenti); Filippo di Alfieri (1987, regia di Testori); Cantico di mezzogiorno di Claudel (1988, regia di Shammah). Nel 1990 è protagonista della tragedia di Schiller La sposa di Messina e ottiene il premio Eleonora Duse come migliore attrice dell’anno per l’interpretazione di Solange ne Le serve di Genet, diretto da M. Castri. L’anno seguente recita in Alceste di Euripide prendendo parte, così, a uno dei tre lavori che compongono lo spettacolo Nell’intima dimora progettato da W. Pagliaro. Nel 1995 interpreta Ritorni d’emozione di Wenzel sempre per la regia di W. Pagliaro e nel ’96 è interprete di I Turcs tal Friul di Pasolini allestito da Elio De Capitani. Da ricordare, nella sua attività cinematografica, la partecipazione a Il Gattopardo di Visconti (1963), dove interpreta il ruolo di Concetta.

Moretti

Mario Moretti è stato ordinario di lingua francese in Italia e lettore d’italiano all’Università di Stoccolma. Ha ricoperto ruoli dirigenziali in vari enti teatrali ed è tra i più attenti ed entusiasti valorizzatori della drammaturgia italiana, di cui si è fatto promotore anche all’estero. Ha fondato e diretto alcuni teatri romani, tra cui quello dell’Orologio. Fonti per la sua vasta produzione sono state la storia, la cronaca, la letteratura e il mito, trasposte sulla scena attraverso i più svariati generi, tra cui la prediletta commedia musicale. Tra i suoi testi si ricordano: Stivali sulla Grecia (1967), Processo a Giordano Bruno (1969), La rivoluzione di fra Tommaso Campanella (1972), Il testamento di Allende (1973), I terroristi (1982), Raccontare Nannarella (1986), Viktor e Viktoria, Una donna in Vaticano , Isola di nessuno (1986-1987), Amerika (1996). Ha collaborato alla sceneggiatura del film Giordano Bruno di G. Montaldo.

May

Dopo gli studi alla Theaterschule di Lipsia, nel 1942 debutta in Moral di Ludwig Thoma alla Komödienhaus di Dresda. Lavora quindi a Danzica, Lipsia, Schwerin, Halle e, dal 1951 al 1962 al Deutsches Theater di Berlino; nel 1962 viene scritturata dal Berliner Ensemble. Interpreta ruoli importanti come Eboli nel Don Carlos di Schiller (1952), Regan nel Re Lear di Shakespeare (1957), Marie nel Woyzeck di Büchner (1958), tutti con la regia di Wolfgang Langhoff. Lavora in ruoli brechtiani come Celia Peachum nell’ Opera da tre soldi (1966), è protagonista in Madre Coraggio e i suoi figli (1978). Con le sue tournée attraverso l’Europa e gli Usa in cui interpreta le canzoni scritte da Brecht ottiene fama internazionale. Nel 1974 è definita dal settimanale “Stern” «l’usignolo del socialismo». Ha recitato in diversi film e produzioni televisive.

Monfort

Debutta nel 1945 in La casa di Bernarda Alba di García Lorca. Interpreta con uguale intensità testi del teatro moderno e di quello classico: L’aquila a due teste di Cocteau (1946); Shéhérazade di Supervielle (1948); Le Cid di Racine (1951, con Gérard Philipe, al T.N.P.); L’isola delle capre di U. Betti (1953); Orestea di Eschilo, nell’adattamento moderno di A. Obey (1955). Lavora anche per il cinema e la televisione. Nel 1972 la città di Parigi le affida uno spazio nel Marais perché dia vita a un suo teatro (Le Carré Sylvia Monfort). Oltre all’allestimento di spettacoli teatrali, il Carré ospita balletti e le esibizioni del circo Grüss. Nel suo teatro la M. recita: Petit déjeuner chez Desdémone di J. Krasinski (1981); Fedra di Racine (1982); La panne di Dürrenmatt (1984); La tour de Nesle di Dumas (1986); Britannicus di Racine (1987).

Miró

Ricondotta al movimento surrealista teorizzato da André Breton negli anni ’30, la pittura di M. è in realtà di difficile catalogazione. L’abolizione di elementi simmetrici, la ricerca del vuoto e la creazione di uno speciale alfabeto simbolico presente con continuità nella sua opera pittorica sono le caratteristiche principali della sua arte, ispirata all’inconscio, alla natura e al sogno. Il suo primo contatto con il mondo del teatro risale al 1926. In collaborazione con Marx Ernst, dipinse gli scenari del balletto Romeo e Giulietta per i Balletti Russi di Diaghilev. Dai progetti custoditi nel Wadsworth Atheneum di Hartford deduciamo che gli scenari erano perfettamente in linea con la sua pittura, onirica, fatta di paesaggi immaginari. Nel 1931 l’artista realizza le scene, i costumi e i giocattoli per il balletto Giochi di bambini (su musica di Bizet e libretto di Boris che si terrà l’anno seguente al Gran Teatro di Montecarlo. M. non riprende a lavorare per il teatro fino al 1978 quando con la compagnia catalana La Cacla disegna le maschere e i costumi per i personaggi di Mori el Merma . Tra i disegni, abbozzi e appunti conservati alla Fondazione Mirò si trova una copia di Ubu Roi , opera di Alfredo Jarry a cui l’artista si è ispirato. L’ultimo lavoro teatrale di M. è per il balletto L’uccello di luce di Jacques Dupin messo in scena a Firenze.

Marescotti

Ivano Marescotti inizia la carriera di attore teatrale e cinematografico (con Moretti, Benigni, Von Trotta, tra gli altri) a trentacinque anni, «quando gli altri smettono». Dalla fine degli anni ’80 lavora con Albertazzi, De Berardinis, Salmon (La signorina Else), Santagata e Morganti (L’alba sotto casa Steinberg), Cecchi (Amleto), Piccardi, Denizon e Martone (Woyzeck). Nella stagione 1997-98 interpreta Blues in sedici di S. Benni e A Ca’ de’ GeavulL’Infern o per la regia di B. Stori.

Milli

Artisticamente Camillo Milli nasce al Piccolo Teatro dove partecipa, dal 1951 al 1953, a Oplà, noi viviamo di Toller, al goldoniano Arlecchino servitore di due padroni di Strehler, e a molti altri spettacoli. Nel 1963 è al Teatro di Genova dove partecipa alle maggiori produzioni come I due gemelli veneziani di Goldoni e La coscienza di Zeno di Svevo. Dal 1989, prima con Giulio Bosetti e poi con lo Stabile del Veneto, recita ne La bottega del caffè di Goldoni. Tra le tante interpretazioni ricordiamo: Io di Labiche, regia di Benno Besson e due spettacoli di Sciaccaluga, l’ Ivanov di Cechov e Un mese in campagna di Turgenev.

Marcucci

Egisto Marcucci abbandona, poco prima della laurea, la facoltà di lettere di Firenze per iscriversi al corso per attori alla Civica scuola del Piccolo Teatro di Milano. Diplomatosi nel 1961, partecipa a numerosi spettacoli del Piccolo e di Visconti, con cui interpreta nel 1967 Egmont di Goethe. Nel 1969 è tra i fondatori del Gruppo della Rocca e nel 1972 debutta nella regia con Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. Da questo momento in poi, grazie anche alla collaborazione con il gruppo, si dedica esclusivamente alla direzione, allestendo Il mandato di Erdman (1976), Ballata e morte di Pulcinella capitano del popolo di I. dell’Orto (1977) tratto dal romanzo di L. Compagnone e Il suicida di Erdman (1978). Dal 1979 al 1981 insegna alla scuola del Teatro stabile di Genova, dove approfondisce nuove idee sulla pedagogia dell’attore, che si riflettono nelle messe in scena di Re Nicolò di Wedekind, Emma B. vedova Giocasta di Savinio e Il rinoceronte di Ionesco. Seguono regie significative di opere non convenzionali quali: Il vampiro di San Pietroburgo di Suchovo-Kobylin (1984), La lezione di Ionesco (1986), La coscienza di Zeno di Kezich da Svevo e Il silenzio delle sirene di Albertazzi e Del Corno (1987), La marchesa von O. dalla novella di Kleist (1990), La famiglia Mastinu di Savinio (1990), Stadelmann di C. Magris e Il suo nome di A. Savinio (1991). Ha curato anche la regia di opere liriche, tra cui: L’italiana in Algeri (1981) e Il turco in Italia (1982) di Rossini e Giulio Cesare di H&aulm;ndel (1989). Ultime regie: Dyskolos (1995) di Menandro, La lezione (1996) e Le sedie (1997) di Ionesco, Una burla riuscita da Svevo (1988).

Marzi

Dopo l’esordio nel teatro di rivista, con Amanti in fuga del 1947, iniziò la carriera di attrice cinematografica. Tra il 1950 e il 1960 partecipò a numerosi film comici e sentimentali, cui perfettamente si addiceva la sua bellezza prosperosa. Tra questi: Bellezza in bicicletta del 1951, Fermi tutti, arrivo io! del 1953 e Racconti d’estate del 1958.

Majorino

Capo redattore e redattore delle riviste “Il Corpo” e “Incognita”, Giancarlo Majorino collaboratore della Radio della Svizzera Italiana. Per il teatro ha scritto: L’uccellino meschino – rappresentato al teatro Out-Off di Milano nel 1979 – e Elektra , realizzato in collaborazione con Cinzia Bauci, su testi di Eschilo, Sofocle, Euripide, Hoffmannsthal e O’Neill.

MacBride

Formata alla School of American Ballet, Patricia MacBride entra nell’André Eglevsky Ballet Company (1958) e poi nel New York City Ballet (1959), dove diventa prima ballerina (1961). Danza ruoli da protagonista in lavori di Balanchine ( A Midsummer Night’s Dream, Tarantella, Harlequinade, Brahms-Schoenberg Quartet, Jewels, Who Cares?, Le Baiser de la Fée, Coppelia, Pavane pour une Infante défunte) e di Robbins (Dances at a Gathering, The Goldberg Variations). Si ritira dalle scene nel 1989, dopo una carriera che l’ha vista eccellere anche nei ruoli romantici.

Mercatali

Diplomata all’Accademia di Roma, Magda Mercatali debutta nel cabaret ma si forma con Gassman. Negli anni ’70 lavora in televisione (La trilogia della villeggiatura di Goldoni, regia di M. Missiroli) e con la compagnia Belli ( Una tranquilla dimora di campagna di Witkiewicz, Ore rubate di M. Sbragia, Diario di Giovanni seduttore di R. Lerici, Lulù – di Wedekind, Cuore di cane di Bulgakov). Dopo un’esperienza al Piccolo Teatro di Milano e allo Stabile di Genova, negli anni ’80 è col Teatro di Roma; tra gli spettacoli, Timone d’Atene di Shakespeare (regia di L. Squarzina), Il tacchino di Feydeau (regia di E.M. Salerno). Ultimamente ha interpretato con successo L’impresario delle Smirne di Goldoni, con la regia di A. Martino.

Moriconi

(V. Abbruzzetti; Jesi, Ancona, 1931 – Jesi, Ancona, 2005), attrice. Inizia a recitare in una compagnia studentesca e, dopo essersi sposata con Aldo Moriconi – da cui presto si separerà – si trasferisce a Roma. Qui frequenta il giro del Caffè Rosati insieme al marito e conosce Lattuada che la chiama a recitare ne Gli italiani si voltano (episodio di Amore in città , 1953) e ne La spiaggia (1953). Dopo l’esordio cinematografico, nel 1957 incontra E. De Filippo che, intuendo il talento dell’attrice, le affida il ruolo della protagonista femminile in De Pretore Vincenzo . L’esperienza con Eduardo segna l’inizio di una lunga e complessa carriera teatrale che porterà la M. a confrontarsi con ruoli e autori sempre diversi, spaziando dai classici greci a Bernhard, da Goldoni a Williams. Nel 1958-59 lavora con Lucignani in Girotondo di Schnitzler e in Un amore a Roma di E. Patti; quindi entra nella compagnia del teatro della Cometa di Roma dove ha modo di osservare il lavoro di grandi attrici come la Brignone e la Pagnani. Nel 1960 è scelta da Visconti per la parte di Mina ne L’Arialda di Testori che a Milano viene ritirata dalle scene per lo scalpore che solleva. Da Visconti, che M. ricorda come «un dio dispotico, molto duro durante le prove e insieme dolcissimo» impara a studiare il personaggio osservandolo nella realtà in cui si muove; così, per l’interpretazione di Mina analizza, insieme al regista, le movenze e le abitudini delle prostitute. Sempre nel 1960 al festival internazionale del teatro di Bologna conosce Enriquez con il quale avvia un profondo sodalizio artistico che dà vita dal 1961 al ’64 alla Compagnia dei Quattro (assieme a Mauri e Scaccia, cui poi si sostituirà Luzzati). Tra gli spettacoli proposti: Il gesto di Codignola e La bisbetica domata (1962); Andorra di M. Frisch, Niente per amore di O. Del Buono (1963); Edoardo II di Brecht-Marlowe, Il vantone di Pasolini (1964). Con Enriquez lavora ancora negli anni ’70 in Storie del bosco viennese di O. von Horvath (1977) e in L’hai mai vista in scena di Fabbri (1979). Intanto interpreta diversi sceneggiati per la televisione: Pigmalione (1962), La presidentessa (1968), Il mulino del Po seconda parte (1971), Così è se vi pare (1974). Instancabile nella sua totale dedizione al teatro, nell’ultimo ventennio ha dato vita a una serie di interpretazioni memorabili per l’attenzione rivolta allo studio e alla caratterizzazione del personaggio. Nel 1982 veste i panni di una madre `edipica’ in Emma B, vedova Giocasta di Savinio per la regia di Marcucci (spettacolo ripreso nelle due stagioni successive) dove «al pieno dello spledore espressivo» come commenta Quadri «la ritroviamo ancora bravissima nell’affrontare, con una precisione vocale intensa quanto l’introspezione psicologica, questa figura di una madre in attesa di ritrovare il figliuol prodigo di ritorno a lei». Nel 1986 è la volta di Filumena Marturano di E. De Filippo, mentre nel 1988 affronta l’affascinante figura di Cleopatra in Antonio e Cleopatra per la regia di Cobelli. L’anno dopo è impegnata nell’interpretazione di un’altra figura materna nel testo di Bernhard Alla meta . Seguono Madame Sans-Gène di Sardou (1989-90, regia di A. Trionfo), Trovarsi di Pirandello (1992, regia di Patroni Griffi), L’interrogatorio della contessa Maria di Palazzeschi (1993, regia di Marcucci), Vetri rotti di Miller (1995, regia di Missiroli). Nel 1995 le viene conferito il premio Eleonora Duse. L’anno seguente porta sulle scene, con la regia di G. Vacis, La rosa tatuata – di Williams, confrontandosi con la celebre interpretazione della Magnani nell’edizione cinematografica. Sempre nel ’96 è una splendida Medea al teatro greco di Siracusa e, affascinata dalla magia di questo teatro, ripete l’esperienza siracusana nel 1998 interpretando Ecuba per la regia di Salveti.

Mazzarella

Figlio d’arte (la madre era primattrice di una compagnia di giro), Piero Mazzarella affronta la prima recita a dieci anni, nel ruolo femminile di Cosetta nei Miserabili da Hugo. Dopo la guerra lavora in rivista e nel teatro di prosa ma, persa la moglie, decide di fermarsi a Milano e si dedica a quel teatro dialettale che farà la sua fortuna. Attore «che non recita mai», ha fatto proprio il repertorio meneghino, dirigendo dagli anni ’80 a Milano prima il Teatro San Calimero, poi il Teatro della 14ma (tra le commedie più recenti, La rava e la fava del fratello R. Silveri). Interprete amato da Strehler ( El nost Milan , 1961), ha fatto brevi incursioni nel cinema di Lizzani, Petri, Risi e Festa Campanile e negli anni ’90 è stato diretto da A.R. Shammah nella Tempesta di E. Tadini e nel Re Lear shakespeariano, anche se i suoi primi ruoli per Shakespeare furono quelli di un becchino nell’ Amleto e di Frate Lorenzo in Romeo e Giulietta .

Mosca

Giovanni Mosca scrive le sue principali commedie tra gli anni ’40 e ’60. Tutti i testi nascono dalla volontà di leggere la società contemporanea, con l’occhio di un moralista che usa l’ironia per fustigare i costumi. In essi si sente riecheggiare quella vis satirica – pur nei limiti di una visione del mondo piccolo-borghese – che ha animato le sue vignette sul “Bertoldo” e sul “Candido”. Le opere più rilevanti sono L’ex-alunno (Teatro Margherita, Genova, 1942, compagnia Tofano-Rissone-De Sica), Collaborò (Il cosiddetto) (Teatro Excelsior, Milano, 1946), L’angelo e il commendatore (Teatro Quirino, Roma, 1949, Compagnia Tofano-Solari), La sommossa (Teatro Minimo, Bologna, 1954), Adamo ed Eva (Teatro Olimpia, Milano, 1955), L’Anticamera (atto unico per la televisione, trasmesso nel 1956), La giostra (Teatro Minimo, Bologna, 1956), La campana delle tentazioni (Teatro Sant’Erasmo, Milano, 1961), Cuccù (atto unico, Piccolo teatro della Città, Firenze, 1963), Italia 2500 (Teatro Sant’Erasmo, Milano, 1967).

Monticchiello,

Il Teatro povero di Monticchiello è una rappresentazione teatrale elaborata e interpretata dagli abitanti dell’omonima località in provincia di Siena. Pur essendo sempre esistita nel paese una tradizione di rappresentazioni popolari, comune a tutta l’area toscana, è nel 1967 che l’attenzione verso una più compiuta forma di elaborazione drammaturgica e scenica si fa più definita, con L’eroina di Monticchiello , rievocazione storica in costume di un episodio del 1553, su un testo appositamente scritto dal sacerdote Marcello del Balio. Nel 1969, con la collaborazione del giornalista e scrittore Mario Guidotti, si elabora e si mette in scena Quel 6 aprile del ’44 : rievocazione di un episodio della resistenza su ricordi degli stessi abitanti del paese, alcuni dei quali prenderanno parte alla messa in scena, dando vita a quello che verrà definito `autodramma’. Guidotti fino al 1979 dà forma compiuta al testo che a cadenza annuale viene rappresentato sulla piazza del paese, seguendo le tematiche più vive nei monticchiellesi: lo spopolamento della terra, la trasformazione della civiltà contadina, le istanze della modernità, la memoria, i giovani. Dopo l’uscita di Guidotti gli abitanti del paese continuano a riflettere su questi argomenti e a metterli in scena, partendo sempre dall’esperienza personale. A guidare l’operazione è un collettivo, che provvede a una scrittura a più mani del testo e alla direzione artistica della messa in scena.