Benelli

Nato da famiglia povera, Sem Benelli si coltivò da autodidatta con letture appassionate ma non sempre ordinate, avvicinandosi alla scrittura con un entusiasmo inizialmente non bilanciato dai risultati. Ispirato dalla sua stessa traiettoria esistenziale, preparò la prima opera teatrale, la commedia Tignola (1908), in cui, con andamento crepuscolare, descrisse la vita fallimentare di un commesso di libreria, sorretto soltanto dai suoi impossibili sogni. L’anno successivo, con accoglienza subito trionfale, fu portata in scena al Teatro Argentina di Roma La cena delle beffe , che divenne rapidamente un successo di dimensione planetaria, come testimoniano gli allestimenti con Sarah Bernhardt a Parigi e i due anni di repliche a Broadway con i Barrymore (nel 1941 A. Blasetti ne ricavò un celebre film). La tragedia, ambientata nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, seppe riflettere le insoddisfazioni di un’intera nazione, compendiate dal personaggio di Giannetto, vittima delle angherie dei fratelli Neri e Gabriello e artefice della loro rovina. Di qui, probabilmente, le ragioni della fortuna di un’opera che `rompeva’ con gli schemi veristi e borghesi, cercando, nello stesso tempo, di non concedersi all’artificiosità declamatoria di stampo dannunziano.

Negli anni successivi Benelli decise di insistere con la tragedia storica, realizzando L’amore dei tre re (1910; anche libretto per l’opera di I. Montemezzi, 1913), aperta sfida al genio di Shakespeare, Il mantellaccio (1911), Rosmunda (1911), La Gorgona (1913) e Le nozze dei centauri (1915). Si tratta di opere sature di enfatici simbolismi, di morboso erotismo e di sofferto psicologismo, che, col sostegno di fastosi apparati scenografici, imposero una moda più che un nuovo percorso di ricerca. Le ultime opere nulla aggiunsero alla sua drammaturgia, attorno alla quale intanto si era andata formando una vasta rete di imitatori.

Bluette

Inizia giovanissima a calcare la scena del caffè concerto dove si fa notare per la sua avvenenza più che per le qualità artistiche. Nel 1914 è vedette negli spettacoli della ditta Eugenio Testa-Giovanni Manca e già nel dopoguerra padroneggia il ruolo di personaggio capriccioso e sensuale, ricco di un erotismo sfrenato più recitato che reale, con precisi riferimenti a un concetto di sessualità molto piccolo-borghese. È lei a ispirare a Ripp la celebre canzone Creola (1926), è lei a ideare per prima la scena della soubrette circondata da uno stuolo di eleganti boys, è lei che nel ’28 importa da Parigi l’uso della passerella nella rivista. Nei primi anni ’20 contende ad Anna Fougez la palma di femmina fatale del tabarin con canzoni maliziose e abbigliamenti impudichi in spettacoli come Gatte di lusso e Donne, ventagli e fiori . Quando il genere inizia a decadere si dedica all’operetta, sempre applaudita e desiderata dal pubblico maschile. Lo sfarzo rimane la costante stilistica di tutti i suoi spettacoli anche negli anni del declino ( Poesia senza veli , Il ratto delle cubane ), tanto che ancora nel ’35 la sua tournée registra una serie infinita di esauriti. Nella compagnia che dirige in prima persona mette sotto contratto solo comici importanti (Macario è nella sua compagnia dal 1925) e attori di richiamo come Nuto Navarrini. Questi diventa suo compagno anche nella vita e in extremis si unisce a lei in matrimonio.

Besson

Alla fine della Seconda guerra mondiale durante una tournée nella Germania occupata dalle truppe francesi collabora con il regista Jean-Marie Serreau. Assieme allestiscono a Parigi L’eccezione e la regola di Brecht (1949). L’incontro, avvenuto nel 1948, con Brecht segna la carriera di Benno Besson; nel 1949 lo raggiunge al Berliner Ensemble per iniziare con il drammaturgo tedesco una collaborazione che si interrompe solo alla morte di quest’ultimo, nel 1956. Tra gli allestimenti di questo periodo: Il processo di Giovanna d’Arco a Rouen 1431 di A. Seghers, adattato da Brecht (1952); Don Giovanni di Molière, in un adattamento di Brecht (1952, ripreso nel 1954); L’anima buona di Sezuan e I giorni della Comune di Brecht (1956). Benno Besson aderisce all’idea di teatro proposta da Brecht, a cui è vicino soprattutto nell’analisi della condizione umana, ma vi aggiunge il gusto per gli effetti spettacolari e la curata eleganza della messa in scena. Il confronto con il maestro tedesco continua negli anni successivi – Un uomo è un uomo (1958); L’opera da tre soldi (1959); Santa Giovanna dei macelli (Stoccarda, 1961); Turandot (Zurigo, 1969); L’anima buona di Sezuan (Roma, 1973); Il cerchio di gesso del Caucaso (Avignone, 1978); Un uomo è un uomo (Zurigo, 1988) – ma il regista affronta nel frattempo anche altri autori: Don Giovanni di Molière (Palermo, 1964); Horizons testo collettivo scritto da operai (andato in scena alla Volksbühne di Berlino nel 1969; nello stesso anno B. ne assume la direzione); Re cervo di C. Gozzi (1971); Amleto di Shakespeare (Berlino, 1971; ripreso al festival d’Avignone nel 1977); Edipo tiranno di Sofocle (nell’adattamento di E. Sanguineti, Reggio Emilia, 1980); Il drago di E. Švarc, nella versione francese dello stesso B. (1986, alla Comédie di Ginevra, di cui B. è direttore artistico dal 1982 al 1989); Il flauto magico di Mozart (Ginevra, 1988); Tuttosà e Chebestia di C. Serreau (Genova, 1993); Amleto di Shakespeare (Genova, 1994); Tartufo di Molière (Losanna, 1995); Moi di E. Labiche (Genova, 1995).

Berkoff

Steven Berkoff frequenta la Hackney Downs Grammar School, nell’omonimo quartiere londinese; studia teatro e poi mimica a Parigi. Emerge negli anni ’70 nell’ambito del filone ‘fringe’ della controcultura teatrale, con la compagnia London Theatre Group. A differenza di altri gruppi analogamente impegnati in politica, la compagnia propone un tipo d’arte rappresentativa che impieghi tanto gli elementi visivi quanto quelli verbali. Nei suoi drammi (East, 1977; Greek, 1983) Steven Berkoff propone un linguaggio non standardizzato che smonti l’opinione consolidata, e che sia capace di suscitare risposte conflittuali e problematiche nella cooperazione tra gli individui. Artista fuori da ogni schema, istrione ecclettico e iconoclasta, Steven Berkoff è considerato un classico del teatro contemporaneo sperimentale; nella rassegna 1997 di Intercity London a Firenze, con lo spettacolo One Man (un assolo tratto da due suoi testi e da un adattamento di Il cuore rivelatore di E.A. Poe), ha riscosso un grande successo. Tra gli altri lavori si ricordano Lunch (1983), S ink the Belgrano (1986), Kvetch, presentato al festival di Edimburgo nel 1991; e ancora gli adattamenti per il teatro delle opere di Kafka: Nella colonia penale (1968), La metamorfosi (1969), Il processo (1970); Amleto di Shakespeare.

Block & Steel

Composta dai danzatori e coreografi Suzy Block e Christopher Steel all’inizio degli anni ’90 si è imposta per il suo stile eccentrico, spettacolare, dove la danza astratta si mischia all’acrobazia e al teatro in prodotti spesso nati dalla collaborazione con complessi musicali e artistici delle ultime tendenze giovanili ( Anybody , 1996).

Branciaroli

Nel 1968 Franco Branciaroli si iscrive alla Scuola del Piccolo Teatro e si afferma ben presto come uno dei talenti più originali della scena italiana interpretando nel 1970Toller di Dorst con la regia di Patrice Chéreau. Lavora in seguito con Aldo Trionfo ( Gesù , dalla sceneggiatura del film di Dreyer, 1974; Nerone è morto, 1975; Bel Ami), Carmelo Bene (uno storico Faust di Marlowe), Gianfranco De Bosio, Luca Ronconi (La torre, 1980) prima di trovare il sodalizio definitivo con ? Giovanni Testori (Confiteor nel 1986; In Exitu, Verbò, Sfaust nel 1989). Per mettere in scena i testi dell’autore milanese fonda la Compagnia degli Incamminati, con cui realizza quasi tutti i suoi spettacoli e partecipa a diverse edizioni del Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione (Assassinio nella Cattedrale; un’imponente Antigone, di cui cura anche la regia, 1991). Nel 1993 è protagonista di un apprezzato Cyrano de Bergerac con la regia di Marco Sciaccaluga e di una La bisbetica domata in cui divide la scena con Mariangela Melato. Provoca scandalo, nel 1996, interpretando il ruolo femminile di Medea diretto da Luca Ronconi. Irruento e passionale, Branciaroli vive con Testori la sua grande, irripetibile stagione, fatta di drammaticità e sacralità. Attore di grande vigore, dà il meglio di sé nei ruoli in cui può imporre la propria vocazione di protagonista assoluto.

Bocca

Formato alla scuola del Teatro Colón di Buenos Aires, Julio Bocca debutta con la Caracas Ballet Company, danza poi al Teatro Municipal de Rio de Janeiro (1983) e, dopo la medaglia d’oro al Concorso di Mosca (1985), entra all’American Ballet Theatre, dove diviene primo ballerino (1986). Si esibisce in Bayadère, Giselle, Histoire de Manon, Romeo e Giulietta, La bella addormentata, La Sylphide, Don Chisciotte. Alla Scala interpreta Le Baiser de la Fée di Stravinskij (coreografia di Micha van Hoecke, 1993). Virtuoso dalla tecnica brillante, in Argentina dirige un suo gruppo di giovani, con un repertorio che comprende classici e creazioni come Sinfonia Entrelazada di Bigonzetti (1998), Consagracion del Tango di Ana Maria Stekelman e Desde Lejos di Mauricio Wainrot.

Braccini

Trasferitasi a Roma con la famiglia, a soli quattordici anni Lola Braccini iniziò a calcare le scene interpretando piccole parti al Teatro Argentina, diretto da Cesare Dondini. Nel 1914-15 con la compagnia Gramatica-Carini-Gandusio-Piperno passò a ruoli di generica e amorosa, fino ad arrivare al ruolo di seconda donna con la compagnia Borelli-Piperno. Dal 1917 lavorò nella compagnia di Antonio Gandusio, dove nel 1924 divenne primattrice comica in sostituzione di Mimi Aylmer. Nel 1934 passò alla compagnia Spettacoli Gialli di Giulio Donadio e di Marcello Giorda, nel 1935 recitò nella compagnia Ricci-Carini, nel 1936 ancora con Giulio Donadio e nel 1939 con Dina Galli. Si dedicò per qualche tempo anche al cinema. Nella maturità passò al repertorio drammatico specializzandosi nel ruolo di madre. Partecipò ad importanti prime rappresentazioni italiane di repertorio straniero. Ricordiamo Il lutto si addice ad Elettra di E. O’Neill del 1942 e I parenti terribili di J. Cocteau del 1945. Fu anche per alcuni anni nella compagnia dei Giovani (Gigi di Colette, regista G. De Lullo).

Berman

La sua estetica è vicina a quella del circo di alto livello; ogni suo spettacolo è un montaggio d’attrazioni, dotato di un ritmo sfrenato a cui gli attori vengono associati. Per questo egli collabora con scenografi e costumisti che escono dall’ordinario, in modo da far risaltare per ogni testo, dal più classico al più contemporaneo, le potenzialità eccentriche.

Borgo

Elena Borgo esordì negli anni ’20 come attrice di prosa e lavorò soprattutto accanto ai grandi comici milanesi come Giovanni Barella. Fu definita una delle migliori caratteriste del teatro italiano e alternò la prosa alla rivista (con Angelo Frattini, Macario, Gino Bramieri e Walter Chiari). Giorgio Strehler la volle nella Lulù (1953) e El nost Milan di C. Bertolazzi (1956, ripreso nel 1980) e Virginio Peucher la chiamò al Teatro stabile di Bologna per Il Passatore di M. Dursi. Lavorò anche per la radio dove rese popolare il personaggio meneghino della sciura Rosa. Negli ultimi anni della sua carriera si dedicò quasi esclusivamente al teatro dialettale milanese con la Compagnia stabile milanese del Teatro Gerolamo.

Bentley

Pubblicò nel 1946 una interessante raccolta di saggi dal titolo Il drammaturgo come pensatore (The Playwright as a Thinker) sui maggiori autori del primo Novecento e nel 1950 un libro su Shaw, cui fece seguire nel 1964 un importante saggio teorico, The Life of the Drama . Poi in Europa scoprì Brecht, lavorando con lui come assistente per Madre Coraggio a Monaco (1950), allestendo L’eccezione e la regola al Teatro dell’Università di Padova (1951); al suo rientro negli Usa ne divulgò con passione le opere e le idee in molti scritti, raccolti in volume nel 1981. Fu anche un attento e sottile critico teatrale e un prestigioso insegnante di letteratura drammatica alla Columbia University.

Brenton

Le sue prime opere sono lontane da ogni schema naturalistico, i personaggi spesso caricaturali e fumettistici, moltissimi gli elementi surreali: Christie innamorato ( Christie in Love , 1969). Dopo la chiusura del Portable Theatre, B. iniziò a scrivere per il circuito ufficiale: Magnificenza (Magnificence, 1973) per il Royal Court, Brassneck (1974), scritto con Hare, The Churchill Play (sempre nel ’74), che si svolge in un campo di concentramento di un’immaginaria Inghilterra fascista del 1984. Nel 1976 rappresentò Armi di felicità (Weapons of Happiness) al National Theatre, rinunciando alla sperimentazione per attenersi a forme più convenzionali. Quindi, per il Joint Stock, Le colline di Epsom (Epsom Downs, 1977), sul Derby Day e, ancora per il National, I romani in Inghilterra (The Romains in Britain, 1980), un kolossal di sinistra dove viene stabilita un’ardua analogia tra gli inglesi di oggi in Ulster e i Romani oppressori dei Celti. Seguirono Il genio (The Genius, 1983), Pravda (1985), commedia grottesca sul mondo giornalistico scritta con Hare, e due testi scritti con Tariq Ali, Notti iraniane (Iranian Nights, 1989) e Mosca d’oro (Moscow Gold, 1990). Interessanti anche gli adattamenti: Misura per misura da Shakespeare (1972), Vita di Galilei da Brecht (1980) e La morte di Danton da Büchner (1982).

Bergman

Ingmar Bergman fece il suo apprendistato nelle filodrammatiche e ottenne un piccolo successo di scandalo mettendo in scena in un teatrino sperimentale La sonata dei fantasmi di Strindberg, testo al quale tornò più volte nel corso della sua carriera. All’inizio degli anni ’40 divenne aiuto regista stabile al Teatro Lirico di Stoccolma e nel 1943 firmò la sua prima regia professionale. L’anno dopo scrisse la sua prima sceneggiatura e nel 1945 diresse il suo primo film. Il cinema lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo, ma al teatro rimase sempre fedele, potendo alternare il lavoro per lo schermo a quello per la scena anche perché realizzò in patria quasi tutti i suoi film ed ebbe generalmente modo di valersi degli stessi attori che interpretavano i suoi spettacoli. La sua carriera di direttore di teatri iniziò in provincia: prima a Helsingborg, poi dal 1946 al 1950 a Göteborg dove allestì, fra l’altro un Caligola apprezzato per la sua insolita fisicità, infine dal l952 al 1958 a Malmö. Fu qui che si affermò definitivamente come regista strindberghiano, mettendo in scena Erik XIV, La sposa con la corona , Il sogno (altro testo al quale tornò spesso) e di nuovo La sonata dei fantasmi, ma affrontando anche altri autori a lui particolarmente cari, da Molière a Ibsen, e realizzando a grande spettacolo La vedova allegra . Nel 1963 gli fu affidata la direzione del Dramaten di Stoccolma, la più prestigiosa scena svedese, che riformò migliorando le paghe degli attori e introducendo il principio delle prove aperte. Vi rimase per tre anni con memorabili allestimenti di Hedda Gabler, Il gabbiano, Woyzeck e Chi ha paura di Virginia Woolf? , e vi sarebbe tornato, come regista ospite, negli anni Settanta per allestire soprattutto Strindberg: ancora Il sogno e La sonata dei fantasmi , nonché un adattamento di Verso Damasco, in edizioni portate con successo anche fuori dalla Svezia.

Nel 1976, accusato ingiustamente di evasione fiscale, scelse di emigrare e andò a lavorare al Rezidenztheater di Monaco dove ripropose alcuni dei suoi autori prediletti e nel 1981 presentò in una sola sera ben tre spettacoli: Casa di bambola, La signorina Giulia e le sue Scene da un matrimonio, nate negli anni Settanta come sceneggiato televisivo e poi filmate. Dopo nove anni di esilio, tornò al Dramaten nel 1985 e aggiunse all’elenco delle sue regie più importanti un discusso Amleto, un potente Re Lear, e alcuni testi contemporanei come Lungo viaggio verso la notte di O’Neill, Madame de Sade di Mishima, Iwona principessa di Borgogna di Gombrowicz e Il tempo e la stanza di B. Strauss. Gli autori che ricorrono più frequentemente nella sua teatrografia sono tuttavia Ibsen e Strindberg, non soltanto per ovvie affinità di scandinavo ma perché trovava nei loro drammi lo spazio per uno stile registico fondato sull’introspezione psicologica, e quindi sul lavoro di scavo richiesto agli attori. Nel corso della sua carriera, mise in scena quasi esclusivamente opere di alto livello drammaturgico che cercò di valorizzare e di rendere rilevanti per il pubblico del suo tempo mettendone in rilievo quelli che riteneva i significati di fondo anche attraverso interventi, spesso radicali, sui testi. Era il suo modo di essere fedele al dramma da allestire e obbediva a un rigore estetico al limite dell’ascetismo che lo portava a evitare sia l’effetto visivo fine a se stesso (anche se i suoi spettacoli offrirono spesso immagini di straordinaria efficacia) sia il trompe-l’oeil realistico. L’obiettivo era un teatro in grado di ristabilire quello stretto rapporto fra dramma, attori e spettatori che solo poteva a suo avviso restituire un senso a questa arte. Per il teatro scrisse anche alcuni copioni, fra i quali l’atto unico Pittura su legno (Tr&aulm;malning, 1954) che fu poi alla base di uno dei suoi film più famosi, Il settimo sigillo . Ma non solo per questo è lecito affermare che fra il suo teatro e il suo cinema non esisteva soluzione di continuità.

Bernhard

La vocazione teatrale di Thomas  Bernhard ha camminato a fianco di quella narrativa, peraltro prevalentemente fissata sul monologo di personaggi ibernati dalla follia. Il suo teatro costituito da una ventina di pièce, scritte tra gli anni ’70 e ’80 dà voce a chi non trova altra strategia, se non nello sconnesso e delirante soliloquio, per resistere all’invasione della realtà, sentita come un ingombrante viluppo di tare e di insensatezze. Così la drammaturgia finisce con l’ospitare una lunga processione di paranoici, pazzi, visionari, malati, che, dal loro stravagante punto d’osservazione, smontano, pezzo per pezzo, tutta l’organica gerarchia dell’esistere. Negati al dialogo, per sempre fissati nella glacialità di una posizione senza sviluppo, gli eroi di Thomas  Bernhard sono larve in esclusiva attesa della fine, complici delle loro patologie, irresistibilmente attratti dal fallimento e dalla degradazione morale. La morte, secondo la logica di questo mondo alla rovescia, segna dunque la supremazia definitiva del nulla. Non bisogna allora aspettarsi eventi nel teatro di Thomas  Bernhard la sua legge è la staticità, perché tutto è già avvenuto. Né vi possono essere sostanziali differenze tra i personaggi: dislocati in zone neutre, dove, come ha suggerito Eugenio Bernardi, assenti o irrilevanti sono le coordinate spazio-temporali (sottolineate dai rarissimi cambi di scena); privati di prospettive e di mete, tutti vengono colti nel tentativo di compiere un gesto estremo, spesso coincidente con il suicidio. Non manca, nel teatro e nella narrativa di Thomas  Bernhard, una durissima presa di posizione contro l’Austria, come testimonia l’unica (e ultima, del 1988) pièce fornita di precise connotazioni spazio-temporali, cioè Piazza degli Eroi (Heldenplatz). Tra le sue più importanti opere ricordiamo, anche per via degli allestimenti presentati in Italia negli ultimi anni, Una festa per Boris (Ein Fest für Boris), Amburgo 1970, regia di Claus Peymann (regia di Maccarinelli, 1998); L’ignorante e il visionario (Der Ignorant und der Wahrsinnige), Salisburgo 1972, regia di Peymann (Ugo Leonzio, 1984 e Domenico Polidoro, 1994, ne hanno curato la messinscena italiana); La forza dell’abitudine (Die Macht der Gewohnheit, 1974), regia di Juliette Mayniel, Roma 1985; Minetti. Ritratto di artista da vecchio (Minetti ein portrait des künstlers als alter Mann), Stoccarda 1976, regia di Peymann (in Italia regia di Polidoro, 1994); Il riformatore del mondo (Der Weltverbesserer), Bochum 1980, regia di Peymann; La brigata dei cacciatori (Die jagd gesellschaft), Vienna 1974; Alla meta (Am Ziel) Salisburgo 1981 (regia di Piero Maccarinelli, Asti 1989); Semplicemente complicato (due gli allestimenti italiani: nel 1995 a cura di Teresa Pedroni l’uno e di Michele Blasi e Andrea Facciocchi l’altro).

Baricco

Le atmosfere incantate, la vitalità e la ricchezza del narrare sono i cardini su cui ruotano i libri di Alessandro Baricco, il cui debutto nel mondo del teatro è avvenuto nel 1994 in occasione del festival di Asti con l’allestimento di Novecento (storia del pianista del Virginian, mai sceso dalla nave per tutta la sua vita) per la regia di Gabriele Vacis e l’interpretazione di Eugenio Allegri. A questa prova ha fatto seguito la lettura-recitazione (effettuata da Galatea Ranzi al Teatro Valle di Roma nel 1996) del suo racconto Seta e la messinscena di Totem , spettacolo in due serate sui classici della letteratura, della musica, del teatro e della pittura realizzato con Vacis (ha debuttato a Savigliano presso il Teatro Milanello nel 1997). Ancora nel 1997, per la regia di Luce Ronconi, al Teatro Argentina, è andata in scena la discussa parabola filosofica Davila Roa.

Bonnefoux

Dopo aver studiato con Locia, Franchetti e Maly all’Opéra di Parigi, nel 1959 è stato scritturato dalla stessa. Promosso primo ballerino nel 1964, l’anno successivo diventa étoile. Nel 1970 è stato guest star del New York City Ballet. Molto apprezzato per il suo stile elegante e per le sue doti espressive, è stato ospite di altre importanti compagnie, oltre ad essere anche interprete di vari balletti di Béjart ( Damnation de Faust , Webern Opus 5 ). Insieme a Carla Fracci ha debuttato alla Scala (1969) in The Macbeths di Pistoni. Ha sposato la ballerina Patricia Mac Bride.

Bigi

Diplomato all’Accademia di belle arti di Brera, Ferruccio Bigi debutta in teatro alla Piccola Commenda di Milano con Meriggio e l’ Uomo nero di Emilio Ghezzi (1983). Si interessa particolarmente di teatro musicale collaborando con il CRT di Milano per numerose produzioni tra le quali La coltura degli alberi di Natale da Eliot regia G. Marini (1984) e Umbra di M. Pisati di cui cura oltre alle scene ed i costumi anche la regia (1985). Per il teatro d’opera lavora come scenografo realizzando con il regista F. Ambrosini spettacoli come Tosca di Puccini (Teatro Comunale di Piacenza, 1995) e Le nozze di Figaro di Mozart (As.Li.Co, 1997). Scenografo poliedrico si interessa anche di luci e con altri artisti (Studio Festi) si occupa di eventi spettacolari allestiti in spazi inconsueti, come l’incarico triennale per la celebrazione del Festino di Santa Rosalia (Palermo 1995-97).

Bergamasco

Nel 1987 Sonia Bergamasco si diploma in pianoforte presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e nel 1990 in recitazione presso la Scuola del Piccolo Teatro diretta da Giorgio Strehler, per il quale recita nel Faust I e II di Goethe (1987-91) e in Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni (1990-91). Lavora con Glauco Mauri (1992 Riccardo III di Shakespeare), Theodorus Terzopoulos (Antigone di Sofocle, 1997) e in numerose regie di Massimo Castri (nel 1992 La disputa e nel 1993-94 Il gioco dell’amore e del caso di Marivaux; nel 1995 Ecuba di Euripide e dal 1995 al 1997 La trilogia della villeggiatura di Goldoni. Nel 1994 recita nel cortometraggio di Silvio Soldini D’estate . Dal 1997 lavora con Carmelo Bene che accompagna al pianoforte nel recital leopardiano Voce dei canti . E accanto alla sua attività di attrice, infatti, coltiva l’attività concertistica come pianista ( Façade di W. Walton 1993, Pierrot lunaire di A. Schönberg 1994-97).

Brasseur

Figlio di Pierre Brasseur, Claude Brasseur esordisce nella commedia scritta dal padre, Un ange passe (1946). Studia recitazione a Parigi con René Girard e René Simon. A teatro ha interpretato testi classici – Britannicus di Racine (1966); Georges Dandin ou le mari confondu di Moliére (1987) – ma è soprattutto il teatro moderno che gli offre la possibilità di esprimere a pieno le sue potenzialità interpretative, passando da ruoli brillanti a parti drammatiche: Match (1964); Du côté de chez l’autre di A. Ayckbourn, adattato per le scene francesi da F. Veber (1971); Gli occhi della notte di F. Knott (1974); Le souper di J.C. Brisville (1989); Diner de cons (1993); La dernière salve di J.C. Brisville (1995, con la regia di M. Bluwal).

Barišnikov

Michail Nikolaievich Barišnikov studia all’Istituto coreografico di Riga dal 1958 al ’64 per poi passare all’Istituto coreografico di Leningrado (studia con Aleksandr Puskin), dove si diploma nel 1967 per entrare nella compagnia del Kirov. Primo premio a Varna nel 1966, nel passo a due del Don Chisciotte dimostra straordinarie doti di danzatore classico dal movimento naturale ed espressivo, che riesce ad annullare nella danza le difficoltà tecniche delle pirouettes e dei salti. Solista al Kirov sino al 1974, dove affronta i principali titoli del repertorio classico e sovietico ( Giselle , Il lago dei cigni , La bella addormentata , Corsaro , Le fiamme di Parigi ) e molti balletti creati per le sue doti speciali di danzatore superdodato ma, secondo gli standard russi, di difficile impiego nei titoli classici: Amleto di Konstantin Sergeev (1970), La creazione del mondo di Kasatkina e Vasilev (1971). Nel 1969 con Vestris , miniatura coreografica di Leonid Jakobson, vince il primo premio al concorso internazionale di Mosca, dimostrando anche grandi doti di interprete. Il 30 aprile del 1974 danza per l’ultima volta al Kirov in Giselle . Subito dopo, durante una tournée del Kirov in Canada, sceglie di fuggire e restare in Occidente, sulla scia della clamorosa fuga di Nureyev, con il quale il paragone resta costante: tanto è dionisiaca, teatrale, irruente, a costo anche di imperfezioni vistose, la danza di Nureyev, quanto è apollinea, perfetta, pura, a costo di rinunciare a certe parti quando la tecnica non lo permette più, quella di B. Negli Usa la sua compagnia elettiva è l’American Ballet Theatre, dove danza dal 1974 al ’78, interpretando i principali ruoli del repertorio classico. Negli stesi anni affronta nuovi ruoli o creazioni realizzate per lui da Roland Petit ( Carmen e Le jeune homme et la mort , La dama di picche ), John Butler ( Medea ), John Tetley ( Sagra della primavera ), Antony Tudor ( Shadow Play ), Twyla Tharp ( Nine Sinatra songs , Push comes to shove ).

Dal 1978 al ’79 è danzatore del New York City Ballet ma, nonostante la formazione classica russa, lo stile rapido e sincopato di Balanchine è lontano dalle sue corde artistiche: eccelle nei ruoli più classici come Apollo , Figliol prodigo , Sonnambula e nei balletti di Jerome Robbins ( Dances at a gathering , Other dances , L’après-midi d’un faune ). In questi anni tuttavia non manca di mettersi alla prova con altri stili e con le compagnie di altri grandi coreografi americani: Alvin Ayley, Paul Taylor, Martha Graham. Assurge al ruolo di pop-star per i suoi amori con Isabella Rossellini e Jessica Lange. Intraprende una carriera di attore in Due vite, una svolta (1977), Le notti bianche (1985), dove interpreta sostanzialmente se stesso, Il gabinetto del dottor Ramires di Peter Sellars (1991). Gira numerosi film e documentari in cui appare nelle sue migliori interpretazioni di danzatore. Dal 1980 al ’89 è chiamato alla direzione dell’American Ballet Theatre. Per questa compagnia, anche prima della direzione, allestisce classici russi: Schiaccianoci (1976), Don Chisciotte (1978), Cenerentola (1983), Il lago dei cigni (1989). Lasciata la direzione dell’American Ballet Theatre, abbandona poco per volta il repertorio classico per passare alla danza contemporanea, le cui difficoltà tecniche sono all’altezza di un ballerino ormai maturo come è B. Con Mark Morris fonda il White Oak Dance Project, una formazione piccola e agile che affronta i classici della coreografia americana (Merce Cunningham, Doris Humphrey) e lavori di giovani coreografi (Morris prima di tutti). In questo modo Michail Nikolaievich Barišnikov riesce a prolungare una grande carriera di danzatore senza rinunciare a quelle caratteristiche di perfezione e purezza esecutiva che hanno sempre marcato il suo stile.

Borriello

Diplomata all’Accademia nazionale di danza a Roma si perfeziona al Mudra di Bruxelles, dove entra a far parte del gruppo Rosas di Anne Teresa De Keersmaeker ed è interprete di Rosas danst Rosas .. Nel 1986 firma la sua prima creazione Allegro vivace mais pas trop , cui fanno seguito Scirocco (1988), Contrappunti (1991), Electric Spirit (1994), Danze e piccole danze (1995), Tammorra (1997), nei quali elabora una danza incentrata prevalentemente sull’ analisi e la composita costruzione del movimento. Invitata a coreografare da varie formazioni (Charleroi/Danse 1992, MaggioDanza 1997), cura anche laboratori e corsi di composizione coreografica.

Bataille

Il suo teatro nasce come reazione al naturalismo imperante sulle scene francesi negli anni che precedono la Prima guerra mondiale, rivendicando la centralità del sentimento. Due dei drammi di Henry Félix Bataille più riusciti, Mamam Colibri (1904) e La marche nuptiale (1905), scelgono come tema la delusione amorosa: nel primo a infrangersi è la speranza di una donna matura di poter ancora abbandonarsi alla passione; nel secondo sono i sogni romantici di alcune giovani fanciulle a rivelarsi amaramente ingannevoli. Le donne sono sempre protagoniste delle sue pièce, tra cui ricordiamo: Poliche (1907), La femme nue (1908), Le scandale (1909), La vierge folle (1910), Le phalèn e (1913), Tendresse (1921). Autore di successo in vita, nel primo dopoguerra non riesce più a accordarsi alla sensibilità del pubblico e i suoi testi sono sempre meno rappresentati.

Baldessari

La formazione artistica di Luciano Baldessari avviene a Rovereto sotto la guida di F. Depero e a Vienna, nel 1915, dove frequenta la Scuola reale. Termina gli studi a Milano laureandosi in architettura (nel 1922 al Politecnico) e frequenta il corso di Scenografia di Mentessi e Cattaneo a Brera. Dal 1923 al 1926 vive a Berlino dove conosce importanti artisti, registi, architetti dell’espressionismo tedesco e progetta per M. Reinhardt una serie di bozzetti non realizzati per Santa Giovanna di Shaw (1924). Dal 1926 è in Italia dove disegna bozzetti scenici e costumi per Giuliano di Zandonai (1927), Guglielmo Tell di Rossini (1929). A questo periodo seguono una serie di lavori fra i quali si ricordano Danse macabre su musica di Saint-Saens (1928), La scala di seta di Chiarelli (Milano 1929), I cavalieri di Ekebù di Zandonai (1929), La corte dei miracoli di Cavacchioli (1929). La sua attività di scenografo è fortemente influenzata nelle scelte dello spazio, del volume e del colore dalla sua professione di architetto, ed è evidente anche nei progetti scenici per Enrico IV (Milano 1930) e per i Sei personaggi in cerca d’autore (1932). Dal 1939 al 1948 vive a New York, rientra in Italia, a Milano, nel dopoguerra continuando al sua attività di architetto.

Bonagura

Gianni Bonagura frequenta l’Accademia nazionale d’arte drammatica ‘S. D’Amico’ e alla fine degli anni ’40 inizia la propria carriera artistica nell’ambito del teatro di prose. Dapprima interpreta ruoli significativi in opere dei più importanti drammaturghi classici, in seguito affronta la drammaturgia contemporanea, lavorando con registi come Orazio Costa, Guido Salvini, Edmo Fenoglio, Mario Ferrero, Franco Zeffirelli, per il quale interpreta insieme a Anna Maria Guarnieri e Giancarlo Giannini, Black Comedy di P. Shaffer. Conosce il successo nel teatro leggero, ormai in fase di trasformazione da rivista in commedia musicale, e offre la sua prova migliore con: Uscirò dalla tua vita in taxi di Waterhouse e Hall. Nella stagione 1981-82 interpreta Applause accanto a Rossella Falk, e A piedi nudi nel parco ; nel 1984 La donna vendicativa , per la regia di Gabriele Lavia e, in coppia con Johnny Dorelli, Taxi per due ; l’anno successivo è in scena con lo spettacolo L’incidente , per la regia di Luciano Salce. Ha partecipato a numerose commedie, sceneggiati e film. Spesso accanto all’attività di attore accompagna quella di doppiatore cinematografico.

Brignone

Il capostipite della famiglia Brignone, Giuseppe (Torino 1854 – ivi 1937), dopo una dura gavetta di palcoscenico, fece coppia con Pia Marchi Maggi prima di autopromuoversi capocomico. Nel 1917 lasciò il teatro per dedicarsi esclusivamente al cinema, fino alle soglie del sonoro. La figlia Mercedes (Madrid 1886 – Roma 1967), dopo aver esordito bambina nella compagnia paterna, fu a quattordici anni con la Mariani, e poi con Sichel, Garavaglia e Palmarini (che sposò nel 1903). Allontanatasi dalle scene per una dozzina d’anni, vi ritornò a fianco di Ruggeri, Ricci, la Palmer; nel secondo dopoguerra fu con Maltagliati-Randone-Carraro, e con una serie di compagnie particolarmente versate nel genere brillante. Numerosissime le sue interpretazioni cinematografiche, in un arco trentennale dal muto al parlato. Suo fratello Guido (Milano 1887 – Roma 1958), dopo aver debuttato come attore cinematografico alla vigilia della Grande guerra, passò quasi subito alla regia, realizzando una ventina di film muti prima di lavorare prevalentemente in Francia e Germania. Negli anni ’30, tornato in Italia, realizzò pellicole di grande successo comeTeresa Confalonieri, Passaporto rosso, Vivere!, per dedicarsi infine a un repertorio di accentuato gusto drammatico-popolaresco (La sepolta viva, Il bacio di una morta, Core `ngrato).

Bagno

Si è fatto apprezzare in particolare come inteprete ruzantiano, ma va ricordato anche un suo celebre Pantalone. Nella sua lunga carriera ha lavorato a fianco di Sergio Tofano, nella Compagnia dei Giovani ai suoi inizi, per poi collaborare con diversi teatri stabili, tra cui quelli di Torino e di Trieste, oltre che con il Piccolo Teatro di Milano con le sue caratterizzazioni di molti personaggi di Machiavelli (memorabile il suo Fra’ Timoteo de La mandragola ), Shakespeare, Brecht, Silone. Per non dire dei tanti ruoli sostenuti in cinema e televisione.

Bailey

Fra i più importanti impresari circensi di tutti i tempi. Pioniere delle moderne metodologie produttive (fu il primo ad utilizzare la luce elettrica nei propri spettacoli), James Anthony Bailey, dopo aver aperto il Cooper & Bailey, che in Australia si guadagna il primato di più grande circo mai esibitosi in quel continente, fonda nel 1888 il mitico Barnum & Bailey, del quale nel 1891, alla morte di Barnum, mantiene il controllo. In anni di risibili leggi antitrust arriva ad acquistare marchi importanti come quello del Buffalo Bill Wild West Show, o dell’Adam Forepaugh & Sells Bros. Circus. Nel 1898 inizia con Barnum & Bailey una tournée europea, terminata nel 1902, che fonda in pratica il circo europeo del Novecento, come modello organizzativo, estetico e di approccio alle tecniche di vendita. Durante la permanenza in Inghilterra `le stranezze umane’ si ribellano per l’uso dell’appellativo freak al posto del quale viene trovato il nuovo termine prodigio. Al ritorno in America, dopo cinque anni di assenza, si trova a fronteggiare il colosso emergente dei fratelli Ringling, che, alla sua morte, acquisiscono il controllo del Barnum & Bailey.

Brown

Dopo gli studi di danza moderna al Mills College e poi con Limón, Horst e Cunningham, nel 1960 Trisha Brown incontra Yvonne Rainer, che la induce a trasferirisi a New York, dove frequenta le classi di composizione di Robert Dunn ed è tra i membri fondatori del Judson Dance Theatre (1962) e in seguito della Grand Union (1970-1976). Qui crea i suoi innovativi ‘equipment pieces’, tra cui le danze lungo i muri di palazzi e grattacieli come Man walking down the Side of a Building (1969), Walking on the Walls (1971) e Roof Pieces (1973) con quindici danzatori sui tetti di Manhattan, che si trasmettono il movimento telegraficamente. In questo periodo nasce anche l’esemplare Accumulation (1971), cui aggiunge poi With Talking (1973) e Plus Watermotor (1978), un brano che sviluppa la coreografia a partire da una sequenza base di movimento, ripetuta e progressivamente arricchita di nuovi elementi, secondo uno schema di crescita a catena. Verso la fine degli anni Settanta, inizia a lavorare in spazi teatrali introducendo nei suoi lavori musica e scene. Glacial Decoy (1979), con le fotografie e le proiezioni di Robert Rauschenberg, è il brano di svolta, che si caratterizza come un flusso motorio, senza inizio né fine.

Ancora Rauschenberg è autore delle scene e dei costumi grafici in bianco e nero di Set and Reset (1983), su musica di Laurie Anderson, perfetto esempio di sintonia tra più artisti di comune sensibilità epocale. La collaborazione con Rauschenberg è destinata a restare una costante della sua attività, da Astral Convertible (1989) a Foray Forêt (1990) al mirabile e sapiente solo per se stessa, danzato interamente di spalle, If you couldn’t see me (1994). Nel 1986 crea, intanto, le danze per Carmen al Teatro San Carlo di Napoli; poi, senza mai venir meno al suo interesse centrale per la natura e la sostanza della creazione coreografica, negli anni ’90 lavora sulla musica classica, coreografando M.O., sull’ Offerta Musicale di Bach (1995) e curando la regia dell’ Orfeo di Monteverdi (1998). Il suo linguaggio, di estrema libertà e fluidità, genera una danza capace di rendere virtuosistico anche il gesto quotidiano. Il suo influsso creativo e formativo si avverte nel lavoro di Stephen Petronio, già componente della sua compagnia, e in numerosi esponenti della nouvelle danse francese.

Börlin

Ha studiato presso la scuola del Teatro Reale Svedese di cui diventa solista a partire dal 1905. Negli anni ’10 ha studiato con Michail Fokine a Copenaghen subendone parzialmente l’influenza. Nel 1920 a Parigi conosce il mecenate Rolf de Maré (che diventa suo compagno) e con il quale fonda i Ballets Suédois, compagnia di breve vita (1920-1925) ma molto importante sul piano artistico, che nella Parigi degli anni ’20 si contende il pubblico più raffinato con i Ballets Russes di Diaghilev. È stato protagonista e coreografo di tutto il repertorio dei Ballets Suédois, che si caratterizza ancora di più come compagnia d’avanguardia creando insieme ai migliori musicisti e artisti dell’epoca: Ferdinand Léger, Francis Picabia, Darius Milhaud, Arthur Honneger. La sua importanza come coreografo è emersa a partire dal 1996 quando Kennet Archer e Millicent Hodson hanno ricostruito il suo balletto Skating Rink (musica di Honneger, scene e costumi di Léger) e, successivamente, Dervish e Within the Quota , mettendone in evidenza la modernità e i legami con le correnti più recenti della danza contemporanea.

Bacci

Nel 1958 conosce il regista G. De Lullo che la sceglie per Il buio in cima alle scale di W. Inge. Negli anni seguenti lavora con i registi F. Enriquez, M. Ferrero, O. Costa e A. Trionfo. Tra il 1961 e il 1964 lavora per la televisione come protagonista di varie commedie e dello sceneggiato Eugenie Grandet tratto da Balzac. Successivamente recita con registi come G. Bosetti ( Zio Vanja di Cechov, Don Giovanni di Molière), J. Kilty ( La professione della signora Warren di Shaw, 1976), G. Sepe ( Come le foglie di Giacosa, 1980), G. Patroni Griffi ( A porte chiuse di Sartre e Oreste di Alfieri, 1980-82; Questa sera si recita a soggetto di Pirandello, 1988), G. Marini ( Cocktail party di T.S. Eliot). Nel 1987, con la messa in scena de La serva amorosa di Goldoni, inizia la collaborazione con L. Ronconi, per il quale nel 1990 recita in Strano interludio di O’Neill, nel 1991 in La folle de Chaillot di J. Giraudoux, nel 1995 in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana tratto dall’omonimo romanzo di Gadda – per il quale vince il premio della critica italiana come miglior attrice dell’anno – e nel 1996 ne I fratelli Karamazov tratto da Dostoevskij.

Brancati

Anche se ha iniziato la sua attività di autore di teatro negli anni ’30, con alcuni testi di dubbio valore artistico Everest (atto unico, 1930); Piave (dramma patriottico, 1932), Il viaggiatore dello sleeping n.7 era Dio (1935); il vero successo l’ottenne nel secondo dopoguerra, con Questo matrimonio si deve fare (1939, rappresentata postuma dal Teatro stabile di Catania, con Turi Ferro, nel 1963), cui fece seguito Le trombe di Eustachio (1942), L’orecchio di Dioniso (1943), Don Giovanni involontario (1943), Raffaele (1948), Una donna di casa (1950). Certamente la sua commedia più nota e forse più bella è La governante , di cui si ricorda una bellissima edizione (1965-66), con A. Proclemer, G. Tedeschi e G. Albertazzi, per la regia di G. Patroni Griffi; ripresa ancora da Albertazzi, con P. Pitagora nella stagione 1995-96. La commedia fu bocciata dalla censura di allora anche se intenzione di B. era solo quella di portare in scena un caso morale, ovverosia la coscienza di un essere umano che si dibatte nelle spire di un `vizio’ che non vuole accettare, l’omosessualità femminile. Brancati scrisse in quell’occasione un pamphlet violento: Ritorno alla censura , contro la mentalità di un certo potere politico. Molto intensa fu anche l’attività di sceneggiatore cinematografico; ricordiamo: La bella addormentata di L. Chiarini (1943), Silenzio, si gira! di C. Campogalliani (1944), Anni difficili (1948), a cui seguì Anni facili (1953), entrambi diretti da L. Zampa, L’uomo, la bestia e la virtù di Steno (1954). Quattro anni dopo la morte (1954), il primo a interessarsi del teatro di B. fu N. Borsellino, che mise in risalto i tratti `nuovi’ del commediografo rispetto al narratore, indicandone l’anima aristofanesca o etico-politica, e il carattere polemico, la satira corrosiva, come elementi distinguibili della sua drammaturgia. Se ci sono sempre stati dei sospetti sui narratori che si dedicano anche al teatro, finendo spesso per considerare marginale questa attività, per B. le prove del palcoscenico hanno invertito questa tendenza, evidenziando una vena beffarda, una comicità agre, un felice uso del grottesco che rivelano la novità della struttura drammatica, specie in opere come La governante e Don Giovanni involontario .

Battaggi

Con la sorella Placida allieva di Raffaele Grassi alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala, diventa prima ballerina del suo corpo di ballo e si esibisce in balletti quali Vecchia Milano di Giovanni Pratesi (1928) e altri simili esempi del tardo «ballo grande all’italiana» ( Sieba di Luigi Manzotti, musica Romualdo Marenco 1933) dove ha modo di mostrare la sua brillante tecnica accademica. Anche coreografa ( Il carillon magico su musica di Riccardo Pick Mangiagalli, protagonista Placida Battaggi, 1926), dal 1938 fino alla morte ha diretto insieme alla sorella la Scuola di ballo del Teatro dell’Opera di Roma.

Betti

Tra il 1926 e il 1928, Ugo Betti dopo una breve stagione poetica (Il Re pettirosso , 1922), inizia la sua esperienza di commediografo in un momento in cui la drammaturgia italiana si concede alcune pause di riflessione dopo l’avanguardia futurista, la rivoluzione pirandelliana, lo sperimentalismo di Rosso di San Secondo, la novità del grottesco, il realismo magico di Bontempelli. Per un giovane drammaturgo, appare alquanto difficile trovare un posto degno in un momento così intenso e non facilmente ripetibile. Occorrerà del tempo, e Ugo Betti ne avrà, dato che la sua esperienza teatrale si concluderà nel 1952-53, con La fuggitiva. Nel 1927 crede di aver trovato un’alternativa con la commedia fiabesca, La donna sullo scudo , che certamente risente anche del clima futurista (e riproporrà due anni dopo la dimensione favolistica con L’isola meravigliosa ). Ottiene il suo primo successo con La padrona (1927), un dramma intenso, carico di `espressività’, con atmosfera tesa e personaggi allucinati. Segue La casa nell’acqua (1928), dove viene affrontato il tema della felicità, rappresentato da Elli, venuta da lontano forse per turbare l’equilibrio di Luca, Francesco e Marta che conducono un’esistenza grigia. Con Frana allo scalo nord (1932), B. si avvia verso la formula che caratterizzerà definitivamente la sua drammaturgia, quella dei processi morali, che condurrà a Ispezione (1942) e Corruzione al palazzo di giustizia (1944). Tra il 1935 e il 1937, B. si concede qualche divagazione nel teatro leggero ritornato di moda: Una bella domenica di settembre , I nostri sogn i, Il paese delle vacanze . Certamente il suo capolavoro rimarrà Corruzione al palazzo di giustizia , il cui successo in Italia e all’estero fu straordinario; ma anche i testi che vengono dopo mantengono un marchio di qualità: Lotta fino all’alba (1949), Spiritismo nell’antica casa (1950), Irene innocente (1950), Delitto all’isola delle capre (1950), La regina e gli insorti (1951), L’aiuola bruciata (1953) e La fuggitiva (1953). Per lungo tempo la critica ha ritenuto Ugo Betti l’autore più importante dopo Pirandello; il suo teatro è stato portato in scena dalle migliori compagnie italiane ed ha avuto grande successo anche all’estero.

Bontempelli

Il lavoro per il teatro, vissuto da uomo di palcoscenico e non solo secondo prospettiva letteraria, si affiancò per lungo tempo all’attività narrativa. I lavori più felici e spiazzanti di Massimo Bontempelli risalgono al periodo prenovecentista: La guardia alla luna (1920), Siepe a Nord-Ovest (1923) e, soprattutto, Nostra Dea e Minnie, la candida. Opere che, se da un lato godettero di ottimi riscontri nell’ entourage letterario, dall’altro vennero di fatto cancellate dai repertori delle compagnie teatrali fino ai nostri giorni. Nostra Dea che è stata riproposta da Missiroli nel 1992, venne scritta tra il 1º e il 16 gennaio 1925 e fu rappresentata nello stesso anno a Roma al Teatro degli Undici (dove rimase in cartellone per tre anni), con la regia di Pirandello e l’interpretazione di Marta Abba, che si rivelò proprio grazie a questo ruolo. Minnie, la candida venne realizzata tra il 1925 e il 1927 ed allestita, senza apprezzamento del pubblico, al Teatro di Torino nel 1928 dalla Compagnia di Ernesto Sabbatini. Nate nel clima del grottesco e del futurismo, non immuni dalle suggestioni di Pirandello, le pièce spiccano per il carattere avanguardistico, sorretto dal gusto del pastiche stilistico e dall’uso di elementi meccanici, in accordo con le trovate marinettiane. Entrambe individuano il male dell’uomo nell’incomunicabilità ed operano la conseguente, «dissoluzione e distruzione del personaggio nell’ambiente che lo circonda» (L. Baldacci). Minnie, la candida, in particolare, porta in scena l’anima pura, un idiota dostoevskiano al femminile, che, avvelenata da un motto di spirito, crede di essere circondata da uomini artificiali, spingendosi fino al suicidio nella convinzione di essere lei stessa il frutto abnorme della manipolazione. Dramma quanto mai attuale, anche per via dell’effetto straniante della `agrammaticalità’ della protagonista e della freddezza metallica degli scenari urbani, Minnie, la candida mette a nudo l’ansia e l’incapacità di vivere dell’uomo contemporaneo. Le opere successive di B. – si ricordino perlomeno Bassano padre geloso (1934, compagnia Ruggeri-Borboni) e Venezia salva (1947, Regia di O. Costa al festival di Venezia) – non producono esiti artistici di rilievo, risultando decisamente poco necessarie ed ispirate.

Bernard

Esponente del teatro commerciale della Belle Epoque, Tristan Bernard si trasferisce a Parigi per compiere la sua formazione universitaria. Venuto a contatto con ambienti artistici e intellettuali, collabora con la “Revue Blanche” e inizia la sua carriera nel 1895, affacciandosi ai teatri dei boulevards parigini con Les pieds nickélés . Da questo momento la sua produzione è continua e segue le più diverse linee di sviluppo, dal vaudeville (L’anglais tel qu’on le parle, 1899) al quiproquo (Triplepatte, 1905). Tristan Bernard utilizza schemi drammaturgici collaudati che non escludono tuttavia la verità psicologica dei personaggi e l’affresco sociologico e di costume (Jules, Juliettes et Julien, 1927). Le sue commedie, vicine allo spirito di Feydeau e Courteline, vanno dalla ricostruzione di un ambiente, ricco di spunti macchiettistici (Le prince charmant), alla ricerca di un carattere (Triplepatte) e testimoniano la piena vitalità di un genere, quello del teatro del boulevard, nella Francia del primo Novecento.

Balletto di Sicilia

Fondata nel 1989, Balletto di Sicilia è una formazione stabile di stampo classico ma vocazione contemporanea, composta da sette danzatori e residente a Tremestieri Etneo. Fondatore, direttore artistico e coreografo principale è Roberto Zappalà (Catania 1961), danzatore di formazione classica e studi jazz, già attivo nelle compagnie del Teatro Bellini di Catania, Arena di Verona, Balletto di Venezia, che per la compagnia ha siglato tra l’altro Creatura di sabbia (1993), L’après-midi d’un faune , Les noces e Anaglifo (1997). Ha inoltre curato le coreografie dei musical Jesus Christ Superstar (1995) e Evita (1997) per il Teatro della Munizione.

Béart

Cresciuta nella campagna della Provenza, a tredici anni folgorata da un film con Romy Schneider e decide di fare l’attrice. Dopo aver passato tre anni in Canada, studia recitazione in Francia e, nel 1983, ottiene la sua prima parte da protagonista nel film Premiers désirs . Attrice sensibile e perfezionista ha lavorato in numerose pellicole tra l’Europa e l’America, tra le quali: Il viaggio di Capitan Fracassa (1991) di E. Scola, La bella scontrosa (1991) di J. Rivette e Un cuore in inverno (1992) di C. Sautet. A teatro nel 1988 ha interpretato La doppia incostanza di Marivaux e l’anno dopo Il Misantropo di Molière. Recentemente ha recitato a fianco di T. Fortineau e P. Greggory in Giocare col fuoco di Strindberg, per la regia di Luc Bondy, spettacolo presentato al Festival d’Automne di Parigi (1996).

Bénichou

Come attore ha lavorato con Marcel Maréchal ( Tamerlano di Marlowe, 1965; Il sangue di Vauthier, 1971; Le furberie di Scapino di Molière, 1980), Patrice Chéreau ( Le prix de la révolte au marché noir di D. Dimitriadis, 1968) e Jean-Pierre Vincent ( Il marchese di Montefosco da Goldoni, 1970; Nella giungla delle città di Brecht, 1972) e Luca Ronconi ( XX , da Wilcock, 1971); ma è soprattutto con Peter Brook che instaura una lunga collaborazione artistica, recitando in numerosi allestimenti del regista inglese, tra cui ricordiamo: Timone d’Atene di Shakespeare (1974); Les Iks di P. Brook e J.-C. Carrière (1976); La conference des oiseaux di J.-C. Carrière (Parigi, 1979 e New York, 1980); Il giardino dei ciliegi di Cechov (Parigi, 1981 e New York, 1988 – di cui è anche assistente alla regia); Mahabharata , adattamento teatrale di J.-C. Carrière (Parigi, 1985; New York, 1987 e Glasgow, 1988); La tempesta di Shakespeare (1990, di cui è anche assistente alla regia) Je suis un phénomène (Milano, 1998). Come regista ha messo in scena: Tre sorelle di Cechov (1988); Un’assenza di L. Bellon (1989); Zona libera di J.-C. Carrière (1990); Oleanna di David Mamet (1994).

Bonacelli

Interprete autorevole e dotato di grande duttilità ha svolto un’intensa carriera dividendo i suoi impegni principalmente tra il cinema, il teatro e, più raramente, la tv. Appena diplomato all’Accademia d’arte drammatica di Roma, Paolo Bonacelli debutta in Questa sera si recita a soggetto , regista V. Gassman (1962); è poi allo stabile di Genova (1963) in Il diavolo e il buon Dio di Sartre, diretto da L. Squarzina e in coppia con Carlotta Barilli fonda la compagnia del Porcospino, a Roma, dove presenta testi di Moravia ( Il mondo è quello che è , al festival di Venezia), Il matrimonio di V. Gombrovicz e Commedia ripugnante di una madre di Witkiewicz Nel 1982 recita in Amadeus di Peter Shaffer per la regia di Giorgio Pressburger e l’anno dopo è al Teatro stabile di Torino in La casa dell’ingegnere di Siro Ferrone (regia di Beppe Novello). Sotto la direzione di M. Missiroli affronta un classico della prosa come Il malato immaginario (1985) e nel 1986 torna a collaborare con Ferrone e Navello in una delle sue prove migliori: Sogno di Oblomov , da Goncarov. Ricordiamo anche la sua partecipazione all’adattamento di Guido De Monticelli di Il ratto di Proserpina (1986) di Rosso di San Secondo, allestito ai Ruderi di Gibellina e Le miserie d’ monsù Travet (1987) di V. Bersezio per la regia di U. Gregoretti allo Stabile di Torino. Nel 1988 recita in Niente da dichiarare? per la regia di Gigi Dall’Aglio a cui seguono Tradimenti di H. Pinter (1989), Il giuoco delle parti (1991), Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal per la regia di G. Pressburger (1992). Più recentemente ha offerto una strepitosa interpretazione in Terra di nessuno di Pinter (1994), seguita da La Mandragola (1996) per la regia di M. Missiroli. Al cinema tra le sue numerose partecipazioni può essere ricordata l’esilarante prova offerta in Johnny Stecchino (1991) di R. Benigni.

Bintley

David Julian Bintley studia presso maestre locali, poi alla Royal Ballet School dove inizia il lavoro creativo e si rivela danzatore di eccezionale carattere. Entrato nel Sadler’s Wells Royal Ballet nel 1976, dà vita a importanti ruoli: la vedova Simone e Alain ne La fille mal gardée e Bottom nel Dream di Ashton; il Re rosso nel Checkmate di de Valois e la sua interpretazione più straordinaria, Petruška di Fokine. Coreografo eclettico e prolifico, crea sia balletti di danza pura, sia balletti narrativi, anche in tre atti, come il popolare Hobson’s Choice (balletto comico-drammatico, musica di Paul Reade, 1989), qualche volta a tinte forti (Edoardo II, creato per il Balletto di Stoccarda su musica di John McCabe, 1995). Fra i lavori in atto unico più riusciti, Consort Lessons (musica di Stravinskij, 1983), Still Life At The Penguin Café (musica di Simon Jeffes, 1988), Nutcracker Sweeties (Cajkovskij-Ellington, 1996). Diventa direttore artistico del Birmingham Royal Ballet nel 1995, pur continuando a creare balletti per il San Francisco Ballet e per il Balletto di Stoccarda. Gli sono stati conferiti l’Evening Standard Award For Ballet nel 1983 e il Laurence Olivier Award nel 1984.