Clerici

Formatasi alla Scuola del Teatro alla Scala sotto la guida di Fausta Mazzucchelli e Cia Fornaroli, Milly Wanda Clerici si è diplomata nel 1943 entrando immediatamente nell’omonimo Corpo di Ballo e interpretando ruoli principali in balletti di Aurel Milloss (Coppélia 1946; Petrushka 1947) e Serge Lifar (La Valse, 1948). Dotata di una tecnica brillante, perfetta espressione della danse d’ecole italiana, anche come insegnante ha trasmesso la nostra tradizione accademica agli allievi della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, dove ha insegnato fin dai primi anni ’50.

Caccialanza

Allieva di Enrico Cecchetti alla scuola dell’American Ballet, Gisella Caccialanza danza con il Ballet Caravan di Lincoln Kirstein e con la Ballet Society di George Balanchine; con lui interpreta ruoli principali in Le baiser de la fée (1937), Ballet Imperial (1941), I quattro temperamenti (1946). Ritiratasi dalle scene, si è dedicata all’insegnamento, operando tra l’altro come direttrice e maître de ballet del San Francisco Ballet in collaborazione con il marito, il ballerino Lew Christensen.

Cambieri

Giuditta Cambieri studia danza classica a Milano e contemporanea a Roma, perfezionandosi a Essen. Debutta nel 1983 come danzatrice con Enrica Palmieri; nel 1985 è nella compagnia Vera Stasi. Contemporaneamente sviluppa una ricerca coreografica imperniata su una teatralità ironica e surreale, in lavori come Cercatori d’ombre (1990), Qual dolor, qual? (1991), Miss Dance (1994), Di cosa abbiamo paura quando… (1996), Telemitica me (1997).

Carrè

Il circo C. è fondato nel 1854 a Belgrado da Wilhelm, uno dei tre figli dell’acrobata Joseph C.; famoso in tutta l’Europa centro-orientale per i suoi numeri equestri, il circo di Oscar C., figlio di Wilhelm, è in concorrenza con Renz all’Esposizione di Vienna. L’ultimo dei C. è il celebre cavallerizzo Albert (morto nel 1932). Esiste ancora ad Amsterdam il teatro C., costruito da Wilhelm nel 1865 col nome di Circo reale olandese; tale edificio, uno dei pochi circhi stabili rimasti in Europa, ospita importanti circhi nel periodo invernale e commedie musicali per il resto dell’anno.

Candeloro

Allievo di M. Besobrasova, Tony Candeloro danza con il corpo di ballo dell’Arena di Verona, il Ballet de Nancy e il Balletto di Zurigo; qui, dal 1987 al ’91, si impone per personalità e tecnica in balletti di Uwe Scholz, Pierre Wyss (Ikarus) e in classici del ‘900 (Romeo e Giuliett). Passato poi all’Opera di Bonn, interpreta molti balletti di V. Panov (Petruška, 1993). Ospite di numerose compagnie internazionali, danza con étoile come Carla Fracci, Galina Panova, Lorna Feijo, apparendo in recital coreografici (Omaggio a Fokine, 1995) e in novità su musiche di Sylvano Bussotti (Nuit d’un faune, 1991) e Luca Veggetti (La nascita di Orfeo, 1996).

Cabella

Giancarlo Cabella debutta come drammaturgo con la commedia Ratatatà… sinfonia in nero, parodia degli stereotipi della violenza nei fumetti, che viene allestita dal Teatro del sole nel 1972 e presentata al festival internazionale del teatro-ragazzi di Berlino Ovest. Tra le sue tante pièce teatrali ricordiamo Ologos (1984), La stanza dei fiori di china (1986) e Zoe, interpretata nel 1990 da A. Finocchiaro e R. Cara. Fra il 1991 e il ’94 è responsabile dei programmi culturali di Telepiù: dedica ampio spazio al teatro, ideando fra l’altro la prima rassegna teatrale sperimentale `Solisti in scena’.

Cirque du Soleil

Nato nel 1987, per iniziativa dell’artista di strada Guy Lalibertè (l’attuale presidente fondatore), il Cirque du Soleil è la più grande impresa circense del mondo, contando nel 1998 tre circhi itineranti (Europa, Asia, America), quattro permanenti (Berlino, Londra e due a Las Vegas), un centro di creazione a Montreal, un dipartimento europeo e uno orientale, per un totale di circa 1500 dipendenti. Dal 1987 al 1998 ha prodotto undici spettacoli, visti da dieci milioni di spettatori in Asia, America ed Europa. Ha dato vita con successo a modelli completamente nuovi nel campo della creazione, promozione e diffusione del prodotto circense, creando di fatto un nuovo pubblico, un nuovo mercato e nuove esigenze. Basi artistiche sono l’assenza di animali, la rinuncia a qualunque stereotipo circense, il ruolo costitutivo della musica. Ogni spettacolo nasce dalla formazione di una troupe di artisti di base in cui, facendo convergere le tradizioni acrobatiche occidentali con quelle orientali, il sapere dell’artista circense viene arricchito con tecniche attoriali e coreografiche. Attraverso sedute di improvvisazione viene sviluppato il tema di ciascuno spettacolo; al gruppo artistico di base vengono integrati numeri internazionali, ma adattati al carattere di ciascuna produzione.

Definendo nei primi anni tali elementi grazie alla presenza decisiva del regista Guy Caron, il Cirque du Soleil ricorre dal 1989 alle regie di Franco Dragone, che introduce le tecniche di commedia dell’arte contemporanea e il lavoro con le maschere. Negli anni il Cirque du Soleil passa a standard tecnologici elevatissimi e a un’estetica molto affine alla sensibilità new age: l’artista circense può interpretare le dimensioni sociali dell’uomo contemporaneo (Saltimbanco, 1992; Quidam, 1997) o il senso mistico del rapporto tra uomo e natura (Nouvelle expérience, 1991; Mystère, 1993), o animare uno spettacolo costruito su un tema ancestrale come quello del volo ( Alegria , 1995). Ogni spettacolo è sfruttato in tournée per una media di quattro anni. Gli spettacoli del Cirque du Soleil, benché sempre svolti sotto un tendone, rivoluzionano ogni volta lo spazio scenico circense e creano, specie nei costumi e nella musica (dalle suggestive commistioni culturali), un’estetica attraente e al contempo astratta, originalissima e priva di referenti dati. Tale visione ha enormemente modificato, dagli anni ’90, il concetto stesso di circo e la costruzione dei numeri circensi, influenzando anche scuole tradizionali come quelle russe o cinesi.

Craig

Figlio di una delle più grandi attrici inglesi di tutti i tempi, Ellen Terry, Edward Gordon Craig è uno dei maggiori innovatori della scena del Novecento, l’unico a provenire direttamente dalle tavole del palcoscenico. Recita, infatti, nella compagnia della madre e del più grande attore della sua epoca, Henry Irving, fin da bambino; ma presto rinuncia a calcare le scene, persuaso di non avere le qualità per diventare un grande interprete, e si trasforma prima in direttore di scena e poi in scenografo, funzione nella quale ha modo di sviluppare la sua formazione artistica e la sua abilità di disegnatore innamorato di Leonardo e di Michelangelo, particolarmente sensibile alla funzione del chiaroscuro e della luce, nel creare spazi che traspongano visivamente gli stati d’animo dei personaggi e l’intimo messaggio del testo. Del tutto indifferente al naturalismo, nemico di un attore schiavo dei giochi della fisionomia, ipotizza all’interno di una scena ridotta all’essenziale, ma arricchita dal movimento delle masse architettoniche, un attore supermarionetta che, come nell’antica Grecia, abbia il volto coperto da una maschera. Critico nei confronti del naturalismo, Edward Gordon Craig lo è anche nei confronti della subalternità del regista nei confronti del testo: a lui e solo a lui, infatti, spetta la visualizzazione di una scrittura scenica che comprende linea, colore, parola e ritmo. Concetti che verranno ribaditi, in chiave simbolista, nella sua opera teorica L’arte del teatro (1905) e più tardi nei modelli di scena, che sembrano riprendere alcune idee care al futurismo. Idee troppo all’avanguardia per i tempi, che lo spingono ad accettare di curare l’allestimento di Venezia salvata di Otway per Otto Brahm (1904) e, nel 1906, quello di Rosmersholm di Ibsen per Eleonora Duse, con scene che non si sposano alla dimensione dei teatri tanto che l’attrice, con un colpo di mano, le fa adattare. Altrettanto difficile la collaborazione con Stanislavskij per l’ Amleto (1911): molte, avveniristiche concezioni di C. vengono bocciate, costringendolo all’abbandono quando ormai ha impostato l’intera messinscena. L’ultimo, eccentrico C. è il docente che all’Accademia di belle arti di Firenze insegna ai giovani un teatro di puro movimento: `screen’, scene, in grado di definire con il loro diverso orientamento la luce e la musica, per un teatro senza attori.

Capuana

Caposcuola del verismo italiano, Luigi Capuana rimase molto legato a Giovanni Verga. Iniziò la sua attività di drammaturgo con un testo di carattere risorgimentale, Garibaldi (1861); l’incontro con Martoglio fu determinante per la produzione in dialetto siciliano, anche se, qualche anno prima, la Compagnia stabile romana aveva messo in scena I ribelli (1908). Altri suoi testi sono Giacinta (1888), Serena (1899), Lu vampiru (1912); ma i successi furono Malia , con la compagnia Grasso-Aguglia (1895), Lu cavalieri Pidagna (compagnia Giovanni Grasso, 1911), Cumpanaticu (compagnia Angelo Musco, 1914), Quacquarà (compagnia Angelo Musco, 1916), tutti ancora presenti nel repertorio del Teatro stabile di Catania. Capuana era convinto che, per arrivare a un vero teatro nazionale, occorresse passare attraverso l’esperienza di un teatro regionale. Ciò gli fu possibile perché, sulla sua strada di commediografo, si imbatté in Martoglio, Grasso, Musco, un vero e proprio triumvirato del teatro dialettale. A C. dobbiamo molti interventi critici sulla letteratura; alquanto noto Gli ismi contemporanei , ma è molto importante Il teatro italiano contemporaneo (1872). Nel 1890 tradusse e fece conoscere La parigina di Becque che andò in scena, nello stesso anno, al Manzoni di Milano.

Chagall

Fin dalla giovinezza il teatro aveva rappresentato per Marc Chagall un universo di libertà poetica e visionaria; vi contribuì l’incontro, avvenuto nel 1908, con Léon Bakst, allora direttore della scuola Zvantseva, dove Marc Chagall proseguirà gli studi («La sua gloria, in seguito alla stagione russa all’estero, mi faceva girare, non so perché, la testa. Sfogliando i miei studi, che sollevavo a uno a uno dal pacco dove li avevo ammucchiati, diceva, trascinando le parole con quel suo accento signorile: sì, sì, c’è del talento, ma siete sprecato, siete su una falsa strada, sprecato»). Nel 1920 Marc Chagall si impegnava nelle decorazioni del Nuovo teatro ebraico di Mosca, da lui fondato insieme al critico Abraham Efroscon. Dipinse alcune grandi tele, destinate a venir tese alle pareti e al soffitto, ma un anno dopo il teatro fu chiuso per motivi politici e Marc Chagall abbandonava la Russia; i dipinti vennero custoditi in semiclandestinità nella galleria Tretiakov di Mosca, dove l’artista li rivide nel 1973. La vena lirica e visionaria di C. si dispiegò nei lavori scenografici per il Ballet Theatre di New York, commissionati dal coreografo L. Massine. Ricordiamo le scene e i costumi per L’uccello di fuoco di Stravinskij (1945; ripreso con coreografia di Balanchine nel 1949) e i bozzetti per Aleko, un balletto ispirato al poema di Puskin Gli zingari (1942, musica di Cajkovskij). Il più celebre dei quattro dipinti realizzati da C. per i fondali del balletto, intitolato Una fantasia di San Pietroburgo , ritrae in lontananza un purpureo paesaggio della città, mentre nel cielo turbinoso vagano sospesi un cavallo bianco e un candeliere acceso; il flusso del colore intenso e le pennellate libere e impulsive rivelano la nuova fase pittorica a cui era approdato C., abbandonando il lirismo pastorale del periodo precedente. Dopo le scene e i costumi per Daphnis et Chloé di Ravel all’Opéra di Parigi (1959, coreografia di G. Skibine), nel 1963, su invito di De Gaulle e di Malraux, C. realizzò i cartoni per il soffitto del teatro; l’ultimo suo lavoro di scenografo fu per il Metropolitan di New York, con il Il flauto magico di Mozart (1967, regia di G. Rennert).

Carosi

La sua carriera prende avvio nel 1976 al teatro F di Napoli; decisivo l’incontro con il regista Roberto De Simone, con cui – insieme alla moglie, la costumista Odette Nicoletti – intraprende una stretta collaborazione: nel teatro di prosa lavorano a Mistero napoletano (Prato, Teatro Metastasio 1978) e Eden teatro di R. Viviani (Napoli 1981); per la lirica si occupano, fra l’altro, di Li zite `n galera di L. Vinci (Firenze, Teatro comunale 1979) e degli allestimenti scaligeri del Nabucco di Verdi (1986), dell’ Orfeo ed Euridice di Gluck (1989), del fortunatissimo Lo frate `nnamorato di Pergolesi (1989) e dell’ Idomeneo di Mozart (1990). Nel 1990, con il regista Beppe Menegatti, lavora a una coproduzione con il San Carlo di Napoli (di cui è direttore degli allestimenti dal 1984), un omaggio a Eleonora Duse e Isadora Duncan ( Carla Fracci racconta di Eleonora Duse – Isadora Duncan ), mentre con G. Mauri si occupa dell’allestimento dell’ Edipo di Sofocle al Teatro comunale di Treviso (1995). Dal 1996 è a Roma, al Teatro dell’Opera, in qualità di direttore degli allestimenti, di cui il più recente è il Nabucco di Verdi (regia di F. Sparvoli, 1998).

Carotenuto

Figlio d’arte – il padre Nello è un ufficiale del dazio diventato attore anche di film muti – Mario Carotenuto trascorre un’infanzia turbolenta al fianco del fratello Memmo, che sarà a sua volta attore. Debutta sul palco a otto anni al Teatro Costanzi di Roma, prima che il suo carattere ribelle lo releghi per tre anni in riformatorio. Sulla strada trascorre la giovinezza arrangiandosi come salumiere, cravattaio o attacchino, e la strada è la sua prima accademia artistica. Al termine della guerra, durante la quale conosce la prigionia, approfitta di una scrittura radiofonica a Firenze per iniziare la carriera d’attore. È protagonista al microfono di trasmissioni come Zig zag e Il rosso e il nero , e interprete di rivista al fianco delle Peter Sisters in Ice Follies , di Rosalia Maggio in Cavalcata a piedi (1952), prima di diventare capocomico in proprio con Occhio per occhio, lente per lente (1953). Nel 1951 è nel cast di Marakatumba, ma non è una rumba , primo titolo di una filmografia che arriva a più di cento pellicole (tra il 1958 e il ’62 sono oltre trenta), moltissime di serie B, in cui caratterizza, con la sua presenza bonaria, personaggi burberi, cornuti o derisi. Ma anche autori importanti lo vogliono nei propri film per parti più complesse e drammatiche: con Lattuada gira La spiaggia (1953), con Risi Poveri ma belli (1956), con Damiani Girolimoni (1972), con Comencini Lo scopone scientifico (1972) che gli vale il Nastro d’argento. Inaugura la sua epoca d’oro in teatro con il ruolo di Peachum nell’ Opera da tre soldi (1956) diretta da Strehler, cui fa seguire la commedia musicale Un paio d’ali (1957) di Garinei-Giovannini-Kramer, che lo scritturano ancora per Un trapezio per Lisistrata (1958). Nel 1963 offre la sua prova teatrale più completa, dando vita ad Alfred Doolittle, padre scorbutico e sempre sbronzo di My fair lady. Strehler lo chiama di nuovo al Piccolo nel 1966 per affidargli il ruolo di Cromo in I giganti della montagna , poi è Bolognini a dirigerlo come autoritario patriarca Max in Ritorno a casa di Pinter (1974); ma il teatro comico lo risucchia con Neil Simon (Promesse promesse, I ragazzi irresistibili), Feydeau (Un gatto in tasca) e i classici riadattati da Roberto Lerici nei tardi anni ’80 (L’avaro, Il burbero benefico, Falstaff). Sul teleschermo è presentatore del varietà Un, due, tre (1954), ma soprattutto protagonista drammatico – spesso è ‘il cattivo’ – in sceneggiati come La fine dell’avventura (1969), I demoni e Il sospetto (1972). È sulla scena per l’ultima volta con Il medico per forza.

Collin

Dopo i primi studi con K. Jooss e M. Wigman, si è avvicinata alla danza classica sotto la guida di O. Preobrajenska, V. Gsovskij e V. Trefilova. Ballerina, maestra e coreografa dell’Opera italiana di Amsterdam, negli anni ’30 si è esibita da sola e con Alexander Freiherr von Swaine in recital di danza moderna in tutta Europa e nei paesi orientali. Nel 1949 ha fondato ad Amsterdam il Nederlands Opera Ballet, divenuto poi Het Nationale Ballet (Balletto nazionale olandese); nel 1951 si è trasferita a Firenze. Il suo insegnamento è stato determinante nella formazione di molte ballerine toscane degli anni ’60, come Cristina Bozzolini e Marga Nativo.

Carl

È il notissimo inventore dello sketch mimico del comico impacciato con il filo e l’asta del microfono. Questa esibizione, che lo ha reso celebre nel mondo, fa di C. uno dei pochi comici in grado di esibirsi da soli per quindici minuti esatti senza parlare. Dopo gli esordi come inserviente di circo diventa acrobata, prima di entrare come comico nel circuito americano del music-hall. Si esibisce per decenni a Las Vegas, spesso al fianco di Sammy Davis jr., per poi diventare vedette fissa del Crazy Horse a Parigi. Prende parte per ben ventiquattro volte allo show televisivo di Ed Sullivan, e vince nel 1979 il Clown d’oro al festival di Montecarlo. Nel 1994 è coprotagonista del film Il commediante ( Funny Bones ) di P. Chelsom, con Jerry Lewis e Lee Evans.

Castello

Formatosi a Torino con A. Sagna e a New York, Roberto Castello fa parte del Teatro e Danza La Fenice dal 1980 al 1984, anno in cui partecipa alla fondazione di Sosta Palmizi e all’ideazione di Il cortile (1985), Tufo (1986), Perduti una notte (1988). Inizia poi una ricerca sulle origini della danza moderna con recital solisti (Enciclopedia) e balletti per varie compagnie: Les mariés de la Tour Eiffel (1991) e La creazione del bue bleu (1994) al Regio di Torino, Impressioni dal paese che cambia per il Balletto di Toscana (1994). Con la sua compagnia ‘Udu’ crea inoltre spettacoli concepiti per spazi non teatrali e caratterizzati da una sarcastica vena polemica: Siamo qui solo per i soldi (1995), Satyricon (1996), Ohm (1997) .

Chazalettes

Giulio Chazalettes compie gli studi musicali con la madre, una pianista tedesca. Si trasferisce in seguito a Milano dove viene ammesso alla scuola del Piccolo Teatro. Ben presto entra in compagnia nel Sacrilegio massimo di Stefano Landi e sostituisce De Lullo ammalato in La folle di Chaîllot . Approda poi come attore e aiuto regista al teatro di Dresda, ma non dimentica la musica e torna in Italia per diplomarsi al Conservatorio di Firenze. Inizia quindi la carriera di regista di opere liriche. Nel 1976 la consacrazione alla Scala con il Werther di Massenet, diretto da Georges Prêtre. Nel 1979 cura la regia di Mazepa di Cajkovskij, poi Le tre melarance a Chicago.

Copi

Giunto a Parigi per vedere teatro, Raul Copi vende disegni sul Pont des Arts prima di creare la famosa strip `Donna seduta’ pubblicata su “Le Nouvel Observateur” (in Italia su “Linus”). Nel 1965 conosce i registi J. Lavelli e F. Arrabal e si inserisce nel gruppo teatrale ispano-argentino con V. García e A. Arias, emerso in quegli anni a Parigi; lavora anche con J. Savary. Dopo il debutto nel 1966 della breve pièce Sainte Geneviève dans sa bagnoire , che interpreta (nudo in vasca da bagno) diretto da Lavelli, per lo stesso regista scrive Giornata di una sognatrice (La journée d’une reveuse, Théâtre de Paris 1968), esempio di surrealismo quotidiano. Irriverente e poetico, capace di ridere di tutto (anche della propria malattia e morte annunciata per Aids), sia nelle strip sia nei testi teatrali e nei romanzi C. stempera l’angoscia in gag, tratta temi gravi con distacco derisorio e fulmineo, scandisce dialoghi, silenzi, entrate e uscite con ritmi da vaudeville. Influenzata dal teatro dell’assurdo del Novecento, la sua drammaturgia comprende: Eva Peron , primo lavoro en travesti (1970, con l’argentino Gruppo Tse, regia di A. Arias; nel 1971 per la regia di M. Missiroli, che poi lo dirigerà in Les bonnes con Adriana Asti), L’homosexuel ou la difficulté de s’exprimer (Parigi 1971, regia di J. Lavelli, interpretata poi da C. nel 1978 per la regia di M. Gagliardo), Les quatre jumelles (festival d’Automne 1973, regia di J. Lavelli; Roma 1979, regia di C.), il monologo cabarettistico Loretta Strong (Parigi 1974, regia di J. Botana; Milano 1978), Pyramide (Parigi 1975), La notte di capodanno (La tour de la défense, Parigi 1978), Le frigo (festival d’Automne 1983; 1989, regia di N. Brandon, interprete C.), La nuit de madame Lucienne (1985, festival di Avignone e Biennale di Venezia, regia di J. Lavelli), Les escaliers du Sacré-Coeur , commedia umana in versi liberi, Tango barbaro (Une visite inopportune; Parigi e festival di Spoleto 1988, regia di J. Lavelli). Nel 1987, pochi giorni prima della morte, riceve il Gran premio di letteratura drammatica della città di Parigi.

Christie

Autrice di romanzi e commedie poliziesche caratterizzate da interessanti osservazioni di costume e personaggi ben tratteggiati, tra cui spiccano Miss Marple e l’ispettore Hercule Poirot. Ha ridotto per il teatro alcune tra le sue opere come Dieci poveri negretti (Ten Little Nigers, 1940) e Trappola per topi (The mouse trap, 1952), che è restata in cartellone a Londra per più di venti anni.