Gazzolo

Figlio d’arte, il padre era Lauro Gazzolo, Virginio Gazzolo abbandona gli studi universitari di medicina e debutta con la regia di De Bosio ne Il più gran ladro della città di Dalton Trumbo (1960). Poco dopo è al Teatro Centouno, una delle prime cantine romane di teatro sperimentale con A. Calenda e S. Sequi impegnato in testi contemporanei: Arrabal, Beckett, Pinter, Vian, con la collaborazione del Gruppo 63. Fa parte anche della Comunità teatrale dell’Emilia Romagna – una delle prime cooperative teatrali autogestite – lavorando con G. Cobelli e R. Guicciardini. Importante la sua interpretazione ne L’histoire du soldat per il Maggio fiorentino con Sequi. Segue, dal 1980, una assidua collaborazione con il Centro teatrale bresciano: tra i dieci spettacoli a cui prende parte spiccano alcune tragedie, il Kean diretto da Aldo Trionfo e Isadora Duncan con C. Fracci. Negli anni ’90 è ritornato ad affrontare allestimenti meno scontati: è protagonista di Aspettando Godot e Finale di partita con la regia di F. Tiezzi. Seguono due lavori con Missiroli: Capitan Ulisse di A. Savinio che gli valse il premio Idi ’91 come migliore attore (che ha vinto anche nel ’97) e Broken Glass di Miller. Ha recitato inoltre con N. Garella, M. Mezzadri, W. Pagliaro, con una predilezione per le opere contemporanee. Allestisce anche letture drammaturgiche di poesie. Ha lavorato nel doppiaggio: è la leggendaria voce del vecchietto dei film western.

Gatto

Il giocoliere tecnicamente più dotato dal dopoguerra. All’età di otto anni conquista la medaglia d’oro al festival di Parigi. Il suo nome appare in cinque voci del Guinnes dei Primati e ogni nuovo record viene di regola inserito nel suo numero. Si esibisce quasi esclusivamente nei grandi locali di Las Vegas i cui visitatori hanno la possibilità di ammirare esercizi unici nel loro genere, come la giocoleria con sette o addirittura otto clave e quella con undici o persino dodici cerchi. Al contrario di altri illustri predecessori, Anthony non dedica molto tempo alle prove. È un talento naturale. A Berlino fa visita al maestro Herbert von Karajan, il quale, dopo avergli messo fra le mani un violino, afferma che il giovane potrebbe benissimo emergere anche in quella disciplina. La principale critica che gli viene mossa è quella di non badare abbastanza alla messa in scena del suo numero, concentrandosi solo sulla tecnica. Nel 1996 si ritira, giovanissimo, dalla professione.

Gorskij

Dopo gli studi presso lIstituto teatrale di Pietroburgo, Aleksandr Alekseevic Gorskij è entrato nel 1899 nel corpo di ballo del teatro Marijinskij e ha interpretato ruoli grotteschi e di carattere. Dal 1902 al 1924 è stato coreografo e direttore del ballo del Bol’šoj di Mosca attuando in quegli anni una fondamentale riforma coreografica. Profondo conoscitore dei balletti di Petipa, è stato infatti influenzato dalla riforma teatrale di Stanislavskij e dalla attività del Teatro d’Arte di Mosca. Gorskij ha introdotto il realismo stanislavskijano nei classici del repertorio accademico ed è attraverso la sua redazione che numerosi classici russi sono arrivati sino a noi. Il suo primo successo a Mosca è il Don Chisciotte , allestito al Bol’šoj nel 1900. Negli anni successivi ha riallestito Il lago dei cigni , Il cavallino gobbo , Coppélia , Giselle, Corsaro, Bajadera. La presenza di Gorskij a Mosca per un quarto di secolo ha fatto sì che il Bol’šoj, sino ad allora considerato a un livello significativamente inferiore rispetto a Pietroburgo, acquistasse una propria dignità e soprattutto precise caratteristiche stilistiche.

Guidotti

Studia all’Accademia d’arte drammatica `S. D’Amico’ diplomandosi nel 1961. È subito con De Lullo la Falk e Valli in La dodicesima notte . La carriera continua fino al 1976 con una lunga serie di titoli importanti e molti Pirandello: Il diario di Anna Frank ,di Goodrick-Hackett, Sei personaggi in cerca d’autore , L’ostaggio , Così è (se vi pare) , La bugiarda e Il confidente di Fabbri. Con Zeffirelli interpreta lo storico Giulietta e Romeo (1963) e, nel 1969 è accanto a Osvaldo Ruggieri e Anna Magnani ne La lupa di Verga; Garinei e Giovannini la chiamano per Angeli in bandiera ed Enriquez la vuole nella Medea assieme alla Moriconi. Giancarlo Sepe la dirige nello spettacolo inaugurale del Piccolo Eliseo Gli esseri irrazionali stanno scomparendo ” di Peter Handke, all’inizio degli anni Ottanta. Segue una notevole partecipazione ne La casa di Bernarda Alba con Ingrid Thulin e, poi, con Patroni Griffi è nel cast di Napoli notte e giorno con Pupella Maggio. Sempre diretta da Patroni Griffi partecipa a Sei personaggi in cerca d’autore . Nel 1993 lavora ne La signora dalle camelie con Lina Sastri e poi è nel Riccardo III con la regia di Calenda, assieme a Branciaroli (1998).

Guicciardini

Dedicatosi fin dalla giovinezza al teatro, Roberto Guicciardini esordisce come aiuto regista di spettacoli lirici e di prosa. La sua prima regia è Edipo a Hiroshima di Candoni al Teatro stabile di Torino (1964). La mandragola e Clizia di Machiavelli sono gli spettacoli più significativi del periodo tra il 1964 e il ’69, anno in cui è tra i fondatori del Gruppo della Rocca, realtà nata per dare vita ad un teatro di forte impegno civile. Negli allestimenti del Gruppo della Rocca risulta fondamentale il contributo di tutti i componenti, che partecipano integralmente alla realizzazione delle messe in scena. Tra i molti lavori ricordiamo: Perelà uomo di fumo (1970) dal romanzo di Palazzeschi, Viaggio controverso di Candido e gli altri negli arcipelaghi della ragione (1971) tratto da Voltaire, Il tumulto dei Ciompi (1973) di M. Dursi, L’undicesima giornata del Decamerone (1973) di F. Doplicher. Successivamente, al di fuori del gruppo, allestisce: L’impresario del re (1972) tratto da Turcaret di Lesage, Peccato che sia una sgualdrina (1974) di J. Ford, Il negromante di Ariosto, Arturo Ui di Brecht, Notte italiana di von Horváth (1974), Troilo e Cressida di Shakespeare, Anatol di Schnitzler e Una storia emiliana di A. Dallagiacoma (1975).

L’esplorazione e il confronto con i classici della storia del teatro, di cui viene messa in luce l’attualità, prosegue con Le Troiane (1981) di Seneca, Gl’innamorati (1984) di Goldoni, Sonata di fantasmi (1989) di Strindberg, Maria Stuarda (1990) di Schiller, Strindberg Quartetto (1990) da testi di Strindberg. Fra il 1975 e il 1992 ha svolto un’intensa attività quale regista e elaboratore di testi in diversi teatri di lingua tedesca. Ha anche curato l’allestimento di opere liriche: Dafni di G. Mulé (1991), Der Traumgorge di Zemlinskji (1995). Dal 1992 al settembre del 1998 ha diretto il Teatro Biondo-Stabile di Palermo e la scuola di teatro e il laboratorio di drammaturgia legati alla struttura, realizzando rassegne dedicate alle forze teatrali autonome della città e ponendo una particolare attenzione alle attività musicali e alla danza. Fra le sue regie più recenti testi di P. Handke, di H. Müller, Pasolini (Porcile 1988), R. D’Onghia, ( Lezioni di cucina di un frequentatore di cessi pubblici , 1992) Hölderlin, Ionesco ( Il rinoceronte , 1995) Calderón de la Barca ( La figlia dell’aria , 1996) e Horcynus orca dal romanzo di S. D’Arrigo.

Genet

Jean Genet divenne famoso, in Francia e nel mondo, grazie agli epiteti di santo e martire con cui lo definì Sartre, nel titolo del suo voluminoso e provocatorio saggio. Scrittore ‘maledetto’ per vocazione e vita vissuta, attraverso i suoi romanzi in parte autobiografici in parte opere di sfrenato simbolismo, ha raccontato l’esperienza della casa di correzione, del carcere e della legione straniera, tutta un’esistenza di dure lotte e espedienti da cui ne uscì con il successo e la fama. Giunse alla drammaturgia (e alla sceneggiatura di soggetti cinematografici, quali Madamoiselle e La nuit venue) dopo alcune prove narrativo-poetiche: Nostra signora dei fiori (1944), Miracolo della rosa (1946) e Diario del ladro , nel 1949, che fu un successo di scandalo, ma anche di riconoscimento; la sceneggiatura di un balletto, Adame Miroir (1946). Il teatro di Genet – in sintonia con la linea Sade-Baudelaire-Artaud e sulla base di una serie di esperienze di vita estreme – sviluppa i temi della positività del male, dell’elogio della solitudine dell’uomo d’eccezione («il poeta emana attorno a sé un odore così nauseante»), dell’esaltazione del carcere e della violenza, della considerazione del furto e dell’assassinio come di opere d’arte. Sorveglianza speciale tradotto anche come Alta sorveglianza (Haute surveillance, 1945) è un atto unico, portato sulla scena con regia di Jean Marchat a Parigi nel 1949. Si svolge in una cella e ha come protagonisti tre delinquenti omosessuali. Il primo allestimento in Italia si ebbe nel 1971, a Milano, con la regia di Anna Gruber. Nella traduzione di G. Caproni, la pièce è stata riproposta da M. Gagliardo al Teatro Colosseo di Roma nel 1994. Le serve (Les Bonnes, 1947) mette a punto per la prima volta la dialettica realtà-finzione, sviluppando la concezione del teatro come `luogo dell’odio’. La storia delle due cameriere che detestano la propria padrona – simbolo dell’eterno conflitto che divide l’umanità in sommersi e salvati – venne rappresentata a Parigi nel 1947 (a cura di Louis Jouvet) e nel 1954 (regia di Tania Balachova). Inclusa nel repertorio del Living Theatre, fu allestita a Berlino nel 1965, affidando le parti a tre interpreti maschili, così come era originaria intenzione di Genet.

Il primo allestimento italiano, con la regia di L. Chiavarelli, avvenne a Roma nel 1956. Un’edizione di rilievo fu quella diretta da M. Scaparro, sempre a Roma, nel 1968, con P. Degli Esposti, Anna Maria Gherardi e Miranda Martino. Negli ultimi anni, si sono succedute diverse messeinscena, tra cui quella proposta da Massimo Castri con la Morlacchi Mannoni e Anita Bartolucci nel 1994. Il balcone (Le Balcon) venne pubblicato da Genet nel 1956. La rappresentazione venne proibita in Francia fino al 1960 (anno dell’allestimento di P. Brook). La prima si tenne così a Londra, ma non piacque all’autore. Opera più complessa delle precedenti, di carattere polifonico, venne proposta per la prima volta in Italia nel 1971 in una edizione poco riuscita, con la regia di A. Calenda e la presenza di F. Valeri nella parte di Irma. Nel 1976 lo spettacolo fu realizzato al Piccolo da Strehler con le interpretazioni di A. Proclemer, G. Lazzarini, T. Carraro e R. De Carmine. Nel 1963 il regista americano Joseph Strick ne aveva curato una versione cinematografica, con musiche di Stravinskij. I negri (Les Nègres), realizzata nel 1958, allestita a Parigi l’anno dopo da Roger Blin, arrivò in Italia (nella versione americana) alla rassegna di Venezia nel 1964. La commedia torna a insistere sul tema politico e sul complesso gioco di specchi tra realtà e irrealtà, esasperando lo scontro tra gli uomini. I paraventi (Les Paravents), opera pubblicata nel 1961, venne portata sulla scena a Berlino nel corso dello stesso anno con la regia di Hans Lietzau. Nel 1966 fu a Parigi per la regia di Roger Blin. Sullo sfondo della questione algerina e dei problemi della colonizzazione, Genet costruisce il lavoro più complesso, in cui si ritrovano tutti gli ingredienti tipici dei suoi lavori: l’eroe solitario e sventurato (il protagonista Said, il malvagio alla fine vincente), la prigione e il furto, il cimitero, il bordello, la fortezza. In Italia, a Bologna, nel 1990, Chérif ne ha effettuato un complesso allestimento della durata di sei ore con l’impiego di novantanove attori. Molto intessante l’allestimento ‘povero’ di Santo Genet, commediante e martire con la regia di Pippo Di Marca al Teatro Uomo di Milano nel 1978. Splendid’s , infine, scritta nel 1948, è stata pubblicata in Francia solo nel 1993 e l’anno dopo, a Berlino, con regia di K.M. Gruber, è stata trasposta sulla scena. La versione italiana è sempre del 1994, con la regia di Adriana Martino. Nel 1995 lo stesso Gruber, al Piccolo, ne ha promosso un ulteriore allestimento. Incentrata sull’azione criminosa della banda La Rafale, costituita da eleganti delinquenti in frac, la pièce fa del nevrotico e violento gioco delle parti all’interno di un gruppo chiuso il suo più profondo nucleo costitutivo.Si ricordano i ripetuti allestimenti di Flower’s da parte di L. Kemp.

Grands Ballets Canadiens,

Les Grands Ballets Canadiens nascono a Montréal come Ballets Chiriaeff (1956) e prendono l’attuale denominazione nel 1957 dotandosi di una propria scuola, sempre sotto la direzione di Ludmilla Chiriaeff affiancata da Fernand Nault e con la consulenza di Anton Dolin. Il repertorio comprende Giselle e Pas de quatre , a cura di Dolin stesso, e Fille mal gardée e Schiaccianoci , a cura di Nault, autore anche del balletto rock Tommy . La compagnia si caratterizza poi per il trittico Carmina Burana (Nault), Catulli Carmina (Butler) e Trionfo di Afrodite (Norman Walker). Alla sua guida si sono susseguiti Brian MacDonald (1974-1977), che introduce titoli balanchiniani, con Nault come coreografo residente; poi Linda Stearns insieme a Jeanne Renaud, pioniera del `modern’, con l’apporto caratterizzante di James Kudelka, primo ballerino e coreografo; e infine Lawrence Rhodes. Eclettici, i G. B. C. sono il contraltare, in area francofona, del National Ballet of Canada.

Gabrielli

Diplomato attore alla scuola ‘Paolo Grassi’ di Milano, Renato Gabrielli esordisce come autore nel 1989 con Lettere alla fidanzata, una rivisitazione dell’epistolario amoroso di Fernando Pessoa. Per alcuni anni, con l’appoggio produttivo del C.R.T. di Milano, lavora assieme al regista Mauricio Paroni de Castro a un tentativo di conciliazione tra una scrittura scenica e una drammaturgia fortemente strutturata, di taglio neo-epico. Ne risultano, oltre a Lettere alla fidanzata, i testi Oltremare (1990), Oplà, siamo vivi! (riscrittura di un dramma di Toller, 1993) e Moro e il suo boia (1994). Dall’anno successivo realizza la regia delle sue commedie con l’apporto di Luigi Mattiazzi per la concezione dello spazio. Del 1995 è Marta e Maria; del 1996 Zitto, Menocchio!, lavoro a tecnica mista per un attore e un pupazzo ispirato a Il formaggio e i vermi di Carlo Ginzburg. Nello stesso anno, la sua commedia Amore eterno è segnalata al Premio Idi Autori Nuovi. A partire dal 1997 ricopre l’incarico di drammaturgo presso il Centro Teatrale Bresciano. Per il C.T.B. è autore e regista di Una donna romantica (1998).

Gruppo della Rocca

Fondata a San Gimignano il 23 settembre 1970 da un gruppo di attori, registi, organizzatori e tecnici. Nei primi cinque anni di attività il Gruppo della Rocca attua la formula del decentramento, portando le proprie produzioni nelle più attive aree regionali e nelle province medie e piccole. Dal 1982 sposta la propria sede a Torino, al Teatro Adua, dove gestisce la programmazione teatrale ospitando compagnie di alto livello artistico e spettacoli per lo più improntati alla drammaturgia contemporanea. Dalla stagione 1988-89 ottiene dal Comune di Torino la gestione ventennale del Teatro Astra, un ex cinema da tempo abbandonato. Varia e complessa la storia del gruppo. Guidato dalla prassi della collegialità, segue linee drammaturgiche che, pur rinnovandosi, conservano il segno della continuità. All’inizio c’è la ricerca di una drammaturgia modellata sul lavoro del palcoscenico, con spettacoli come Perelà da Palazzeschi e Joseph K . fu Prometeo da Eschilo e Kafka. C’è quindi l’incontro coi classici ( Clizia di Machiavelli, Anfitrione di Kleist, Il racconto d’inverno di Shakespeare). Segue il confronto con la satira sovietica: Il mandato e Il suicida di Erdman, Il Maestro e Margherita di Bulgakov (uno degli spettacoli più rappresentati e acclamati). Parallelo a questa linea drammaturgica è il lavoro sulla drammaturgia europea contemporanea, con testi di Beckett, Tardieu, Koltès, Heiner Mueller, Calvino, Renzo Rosso. Un buon complesso d’attori, registi di segno raffinato (Mario Missiroli, Guido De Monticelli, Roberto Guicciardini ecc.), rigore nelle scelte hanno contribuito a creare e a consolidare la qualità del gruppo. Gli ultimi anni sono segnati da incertezza, difficoltà e crisi d’identità. Con il progetto Cantiere di fine millennio del 1998, dedicato a Strindberg e culminato nell’ottimo allestimento del Pellicano (regia di Missiroli), il Gruppo riacquista slancio inventivo e organizzativo.

Granbadò

Grazie a una serie di allestimenti molto interessanti (Esigenze tecniche, 1983; Recita, 1985; Mente locale, 1986) la compagnia Granbadò ha caratterizzato alcune delle linee fondamentali della drammaturgia per ragazzi degli anni ’80. All’inizio degli anni ’90, mentre Beppe Rosso continua l’esperienza del gruppo G., il resto della compagnia (Roberto Nigrone, Guido Castiglia e Daniele Guccione) prende altre direzioni. R. Nigrone fonda Onda teatro, che inventa un nuovo modo di raccontare per i ragazzi con l’uso espressivo della danza (Angelica e Orlando , 1996; Gli eroi , 1997). G. Castiglia costituisce il gruppo Nonsoloteatro. Il Granbadò, negli ultimi anni, si avvicina a Laboratorio teatro Settimo divenendone la sezione di teatro-ragazzi e allestendo gli spettacoli di Beppe Rosso (Dei liquori fatti in casa, 1994) e di Adriana Zamboni (Bz Bz… , 1996).

Griggi

Studia con Laura Trinchero e Susanna Egri, nella cui compagnia debutta nel 1980. Entrata nel Ballet Gulbenkian di Lisbona nel 1985, si mette in luce per energia e padronanza scenica in creazioni di Vasco Wellenkamp ( Aria , 1991) e in titoli di Kylián, Van Manen, Ek, Bruce. Dopo una stagione all’Aterballetto (1990), rientra al Gulbenkian come prima ballerina e qui debutta nella coreografia con Toujours Cassandra (1995) e Paganini Rondò (1996).

Giovaninetti

Dopo il suo esordio di autore con Ombre (1927), segnato dalla poetica di Cechov, le caratteristiche della sua scrittura furono ispirate dapprima al realismo e, successivamente, a uno spiritualismo dai forti tratti misteriosi e simbolisti. Con Gli ipocriti (1932) si rivolse infatti alla satira sociale e di costume e, da questo momento in poi, i suoi riferimenti furono i saggi di Freud, Jung e Adler sull’inconscio e sui sogni. Questi studi influenzarono fortemente la sua scrittura, come testimoniano l’atto unico Ciò che non sai (1946), L’abisso (1948), Lidia o l’infinito (1948, ebbe scarso successo), L’oro matto (1951), Sangue verde (1953). Uno dei suoi ultimi drammi, I lupi (1962), ricondusse G. sulla strada del realismo. I suoi testi furono messi in scena da alcune tra le principali compagnie (Pavlova, Tofano, Borboni, Brignone-Carraro) ed ebbero numerose traduzioni all’estero (Francia, Germania, Svizzera, Svezia e, fuori dall’Europa, Argentina). In campo giornalistico, fu critico drammatico e cinematografico prima per il “Giornale di Genova” e poi per “Il Popolo”.

Gilpin

Ha studiato alla Cone-Ripman e alla Rambert School, perfezionandosi con lezioni private impartite dalla Karsavina. È nel Ballet Rambert dal 1945 al 1948; diventa primo ballerino ai Ballets de Paris de R. Petit dal 1948 al 1949. Al London Festival Ballet dal 1950, è ospite del Royal Bballet dal 1962 al 1965. Ha insegnato in diversi Paesi. Noto per l’eleganza stilistica, è stato premiato a Londra (medaglia d’oro Adeline Genée) e a Parigi (premio Nijinskij 1957, medaglia d’oro Festival internazionale di danza 1964).

Gibson

Divenne famoso facendo rappresentare, con un anno e mezzo d’intervallo, due copioni di grande successo. Il primo, Due sull’altalena (Two for the Seesaw, 1958), raccontava con garbo superficiale un amore impossibile attraverso i dialoghi dei due partner; il secondo, Anna dei miracoli (The Miracle Worker, 1959, nato come dramma televisivo), ricostruiva, nei modi di un melodramma, la storia vera di Helen Keller, una bambina cieca e sordomuta, e dell’educatrice che seppe vincere le sue difese e stabilire un contatto con lei. Le opere successive passarono invece inosservate.

Gneushev

Considerato tra gli innovatori del circo contemporaneo, G. applica coreografia e regia al confezionamento di numeri acrobatici, con una forte estetizzazione delle componenti atletiche e della gestualità degli artisti circensi. I numeri da lui creati si ispirano a opere della pittura, della musica, o a tradizioni popolari. Dal 1994 crea decine di numeri richiesti dai maggiori circhi e varietà e vincitori dei massimi riconoscimenti mondiali. Dal 1996 è direttore artistico del vecchio Circo stabile di Mosca.

Gruss

Attivi come cavallerizzi dal principio del secolo, i Gruss dirigono negli anni ’50 e ’60 il Grand Cirque de France in cui Alexis G. sr. si distingue come ammaestratore di cavalli. I figli Philip e Lucien G. continuano la sua tradizione. Nel 1975, Alexis jr. (1944), figlio di André, con la regista Sylvia Monfort fonda il Cirque à l’Ancienne, destinato a recuperare le origini dell’arte circense, soprattutto equestre, ricreando numeri del passato. Il progetto vede nascere anche la prima scuola di circo dell’Europa occidentale. Dal 1984 al 1997, su iniziativa del ministero della Cultura, il Cirque à l’Ancienne diventa Cirque National. La famiglia di Alexis jr. è considerata ai massimi livelli mondiali nella creazione di numeri equestri. Nel 1994 un altro ramo dei G. ha dato vita al Cirque Arlette Gruss, divenuto uno dei più rinomati tra i circhi francesi di tradizione.

Goggi

Bambina ‘prodigio’, come si diceva una volta, Loretta Goggi. Esordio a nove anni in tv, con Sotto processo di A. G. Majano, e poi una serie sterminata di trasmissioni: per ragazzi, sceneggiati (Cosetta in I miserabili di Hugo, 1964; La freccia nera, 1968), fino alle tre serie di situation comedy Due per tre su Canale 5 al pomeriggio della domenica, in coppia con Dorelli, su testi di Iaia Fiastri (1966-67-68). Ha condotto varietà, eccellendo in imitazioni (Mina, P. Pravo, G. Cinquetti); come doppiatrice, ha dato la voce al canarino Titti, il nemico di Gatto Silvestro, ma anche a O. Muti, A. Belli, S. Dionisio. Si fece chiamare Daniela Momigliano quando tentò, giovanissima, la carriera di cantante, partecipando poi nel 1966 al programma Settevoci di Baudo. Con il suo nome, e con la canzone “Maledetta primavera”, ha partecipato al Festival di Sanremo 1981, classificandosi al secondo posto. Nelle stagioni 1995-96 e 1996-97, accanto a Dorelli, ha interpretato in teatro Bobbi sa tutto , quattro atti unici diretti da Garinei e scritti da I. Fiastri, Age e Scarpelli, Benvenuti e De Bernardi, Luigi Magni: tutti i copioni iniziavano con la stessa battuta: “Bobbi sa tutto”.

Gassman

Alessandro Gassman esordisce senza troppo clamore nel 1982 nello spettacolo I misteri di Pietroburgo, con la regia del padre Vittorio. Nel 1984, sempre a fianco del padre, interpreta una rivisitazione di Affabulazione di Pasolini. Poi comincia a sviluppare una ricerca autonoma e, nel 1988, lavora con Ronconi in I dialoghi delle Carmelitane e poi nel Sogno shakesperiano di G. Mauri. Successo e polemiche arrivano con Camper, interpretato di nuovo in coppia col padre, nel ’94. Da ricordare anche Uomini senza donne di Angelo Longoni, nel biennio 1993-1995 e, sempre in coppia con Gianmarco Tognazzi e ancora con Longoni, Testimoni nel 1996.

Gherardi

Diplomata alla scuola del Piccolo Teatro, Anna Maria Gherardi debutta nell’ Adelchi di Manzoni con Gassmann nel 1960. Ha una lunga militanza nei teatri sperimentali romani: al Porcospino, Beat ’72, Spazio Uno. Lavora con R. Guicciardini fondatore del Gruppo della Rocca, ne La tragedia spagnola di T. Kyd. Nel 1967 è Solange ne Le serve di Genet con P. Degli Esposti, diretta da Scaparro. Ha lavorato in molti spettacoli con G. Marini: Doppio sogno di Schnitzler, dove interpreta il ruolo del cardinale, e Il gran teatro del mondo di Calderón de La Barca. È stata diretta anche da Chérif: ne I paraventi di Genet e Moonlight di Pinter. Recita con Ronconi in Ignorabimus di Arno Holz. Ha svolto anche una discreta attività cinematografica: Le mani sporche di J.P. Sartre, di Petri; Novecento di B. Bertolucci.

Guttuso

Artista del realismo sociale, Renato Guttuso prese parte a Roma al gruppo antifascista di Corrente e nel 1947 fu uno dei fondatori del Fronte unito delle arti. Intese la scena come idea espressiva della realtà, nella massima chiarezza ed efficacia visiva. Il suo primo lavoro come scenografo fu L’histoire du soldat di Stravinskij al Teatro delle Arti di Roma nel 1940. Collaborò al Maggio musicale fiorentino con Chout di Prokof’ev nel 1950 e La giara di A. Casella nel 1957, dove riprese il gioco cromatico e coloristico delle sue narrazioni siciliane.

Gelati

Diplomata alla Scuola di ballo della Scala, nel 1986 entra nel suo Corpo di ballo, danzando come solista in balletti classici e moderni. Nel 1992 si segnala per lirismo e grazia interpretativa danzando come protagonista di Romeo e Giulietta di J. Cranko, cui seguono Schiaccianoci e La bella addormentata di Nureyev; nel 1994-95 è ospite del balletto dell’Opera di Dresda, dove si segnala in La fille mal gardée di Joseph Lazzini. Rientrata alla Scala partecipa a numerose creazioni ( Ricercare di Glen Tetley).

García

Studia alla scuola di ballo diretta dai fratelli Alonso e con Eugenia Klemenskaia entrando nel Balletto nazionale di Cuba nel 1965. Qui interpreta tutti i ruoli destinati alla prima ballerina classica ( Il lago dei cigni , La bella addormentata ), segnalandosi per l’alta scuola tecnica che le fa vincere anche la medaglia d’argento al Concorso internazionale di Varna nel 1970. Crea inoltre il ruolo principale nelle novità di Alberto Vaquez Dias que fueron noches (1967) e Parés’s Bach x 11=4 x A (1970).

Gaona

Il miglior trapezista dal dopoguerra agli anni ’90. G. inizia la carriera quindicenne e nel 1964, a diciassette anni, è già in grado di eseguire il triplo salto mortale divenendo così il primo a riuscire nell’impresa sin dal 1943. Afferma lo stile sudamericano e inventa nuovi difficili esercizi della disciplina, come il doppio salto mortale con doppia piroetta. Suo unico grande rimpianto non aver mai preso il quadruplo. Sono comunque anche la sua grinta e la sua eleganza ad affascinare il pubblico di tutto il mondo. Clown d’oro a Montecarlo nel 1978, con il catcher Lalo Murillo.

Giannini

Ettore Giannini esordisce come regista teatrale con grande successo nel 1940 e diventa subito direttore di compagnie primarie per tutti gli anni ’40. Nel 1944-45 è direttore del servizio prosa di Radio Roma. Ha messo in scena moltissime commedie con grande eclettismo nelle scelte, che vanno da Courteline a Strano interludio di O’Neill, a ‘O voto di Salvatore Di Giacomo. Il suo spettacolo fondamentale è quel Carosello napoletano (1950) da lui scritto e diretto che, seguendo un efficace pretesto, racconta la storia di Napoli attraverso le sue canzoni. Se lo spettacolo teatrale ebbe gran successo di pubblico e di critica in Italia e in Europa, ancora maggiore notorietà e riconoscimenti ottenne il film Carosello napoletano (1954), sempre con la sua regia, premiato al festival di Cannes, che resta il vero monumento del film musicale in Italia.

Gaber

Giorgio Gaber (Gaberscik) inizia a esercitarsi con la chitarra a quindici anni per curare il braccio sinistro colpito da una paralisi. Studia economia e commercio alla Università Bocconi, pagandosi gli studi con le esibizioni al Santa Tecla di Milano, locale in cui nascono le sue prime canzoni e dove incontra amici e complici come Jannacci. In questo locale viene notato da Mogol che gli procura un’audizione per la Ricordi, a cui farà seguito un primo disco. Nello stesso periodo (fine anni ’50) intraprende la carriera nel gruppo rock’n roll dei Rocky Mountains; in seguito si esibisce in coppia con Maria Monti al Teatro Gerolamo di Milano con lo spettacolo Il Giorgio e la Maria . Dopo queste prime esperienze, negli anni ’60 si afferma con una vena più delicata e nostalgica, recuperando brani del repertorio popolare milanese. Passa poi a una dimensione decisamente più umoristica impegnandosi (dalla fine degli anni ’60) in un repertorio maggiormente attento all’attualità sociale e politica del Paese (forte è l’influenza di J. Brel). Appare in tv come conduttore in Canzoniere minimo (1963), Milano cantata (1964) e Le nostre serate (1965) oltre a numerosi altri spettacoli di varietà.

Nel 1965 sposa O. Colli. A Canzonissima (1969) presenta “Come è bella la città”, una tra le prime canzoni in cui traspare la sua sensibilità sociale. Nel 1970 il Piccolo Teatro di Milano gli offre la possibilità di allestire uno spettacolo: nasce così Il Signor G. (che resterà il suo soprannome), in cui le canzoni sfumano in monologhi dal gusto amaro e ironico, che trasportano lo spettatore in un’atmosfera vagamente surreale, in cui si mescolano sociale e politica, amore e speranza. A partire dagli anni ’70 l’unico riferimento artistico di G. è il teatro; egli si avvale della collaborazione di S. Luporini, pittore di Viareggio e suo grande amico, con il quale firma tutti i suoi spettacoli. G. diventa così cantante-attore-autore, o `cantattore’, con gli spettacoli Dialogo fra un impiegato e un non so (1972), Far finta di essere sani (1973), Anche per oggi non si vola (1974), Libertà obbligatoria (1976), Polli d’allevamento (1978), tutti prodotti con il Piccolo Teatro di Milano. Le sue storie sono quelle di un uomo qualunque, di un uomo del nostro tempo, con le speranze, le delusioni, i drammi e i problemi tipici dell’esistenza quotidiana. Tutti i suoi recital vengono ripresi in incisioni dal vivo. Nel 1980 scrive Io, se fossi Dio , atto d’accusa ispirato ai tragici avvenimenti del rapimento Moro. L’anno seguente, sulla scorta del successo degli americani Blues Brothers, forma con E. Jannacci il duo Ja-Ga Brothers rinnovando l’antica collaborazione degli esordi.

Nel 1981 ripropone in tv i suoi spettacoli teatrali più importanti nella trasmissione Retrospettiva ed è in teatro con lo spettacolo Anni affollati . Negli anni ’80 Gaber si sposta in direzione della prosa con gli spettacoli Il caso di Alessandro e Maria (1982) con M. Melato, sul rapporto uomo-donna, Parlami d’amore Mariù (1986), in cui G. descrive quella strana invenzione che è l’amore e Il grigio (1988), metafora di una spietata analisi introspettiva. Con gli anni ’90 Gaber riprende la forma di teatro musicale che gli è congeniale con Il Teatro Canzone (1991), spettacolo retrospettivo; Il Dio bambino , sull’incapacità dell’uomo di uscire dall’infanzia e di evolversi; E pensare che c’era il pensiero (1994), sull’assenza di senso collettivo e sull’isolamento umano; Gaber 96/97 , in cui sostanzialmente riprende il precedente spettacolo; Un’idiozia conquistata a fatica (1997-98), spettacolo di intervento sul contingente, legato all’isteria dei fanatismi politici e del mercato.

 

Gregory

Di ricca famiglia anglo-irlandese, Lady Isabella Augusta Gregory fin da giovanissima si interessò all’antica cultura gaelica. Fra i massimi rappresentanti della rinascita celtica, insieme a W. B. Yeats, fondò il movimento drammatico irlandese (Irish Literary Theatre, 1898-1909) e quando questo nel 1904 trovò sede nell’Abbey Theatre di Dublino, partecipò intensamente alla sua vita sia come finanziatrice e ispiratrice che come autrice drammatica. Esponente del ‘realismo poetico’, scrisse commedie ambientate nel mondo dei contadini e dei pescatori in un particolare dialetto, chiamato `kiltartan’, mescolanza del gaelico ancora vivo nella parlata contadina e dell’inglese parlato a Dublino. Fra le sue opere Seven Short Plays (1909), una raccolta di atti unici in cui si trovano tipici esempi della commedia degli equivoci, basata sulla passione dei contadini irlandesi per l’oratoria e per l’invenzione di leggende; Folk History Plays (1912); Kincora (1905), tentativo di una tragedia più complessa; The Goal Gate (1906); The Rising of the Moon (1907). Le si devono inoltre adattamenti da Molière, diari e un libro di memorie teatrali.

Gialappa’s Band

I tre della G.B. si incontrano nel 1985 a Radio Popolare dove insieme conducono Bar sport , trasmissione in onda tra le 22.00 e l’una di notte che commenta con molta immaginazione la giornata calcistica. Nel 1986 commentano le partite dei Mondiali, con gran successo proseguono le radiocronache prima sul circuito Radio Sper, poi su Radio Dee Jay, fino ad approdare a Radio Rai per commentare i Mondiali Usa ’94. Parallelamente i tre fanno esperienza come autori e co-autori per programmi televisivi di successo ( Quel fantastico, tragico venerdì con P. Villaggio, S mile , Candid Camera Show e Il gioco dei nove con J. Scotti, Telemeno e Una notte all’Odeon con G. Dix e G. Covatta per Odeon Tv, Emilio , Drive in , Vicini di casa e altri ancora). Dal 1989 iniziano con Mai dire Banzai il loro percorso di conduttori invisibili (inventano la `spalla occulta’), li riascolteremo come voci di Mai dire Mundial , Mai dire TV , Mai dire giro , Mai dire Mondiali ; fiore all’occhiello è Mai dire gol da cui, nel 1996 nascerà anche uno spettacolo dal vivo con Aldo Giovanni e Giacomo, Marina Massironi, Bebo Storti, Francesco Paolantoni, Raul Cremona. Dal giugno 1998 la G.B. ritorna a occuparsi dei Mondiali, con sei speciali, in onda su Italia 1, dal titolo Mai dire gol-Speciale Mondiali con C. Bisio, G. Dix, Ellen Hidding e Luciana Littizzetto. Contemporaneamente i tre conducono per RadioDue, il programma Rai dire gol .

Giehse

Cresciuta in una famiglia di mercanti ebrei, Therese Giehse studia recitazione a Monaco. A partire dal 1920 ottiene diverse scritture a Breslavia e a Monaco, alla Bayerische Landesbühne e allo Schauspielhaus. Dal 1906 al 1933 lavora con Falkenberg ai Kammerspiel di Monaco in ruoli quali la contessa Geschwitz nella Lulù di Wedekind (1928), la signora Peachum nell’ Opera da tre soldi e della regina Gertrude nell’ Amleto (1930). Nel gennaio del 1933, assieme a Erika Mann, inaugura a Monaco il cabaret antifascista Il macinapepe (Die Pfeffermühle) con uno spettacolo che viene poi rappresentato anche a Zurigo e in tournée in diverse città europee. Nello stesso anno emigra in Svizzera dove, dopo il 1937, lavora allo Shauspielhaus di Zurigo, la più importante scena libera di lingua tedesca a quel tempo. Vi interpreta Giocasta nell’ Edipo (1939), la madre in Nozze di sangue di García Lorca (1944) e lavora, con la regia di Hirsch e Brecht in Il Signor Puntila e il suo servo Matti (1948). Nel 1950 viene scritturata al Berliner Ensemble dove recita ancora nel Puntila . Lo stesso anno, con la regia di Brecht e Engel, è la protagonista di Madre Courage , che già in precedenza aveva interpretato a Zurigo. Tra Berlino e Zurigo lavora anche in drammi di Frisch e Dürrenmatt: del primo interpreta Don Giovanni o l’amore per la geometria (1953 e 1964); del secondo La visita della vecchia signora (1956). Nel 1970 interpreta La madre di Brecht per P. Stein alla Schaubühne di Berlino. A tale proposito Hennig Rischbieter scrive che attraverso di lei si esprimeva «…la quotidianità al di là degli eroismi, i desideri e i fardelli del proletariato, le miserie della piccola borghesia».

Guerra

Nicola Guerra ha studiato a Napoli presso la scuola del Teatro San Carlo. Primo ballerino alla Scala (1879) e in seguito all’Opera di corte di Vienna (1896-1902) e all’Opera di Budapest (1902-15), Guerra ha danzato a Pietroburgo, Londra, Parigi, New York. Per l’Opera di Budapest lavorò come coreografo dal 1902 al 1912, producendo diciannove balletti e dando nuovo impulso artistico e organizzativo al balletto ungherese. Dopo la prima guerra mondiale trascorse alcuni anni in Italia, lavorando come coreografo presso la Scala (1923) e presso l’Opera di Roma (1931). Fra le coreografie da lui realizzate sono da ricordare Castor et Pollux (1918) per l’Opéra di Parigi, su musica di Rameau, e Artémis troublée (1922) su musica di P. Paray. Ritiratosi dalle scene, trascorse gli ultimi anni della sua vita a Cernobbio.

Grand Théâtre di Ginevra,

La storia già menziona l’esistenza di un corpo di ballo legato al Teatro di Ginevra nel 1838; per tutto l’Ottocento quel Corpo di Ballo è impegnato (come del resto era costume nel teatro del XIX secolo) nelle produzioni operistiche. Soltanto nel Novecento però, con la riapertura nel 1962 del Grand Théâtre ginevrino, si dà vita a una vera e propria compagnia stabile chiamata Balletto del Grand Théâtre di Ginevra. A dirigerla è chiamata Janine Charrat, poi si succedono Serge Golovine, Alfonso Catà, Patricia Neary, Peter van Dyk e Oscar Araiz; dal 1988, direttore è Gradimir Pankov. Nel corso del tempo il repertorio della compagnia si è arricchito di creazioni sempre nuove, affidandosi a collaboratori di fama mondiale: tra gli altri Mats Ek, Jirî Kylián, Christopher Bruce, Ohad Naharin. Oltre a rivolgersi e a coinvolgere un pubblico sempre più vasto nella Confederazione Elvetica, il Balletto del Grand Théâtre di Ginevra ha svolto numerose tournée all’estero ed è stato ospite dei più importanti teatri e festival, non solo europei.

Golovine

Serge Golovine è da considerare fra i più brillanti della sua generazione; proverbiale la sua leggerezza. Di umile origine (anche la sorella Solange e i fratelli Georges e Jean diventarono ballerini), destinato alla scena fin dalla prima infanzia, dopo aver seguito i primi studi a Nizza con Julie Sedova, fu poi allievo di Gustave Ricaux all’Opéra di Parigi. Dopo aver mosso i primi passi come professionista nel 1945 a Montecarlo, l’anno successivo venne scritturato a Palais Garnier dove tuttavia, desideroso di bruciare le tappe, non rimase a lungo, preferendo passare nella famosa compagnia del Marchese de Cuevas. Qui lo attendevano veri trionfi, soprattutto in balletti quali Le spectre de la rose , Petruška e L’uccello di fuoco , di cui fu straordinario protagonista. Danzatore mistico, segreto, silenzioso, affrontò anche la coreografia e prima di lasciare i palcoscenici si avventurò nella direzione di una sua compagnia.

Gems

Pam Gems approda al teatro piuttosto tardi, debuttando nel 1973 con My Warren e After Birthday : messi in scena per il lunch-time theatre’. Si inserisce da subito nel filone del teatro femminista con un suo personale dissenso per quel radicalismo estremo che esclude del tutto il `maschile’. La messa in scena di Vai ad ovest ragazza (Go West Young Woman, 1974), uno dei suoi primi lavori, viene interrotta da due diversi gruppi di femministe più radicali, che protestano contro la presenza di uomini nel cast, ma la G. proclama la forza sovversiva del teatro e si distanzia dalla polemica del movimento. Tuttavia nel 1975 viene invitata alla stagione teatrale femminile London’s Almost Free dove presenta The amiable courtship of Ms Venus e Wild Bill . Come C. Churchill, l’autrice sviluppa la sua visione e le sue tecniche teatrali tramite soggetti storici femminili, trasformati in simboli culturali (dalla regina svedese del XVII sec. che rinuncia alla corona, alla cortigiana del XIX secolo, fino alla cantante moderna); mostra nella sua crudezza la contraddizione tra l’esistenza privata e quella pubblica (Queen Christina , prodotto dalla Royal Shakespeare Company (RSC) nel 1977; Piaf , 1978, in tour a New York nel 1980-81); mette a nudo il processo di deformazione attuato dalla società che crea quello stereotipo di donna socialmente accettabile. Nel tentativo di elaborare la possibilità di nuove relazioni tra i sessi, in Dusa, Fish, Stas and Vi (uno dei suoi più grandi successi, 1977), Gems dimostra il tragico fallimento dei ruoli convenzionali mentre Loving Women (1984) propone un’alternativa più rosea. Nel 1984 collabora ancora con la RSC in occasione di Camille e due anni dopo per la produzione di The Danton Affair (1986), mentre per la Reinassance Theatre Company (fondata da Kenneth Branagh) nel 1991 adatta Zio Vanja per l’appunto diretta dall’attore.

Ghelderode

G. è considerato una delle maggiori figure del teatro europeo e francofono da quando, attorno agli anni ’50, fu consacrato dalla giovane scena parigina. Decisamente influenzato dalla corrente espressionista tedesca, G. è autore di un teatro sensibile alla materia religiosa, affrontata, però, con taglio polemico e grottesco: nella sua scrittura toni demoniaci e istintivi si succedono a lirismi e suggestioni misteriosamente enigmatiche. Dopo essersi dedicato alla narrativa, G. iniziò a scrivere per il teatro seguendo quello che nei primi anni del Novecento era chiamato `Theatre impressif’: di quest’epoca sono: La mort regarde à la fenêtre (1918), Le repas des fauves (1919) e Escurial (1927). Incoraggiato da Crommelynk e dal critico belga Camille Poupeye, G. scrisse La mort du Docteur Faust (1924-25, pubblicato nel 1926), opera che lo fece conoscere all’estero (fu presentata a Parigi al Teatro Art et action e a Roma, agli Indipendenti di Bragaglia, nel 1928) e in patria, dove, dal 1926 al 1930, instaurò una proficua collaborazione con il regista Johan de Meester. Dopo la guerra e la riscoperta francese avvenuta grazie alla compagnia Le myrmidon di Catherine Toth e André Reybaz, G. continua a scrivere molti lavori, tra cui si ricordano Hop Signor (1947), Marie la misérable (1952), La ballata del gran macabro e La scuola dei buffoni (1953), I ciechi (1956).

Gai

Si forma alla scuola di ballo del Teatro alla Scala, entrando a far parte del suo corpo di ballo, dove danza fino al 1960. In seguito, pur continuando a interpretare ruoli da caratterista, si dedica prevalentemente all’insegnamento e alla coreografia, realizzando numerosi balletti per C. Fracci: rifacimenti di titoli del repertorio ( Cenerentola , 1973; Raymonda , 1976; La Péri , 1979; Romeo e Giulietta, 1988) e produzioni originali, spesso su libretto di B. Menegatti ( Il gabbiano , 1968; Pelléas et Mélisande , 1970; La tragedia di Salomè, 1974). Collabora inoltre con la compagnia di Loredana Furno, per la quale firma tra l’altro Amo le rose che non colsi (1983). Coreografo di stile neoclassico, nei suoi balletti adatta con mano sicura il tradizionale modello narrativo del `ballet d’action’ della seconda metà del ‘900.

Gozlino

È la tipica figura dell’atletico e agile boy tuttofare della rivista. Ottiene citazioni personali nelle recensioni di Passo doppio (1954), spettacolo in cui esegue coreografie di Mary Anthony, e per L’uomo si conquista la domenica (1955) dove recita nella compagnia di Macario. Nella successiva produzione, E tu biondina… (1956), Macario gli affida il ruolo di un caporale austriaco oggetto d’amore di una bella viennese facendogli raggiungere il successo più eclatante della sua carriera.

Grossman

Studia all’Actor’s School di Amburgo e inizia la sua carriera al Teatro di Brema (1969-73). Successivamente recita allo Stadtheater di Stoccarda (1973-75) e al Schauspielhaus di Bochum (1977-79). Nel 1976 incontra Pina Bausch che la sceglie per interpretare alcuni brani cantati per lo spettacolo I sette peccati capitali . Affascinata dalla personalità della Bausch e dal tipo di lavoro che proponeva dal 1979 inizia una collaborazione stabile con la sua compagnia. Unica attrice del Wuppertaler Tanztheater, formato solo da danzatori, ha rivestito ruoli fondamentali del repertorio bauschiano: sulla sua figura sono stati creati gli assoli di 1980 e di Walzer (1982). Dal 1983 ha lasciato la compagnia tornandovi saltuariamente come ospite e partecipando alla creazione di Two Cigarettes in the Dark (1984). Si è concentrata, quindi, su esperienze diverse come lo spettacolo Wo meine Sonne scheint portato in scena con la regia di Helmut Schafer.

Gregotti

Vittorio Gregotti è uno dei protagonisti della scena architettonica italiana del secondo novecento. Insieme alle sue numerose realizzazioni, è autore di saggi teorici importanti. La sua attività si è incontrata una volta sola con il mondo del teatro, grazie ad Arbasino quando, all’indomani del gruppo ’63, hanno concepito per una Carmen di Bizet provocatoria e affascinante, una scena geometricamente serrata in cubi, che crea una sequenza di avvenimenti. Regia di Arbasino, costumi di Giosetta Fioroni, a Bologna (1967) lo spettacolo fu fischiato da i troppi impreparati a vedere Escamillo come Batman.

Grand-Guignol

Teatro parigino attivo dal 1896 al 1952, il Grand-Guignol è stato fondato da Oscar Métenier ed è caratterizzato dalla realizzazione scenica di un genere drammatico orrorifico, con la rappresentazione di fenomeni di spiritismo ed esperienze paranormali. Nato sull’onda del successo del naturalismo e del Théâtre Libre, il teatro del `grande fantoccio’ sviluppa nell’opera registica e drammaturgica del suo fondatore e di alcuni altri autori molto popolari come Alexis e De Lorde la poetica realista, nella direzione di una rappresentazione esaperata ed enfatica della degenerazione morale e materiale degli strati sociali più bassi. Privo di valenze etico-politiche di denuncia e piuttosto compiaciuto della spettacolarizzazione talora drammatica, talora farsesca della realtà, il Grand-Guignol conobbe, oltre a una iniziale fase verista, un periodo imperniato sulla follia e uno sull’esperienza sadico-erotica. In Italia, dove non ebbe grande diffusione, il genere fu introdotto nel 1909 da Alfredo Sainati; il termine, sopravvissuto alla fortuna spettacolare, è ancor oggi usato per indicare una rappresentazione dai caratteri sanguinolenti e torbidi.

Goebbels

Dopo aver completato nel 1972 gli studi musicali e sociologici, lavora come autore di musiche alla Frankfurt Schauspielhaus, dal 1978 al 1980. Da questo periodo in poi lavora come compositore freelance di musica di scena (per i registi Hans Neuenfels, Matthias Langhoff, Claus Peymann, Ruth Berghaus), musiche per balletti, oltre a colonne sonore per film e proprie composizioni. Nel corso degli anni ha tenuto innumerevoli concerti; dagli anni ’90 ha ridotto l’attivit concertistica per dedicarsi a lavori su commissione per l’Ensemble Modern, L’Ensemble Intercontemporain, e la Junge Deutschen Philarmonie. Ha inoltre composto e diretto alcuni concerti scenici L’uomo nell’ascensore (Der Mann im Fahrstuhl, 1987), La liberazione di Prometeo (Die Befreiung des Prometheus, 1991), Le lacrime della patria (Thrnen des Vaterlandes, 1986), La ripetizione (Die Wiederholung , 1995), Nero su bianco (Schwarz auf Weiss, 1996).

Grassi

Figura di spicco nella Milano degli anni ’40, il giovanissimo Paolo Grassi organizza la Ninchi-Tumiati, fonda ‘Palcoscenico’, primo gruppo di teatro sperimentale italiano attivo alla Sala Sammartini di Palazzo Serbelloni: con lui ci sono Franco Parenti, Liana Casartelli, Giuliana Pogliani, Mario Feliciani, Speranza Pistoia, Giuseppe Migneco e Luigi Veronesi e si rappresentano testi di Pirandello, Roberto Rebora, Ernesto Treccani, Beniamino Joppolo, Tullio Pinelli, Cesare Meano, Leopardi (frequentatissimo in quegli anni il suo Federico Ruysch e le sue mummie ) e Yeats, O’ Neill, Synge, Evreinov, Cechov; nell’ultimo spettacolo, dato al Palazzo dell’Arte al Parco, prende parte anche il neolaureato attore all’Accademia dei Filodrammatici, G. Strehler. Nell’immediato dopoguerra è critico drammatico de “l’Avanti!”, dirige la collana teatrale della Rosa e Ballo dove appaiono, fra gli altri, testi di O’ Casey, Wedekind, Strindberg, Toller, Büchner, Majakovskij e con Strehler è attivissimo al Circolo Diogene, che svolge attività di letture, intorno al quale si muove il meglio del teatro italiano che, nel ’46, fa capo a Milano: ci sono Gassman, la Torrieri, Carraro, Ferrieri, Landi, Jacobbi, Ettore Gaipa; Grassi, fresco della regia di Giorno d’ottobre di Kaiser per la compagnia di Adani, presenta La linea di condotta di Brecht, e Strehler legge con Gassman e Carraro Il cancelliere Krehler di Kaiser e presenta l’ Edipo re nella nuova traduzione di Quasimodo.

Intrecciati così i loro destini, Grassi e Strehler fondano nel ’47 il Piccolo Teatro della Città di Milano, primo Stabile italiano: «Noi non crediamo che il teatro sia un’abitudine mondana, un astratto omaggio alla cultura (…) e nemmeno pensiamo al teatro come a un’antologia di opere memorabili del passato o di novità curiose del presente, se non c’è in esse un interesse vivo e presente che ci tocchi (…) Il teatro resta quello che è stato nelle intenzioni profonde dei suoi creatori: il luogo dove una comunità ascolta una parola da accettare o da respingere. Perché anche quando gli spettatori non se ne avvedono, questa parola li aiuterà a decidere nella loro vita individuale o nella loro responsabilità sociale. Il centro del teatro sono dunque gli spettatori, coro tacito e attento. Chiediamo la vostra solidarietà in questa nostra fatica» (dal programma dell’ Albergo dei poveri di Gor’kij, spettacolo inaugurale, 14 maggio 1947). G. resta alla direzione del Piccolo fino al ’68 con Strehler. Dal 1968 al ’71 ne mantiene alto e vivo il valore, da solo, con una programmazione eclettica che presenta nuove linee registiche e scenografiche, con una ventina di spettacoli, e apre nuovi spazi (decentramento e tendoni): arrivano il giovane Chéreau, la Mnouchkine con Grüber, Bellocchio, Scabia e i suoi `interventi’ in L’isola purpurea di Bulgakov e gli scenografi Arroyo, Allio, Luzzati insieme ai testi di Wedekind, Adamov, Gatti, Neruda, Dorst, ma anche il Brecht di Strehler ( Santa Giovanna dei macelli ), perché «morto Strehler non se ne fa un altro» dichiara consapevolmente. Dal 1972 al ’77 è sovrintendente alla Scala succedendo a Ghiringhelli e poi direttore della Rai. La storia di G. è quella di una grande amicizia – unica nella storia del teatro del ‘900 – che ha saputo salvaguardare e grandemente aiutare con forza e acutezza quel talento di Strehler che ha fatto di Milano il centro di cultura che tutta Europa ci ha invidiato.

Garofalo

Ha curato le scene negli spettacoli: Le cocu magnifique di Crommelynck (compagnia Enrico Maria Salerno, 1979); Il più felice dei tre di E. Labiche (con la regia di Antonio Salines, 1979); Molto rumore per nulla (1979); Marat-Sade di Peter Weiss (1980); Penziere mieje di Eduardo De Filippo (1995); Nemico di classe di N. Williams (1995); Anonimo veneziano di Giuseppe Berto, regia di L. De Fusco (1995).

Gnocchi

Laureato in Giurisprudenza, Gene Gnocchi si esibisce fin da studente con il suo gruppo comico-musicale dei Desmodromici. La svolta avviene nel 1989, anno del suo arrivo allo Zelig di Milano (in coppia con il fratello Charlie) dopo aver vinto il concorso Zanzara d’oro a Bologna. Con le sue strampalate storie raccontate con la sua inconfondibile `erre’, l’attore rivela una comicità sottile, colta, con punte di cinismo e freddure degne della scuola inglese, diventando un’intelligente presenza degli ultimi anni. Dopo aver sfondato con contenitori televisivi ( Vicini di casa, Emilio, Il gioco dei nove in coppia con Teo Teocoli, Scherzi a parte), ritorna agli spettacoli dal vivo nelle vesti di comic-rocker nei gruppi Cuky & Domopaks, Gettons Boys, con cui incide un disco, e Gionni Rockstar & Snakes, mentre è un divertente `monologhista teatrale’ in Blackout, Tutta questa struttura è suscettibile di modifica (1995) e Decathlon (1996), performance che mettono in luce anche le sue doti di autore.

Georgi

Compiuti gli studi all’Hellerau Dalcroze Institute di Lipsia e alla scuola di M. Wigman a Dresda, dal 1923 al 1926 si è esibita con le compagnie della Wigman e di Kurt Jooss e in recital solistici. Trasferitasi ad Hannover, dal 1926 al 1970 ha lavorato in maniera quasi ininterrotta nella città, fondandovi nel 1926 una scuola, creando una sua formazione con il suo partner e allievo Harald Kreutzberg e dal 1954 al 1970 dirigendovi la compagnia di balletto. È stata inoltre attiva anche in Olanda, dove ha lavorato come maestra e direttrice di una sua piccola compagnia dal 1940 al 1945, e come direttrice del Corpo di ballo dell’Opera di Düsseldorf (dal 1951 al 1954). Considerata una delle maggiori interpreti della danza libera tedesca ha contribuito con la sua presenza alla rinascita artistica e coreografica di Hannover del secondo dopoguerra, grazie anche a numerosi balletti da lei creati, sia in stile classico che moderno, su musiche originali di autori come Badings, Blacher, Karetnikov.

Guerritore

Interprete di teatro classico, dopo il debutto a sedici anni nel Giardino dei ciliegi (con la regia di Strehler al Piccolo Teatro), nella parte di Anja (1974), Monica Guerritore viene diretta dai maggiori registi teatrali. Nel 1977 è Elena in Zio Vanja con la regia di Missiroli. In seguito recita con la compagnia Valli-De Lullo in La dodicesima notte e Il malato immaginario . Il primo spettacolo con Lavia è I masnadieri di Schiller (1981) che sigla il loro sodalizio artistico e sentimentale. In seguito diventa la protagonista in quasi tutti gli spettacoli del suo compagno, calandosi in ruoli di personaggi di grande rilievo: Giocasta, Lady Macbeth, Ofelia, Lijuba. Ma dà anche vita a una galleria di mogli, madri, figlie e amanti sempre passionali e talvolta estreme. Con la regia di Lavia ha interpretato, tra gli altri: Il principe di Homburg di Kleist e il Don Carlos di Schiller (1983), Amleto (1985) e Macbeth (1987-88) di Shakespeare, Edipo re di Sofocle (1988) e Il padre di Strindberg, Riccardo III di Shakespeare, Zio Vanja (1990), La signorina Giulia (1992) di Strindberg, Il duello di Kleist, Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman (1996-97-98). Nel cinema si è calata in parti di donne sensuali e di dark-lady, sempre e comunque personaggi estremi e dalla personalità contrastata e complessa. Ha iniziato, dopo il ruolo di una sorella incestuosa in Fotografando Patrizia di Samperi, con Scandalosa Giulia (1985) e Sensi (1986) di Lavia, La mantide , sul caso Guerinoni (1989), e La lupa (1997) diretta da Lavia. Nel 1998 è protagonista in Femmina di Giuseppe Ferlito. Ha lavorato anche in televisione: nel 1975 nella Manon Lescaut di S. Bolchi e in altri film tv.

Gordeev

Diplomato all’Istituto coreografico di Mosca, danza al Teatro Bol’šoj dal 1968 al 1989. Interprete dei principali balletti del repertorio russo ottocentesco, dal 1975 al 1985 danza stabilmente in coppia con Nadezda Pavlova. Si segnala per il suo virtuosismo, i salti vigorosi e il rigore esecutivo della sua danza. Incomincia l’attività di coreografo nel 1981 e dal 1984 è direttore artistico della compagnia moscovita Russkij Balet. Come coreografo crea titoli originali e si dedica al riallestimento dei titoli del repertorio ( Don Chisciotte , Coppélia , Il lago dei cigni , Giselle ). Dal 1985 al 1997 è direttore artistico del Corpo di ballo del Bol’šoj.

Greggio

Come molti personaggi televisivi, Ezio Greggio ha cominciato con esibizioni dal vivo in locali e cabaret. È giunto alla popolarità prima come presentatore di Drive in e poi come mezzo busto satirico in Striscia la notizia, programma firmato da Antonio Ricci in onda dal 1988 con invariato successo. Il debutto in televisione è nel 1978 in La sberla , su Raiuno, poi il suo passaggio nel 1983 alla Fininvest con Drive in a cui seguono molti altri programmi tra cui Odiens e Paperissima, con presenza fissa (che terminerà nel febbraio 1999) in Striscia la notizia . Ha interpretato inoltre una quindicina di film per la regia di Vanzina, Castellano e Pipolo, Oldoni tra cui The silence of the hams , del 1993 e Killer per caso (1996), di cui è anche regista. Per la regia di Mel Brooks interpreta nel 1995 Dracula dead and loving it , sempre insieme a Brooks sarà protagonista di Svitati film attualmente in produzione e in uscita nel 1998.

Grotowski

Jerzy Grotowski è uno dei grandi riformatori del teatro europeo, l’ultimo grande teorico e regista di un teatro concepito come occasione suprema di verità dell’umano. Studiò recitazione e regia alla scuola superiore d’arte teatrale di Cracovia e si perfezionò quindi a Mosca e in Cina. Tornato in patria diresse fra il 1957 e il 1959 alcuni spettacoli (Le sedie di Jonesco, Zio Vanja di Cechov) con cui si fece notare. L’avventura teatrale autonoma di Grotowski  inizia nel 1959, quando gli viene affidato un teatro nella città secondaria di Opole, così piccolo che prendeva il nome dalle tredici file di poltrone che lo costituivano (Teatr 13 Rezdow). Grotowski  mise in piedi un gruppo di collaboratori giovani come lui (fra cui il più importante è il drammaturgo Ludwik Flaszen; dopo qualche anno arriverà a fargli da braccio destro uno studente italiano residente in Norvegia, E. Barba) e iniziò un lavoro molto approfondito e sistematico di sperimentazione linguistica e pedagogica, con l’obiettivo dichiarato di cercare un teatro capace di resistere alla concorrenza del cinema e della televisione. Fra numerosi spettacoli messi in scena negli anni di Opole, si ricordano Orfeo di Cocteau, Caino di Byron, Faust di Marlowe, Mistero buffo di Majakovskij, Sakuntala di Kalidasa, Akropolis di Wyspiansky.

Tutti questi testi subivano un profondo processo di elaborazione drammaturgica, che spesso puntava a rinnovarne il senso attraverso un radicale spostamento di ambientazione e di clima psicologico, e insieme una sperimentazione, allora del tutto inedita, dello spazio scenico. Così Akropolis, testo fondamentale del romanticismo nazionale polacco, invece che nel palazzo reale di Cracovia, si svolgeva in un lager nazista, dove gli spettatori apparivano imprigionati insieme agli attori. Faust, invece, era rappresentato durante una sorta di ultima cena, di nuovo condivisa fra interpreti e spettatori. Il lavoro si concentrava però soprattutto sull’arte dell’attore: i suoi attori giunsero rapidamente alla pratica di un allenamento quotidiano sulla base di esercizi tecnici e creativi, ma soprattutto si sforzarono di superare limiti fisici e psicologici, per arrivare all’autentica `autopenetrazione’: lavoravano sulla voce, sul corpo, imparavano a trasformare le facce in maschere di carne, cercavano soprattutto un’estrema verità della presenza. «Per un anno», raccontava il suo attore più noto Riszard Cieslak, «ho lavorato come se potessi imparare a volare col mio corpo».

Nel frattempo il Grotowski  regista sconvolge tutte le regole: distrugge lo spazio separato dello spettacolo, elimina gli accessori artificiali come luci esterne e musiche registrate, mescola attori e spettatori, fabbrica spettacoli sorprendenti con materiali poverissimi, inventa aspri sarcasmi sui sacri testi della drammaturgia polacca. Da Opole il teatro si trasferisce nel 1965 a una città molto più importante come Wroclaw, ma sempre in uno spazio molto piccolo e sotterraneo, denominato programmaticamente Teatr Laboratorium. Incominciano ad arrivare qui dei visitatori europei, qualche spettacolo come Il principe costante e Apocalypsis cum figuris arriva in Occidente, suscitando enorme interesse. Un suo libro, Per un teatro povero compilato con E. Barba, diventa la bibbia della sperimentazione teatrale di tutto il mondo, dal Sudamerica al Giappone. Nel momento del trionfo internazionale, verso il 1967, G. fa una gesto imprevedibile: abbandona il teatro, almeno il tradizionale `teatro dello spettacolo’. Nel suo progetto di riscatto del teatro come `spazio dell’incontro’ non gli basta più nemmeno l’estremismo delle sue messinscene aspre e perfette. Vuole più verità, non può più accettare il principio della finzione che sta alla base di ogni spettacolo.

Guida gruppi che lavorano per settimane in stanzoni vuoti, senza copione e senza spettatori, cercando `azioni organiche’, oppure li porta in luoghi naturali a prendere coscienza del corpo e del mondo, delle sostanze naturali. Inventa la `drammaturgia dell’incontro’, il ‘parateatro’, che conosce a sua volta verso la fine degli anni ’70 un momento di forte interesse. Ma neanche queste cerimonie segrete e commoventi, che arrivano in Italia a una celebre Biennale di Venezia, gli bastano a lungo. Esse hanno per lui il difetto di limitarsi all’incontro interpersonale, e con ciò di restare alla superficie del nocciolo più importante della natura umana. Grotowski  esplora allora le culture più diverse, alla ricerca delle tradizioni che usano il corpo in movimento come strumento di rivelazione e di esperienza: i neri del vodoo, i messicani, le canzoni degli indiani bauli. Riporta queste esperienze fisiche `della solitudine’ in una serie di seminari che si chiamano `teatro delle sorgenti’, lentamente delinea una teoria del performer come colui che è in grado di canalizzare nel suo corpo ricordi ancestrali ed energie cosmiche, teorizza `l’arte come un veicolo’. Tutta questa esperienza ricchissima, accumulata nel corso degli anni ’80 e ’90, non resta privata, si diffonde attraverso incontri, seminari, scambi, conferenze, che sono organizzati per lo più a Pontedera, dove ha sede il suo laboratorio, grazie al generoso aiuto del Centro di sperimentazione teatrale.

Appare qualche suo saggio sulla nuova teoria del performer, un film che illustra il suo lavoro; e in qualche occasione isolata e molto protetta è possibile a pubblici selezionati vedere le cerimonie (piuttosto che spettacoli) in cui si esprime l’ultima fase del suo lavoro: eventi rituali costituiti di semplici azioni fisiche e di canti fortemente evocativi, che colpiscono con una profonda suggestione emotiva i loro `testimoni’ (non più spettatori). G. è sempre di più il maestro di generazioni di teatranti: un maestro segreto, in apparenza silenzioso, ma essenziale.

Gora

Claudio Gora si forma al Cine-Guf di Genova dove sarà fondatore e direttore del Teatro sperimentale Luigi Pirandello. Laureatosi in giurisprudenza, nel 1937 debutta in teatro a Genova nella pièce Primavera di G. Paolucci e due anni dopo esordisce sugli schermi cinematografici con Trappola d’amore di R. Matarazzo, dove ottiene un notevole successo. Nella sua carriera alterna, così, l’attività teatrale a quella cinematografica e televisiva. In teatro lavora allo Stabile di Genova nel Troilo e Cressida di Shakespeare e nella Maria Stuarda di Schiller, entrambi diretti da Squarzina. Nel 1955 è primo attore nella compagnia del Teatro regionale emiliano (La moglie ideale di Praga; Vestire gli ignudi di Pirandello, La regina e gli insorti di Betti). Al Piccolo Teatro di Milano interpreta Alonso re di Napoli ne La tempesta di Shakespeare diretta da Strehler (1978-79). Negli anni ’80 lavora ancora per lo Stabile di Genova dove recita in: La bocca del lupo di R. Zena, regia di Sciaccaluga (1980); L’orologio americano da Tempi duri di S. Terkel, regia E. Petri (1981); Rosmersholm di Ibsen, regia di Sciaccaluga (1984). Della sua attività cinematografica ricordiamo Un maledetto imbroglio di Germi (1959); Una vita difficile di D. Risi (1961); Il medico della mutua di Zampa (1968). Come regista si è affermato con i film Il cielo è rosso (1950) e Febbre di vivere (1953), per il quale riceve il Nastro d’argento.

Gaioni Govi

Franchi G.G.; Milano 1889 – Genova 1984), attrice. Trasferitasi giovanissima a Genova, si forma nella locale Accademia filodrammatica italiana. Qui conosce il marito Gilberto Govi, insieme al quale, nel 1916, partecipa alla fondazione della Dialettale Genovese, in cui sostenne con grande entusiasmo le parti di madre indulgente, di moglie vivace o di comare e fantesca. Da ricordare la sue caratterizzazioni della serva pazza in Ciù a puïa che o m&aulm; di Bacigalupo e della vecchia in Schêuggio Campanna di Canesi. Due giorni dopo la sua morte, avvenuta l’8 agosto del 1984, la compagnia stabile del teatro dialettale genovese a Milano `Sotta a Lanterna’, ha istituito il premio `Rina Govi’ in sua memoria.

Gillis

Figlia di sciatori campioni olimpici, dopo le prime esperienze in patria e dopo un anno di studi a New York, inizia una carriera di solista e coreografa dallo stile espressivo personale, nel segno della danza libera e dell’impegno sociale. Tra le sue creazioni più note Waltzing Mathilda e Mercy su musica di Leonard Cohen. Apprezzata anche in Cina, dove si è esibita all’Opera di Pechino ed è stata chiamata a insegnare danza moderna, è figura carismatica della scena del Québec.