Buazzelli

Diplomato all’Accademia d’arte drammatica ‘S. D’Amico’ nel 1947 insieme a Marina Bonfigli, Nino Manfredi e Giancarlo Sbragia, Tino Buazzelli debutta in teatro con la compagnia Maltagliati-Gassman ed è subito con i suoi venticinque anni un padre ‘perfetto’ in Tutti miei figli di Miller e passa poi al Piccolo Teatro della città di Roma (1948-1952) dove, diretto da Orazio Costa, emerge in una serie di interpretazioni corpose da Sei personaggi in cerca d’autore (il Padre) e Così è (se vi pare) (il Prefetto) di Pirandello a I giorni della vita di Saroyan, Don Giovanni di Molière (Sganarello) a fianco di Crast e della Falk, Oreste di Alfieri (Egisto), Giovanna di Lorena di Anderson, Lotta fino all’alba e Spiritismo nell’antica casa di Betti, Venezia salva di Bontempelli, Invito al castello di Anouihl, Le colonne della società di Ibsen. Strehler lo chiama al Piccolo dove interpreta N. N. di Leopoldo Trieste diretto da Guerrieri, Elisabetta d’Inghilterra di Bruckner, Sacrilegio massimo di Stefano Landi Pirandello e ancora il Padre nei Sei personaggi accanto a Lilla Brignone. Con la Falk, De Lullo, Valli e la Albani (è il duca Alessandro nel Lorenzaccio di De Musset diretto da Luigi Squarzina), recita, poi in Una donna dal cuore troppo piccolo di Crommelynck e nella riproposta di Spiritismo nell’ antica casa.

Nel ’55 è con la Ricci-Magni-Proclemer-Albertazzi in Sud America nella Beatrice Cenci di Moravia e in Corruzione a Palazzo di Giustizia di Betti. Partecipa, a San Miniato (1956), a Veglia d’armi di Diego Fabbri, ancora diretto da Orazio Costa, ma fra le due direzioni, quella storico-spirituale di Costa e quella inventiva di Strehler, Buazzelli aderisce di più alla seconda ed eccolo tornare al Piccolo per sette anni in una serie di interpretazioni magistrali a cominciare da Peachum nella ripresa dell’ Opera da tre soldi (1958), a Platonov e altri di Cechov, alla Visita della vecchia signora di Dürrenmatt, a Ricordo di due lunedì di Miller, ai Brecht di Shweyck nella seconda guerra mondiale e Vita di Galileo nei quali conferisce una consistenza umana indimenticabile. Nel 1965 è allo Stabile di Genova per Arriva l’uomo del ghiaccio di O’Neill diretto da Squarzina, poi è Willie Loman di Morte di un commesso viaggiatore di Miller con Evi Maltagliati (ripreso nel ’75 con Gabriella Giacobbe) e affronta con grande successo, Il guardiano di Pinter («Buazzelli è sicuramente unico – scrive il critico del “Guardian” per le recite londinesi – una tale fusione di fisica e istrionica assurdità è irripetibile»); in polemica contro i registi demiurghi firma un rigoroso allestimento del Macbeth (da lui ridotto insieme ad Arnaldo Bagnasco) con le scene di Joseph Svoboda, dove interpreta, con la sua voce registrata anche le streghe. Segue Gnocchi una sua tragicommedia sulle vicissitudini di un arbitro, da lui scritte e interpretate. Sono anni, sulla scia della consacrazione milanese galileiana, ricchi di traguardi e proposte: I vecchi di San Gennaro di Viviani, diretto da Fenoglio (1966), Bouvard e Pécuchet , di Kezich da Flaubert con Glauco Mauri (1968), Mercadet, l’affarista di Terron da Balzac (1969) e Tutto per bene di Pirandello. Altra polemica (questa volta contro i critici), per La seconda parte della storia di Enrico IV con le piacevoli facezie di sir John Falstaff (1970, al Teatro romano di Verona), nella quale si dirige nella vigorosa descrizione scenica del grande personaggio shakespeariano.

Dal ’71 al ’73 è allo Stabile di Torino dove infonde cinismo e vigoria sorprendenti al Signor Puntila e il suo servo Matti di Brecht in coppia con Corrado Pani, in una edizione libera, rispetto al dettato brechtiano, firmata da Aldo Trionfo con un occhio al cabaret di Karl Valentin e alla rivista degli Schwarz. Sempre a Torino firma con Svoboda (che si dissocia all’ultimo momento) una dubbia edizione dei Sei personaggi ambientata in uno studio televisivo e riprende, diretto da Fritz Bennewitz Vita di Galileo. Fra le ultime interpretazioni (muore in una casa di cura a Roma di un male incurabile) Un nemico del popolo di Ibsen (regia Fenoglio, 1975), Mephistowalzer di Bajini (1977) e La bottega del caffè di Goldoni; ma un’interpretazione straordinaria, per misura, ironia e grazia surreale, l’aveva offerta nel ’73 con La rigenerazione di Svevo. Per la tv da ricordare il pirandelliano personaggio di Marsina stretta e la serie del detective Nero Wolfe.