carcere, teatro e

In questo lento movimento dell’istituzione carceraria e del contesto sociale, che ancora stenta a farsi carico di problematiche che esso stesso ha generato, delegandone la tutela esclusivamente a forme di reclusione/esclusione, si alimentano le esperienze del lavoro teatrale in carcere. La prima e più generale caratterizzazione risiede nel riconoscimento del valore evolutivo che l’esperienza teatrale ha per la persona, della potenzialità educativa e terapeutica del teatro agito, attraverso le sue componenti di socializzazione, in quanto esperienza corale che instaura un clima collaborativo e interattivo, che mette in campo la dinamica fare/guardare, lo sguardo duplice di chi si osserva nell’agire espressivo, integrando corpo e mente, sentimenti, emozioni e consapevolezze, storie, biografie e volontà testimoniali. La persona ha la possibilità di recuperare la sua pluralità attraverso il lavoro sulla creatività e sull’immaginario, uscendo dalle stereotipizzazioni generate dall’istituzione totalizzante del carcere. In questa linea si muovono gli interventi laboratoriali di Giuseppe Errico (Napoli) e di Gianfranco Pedullà (Arezzo). Un elemento ulteriore, messo in campo dalle esperienze di Donatella Massimilla (Milano) e di Armando Punzo (Volterra), è lo sviluppo di processi formativi per la recitazione, con la relativa costituzione delle compagnie teatrali: La nave dei folli, presso la casa circondariale di San Vittore di Milano, e la Fortezza, presso il carcere di Volterra. Dunque il teatro come professione, come possibilità di riconoscersi attori, cioè capaci di un’azione significante e comunicativa, ma anche di sviluppare competenze negli altri «mestieri collegati al teatro», come cita il protocollo di intesa tra il Ministero di grazia e giustizia (Ufficio centrale per la giustizia minorile) e l’Ente teatrale italiano, che hanno promosso una sperimentazione nell’area minorile con Tam Teatromusica, Teatro Kismet opera e Gruppo teatro manipolazioni. L’obiettivo primario di molte esperienze è creare un ponte tra il mondo carcerario e quello esterno, un contatto comunicativo alternativo tra la città e il carcere attraverso la formazione professionale teatrale e la produzione di spettacoli, favorendo, quando possibile, la partecipazione del pubblico esterno.