Brie

César Brie inizia a fare teatro a diciassette anni, studiando al Centro Dramatico di Buenos Aires. La timidezza che lo caratterizza negli anni dell’infanzia e della prima adolescenza definisce paradossalmente la progressiva tensione verso la scena: «Desideravo le donne ma non ero in grado di rivolgere loro la parola. Ho creduto che il teatro potesse aiutarmi a esprimermi, a essere meno goffo, a usare il mio corpo senza trascinarlo inutilmente da un lato all’altro con un quaderno di poesie sotto il braccio. Ho iniziato a fare teatro per poter parlare con le donne. […] ma il teatro mi ha preso, intrappolato, non sono più riuscito a lasciarlo». L’originaria motivazione schiude dunque altre strade, aprendo nuovi orizzonti: attraverso il prisma del teatro César Brie interroga il presente, esplorando se stesso. Nel 1972 partecipa alla fondazione della Comuna Baires, in cui la ricerca espressiva si intreccia all’impegno civile, e con gli attori del gruppo è presto costretto a trasferirsi in Italia a causa delle persecuzioni operate dal regime fascista in ascesa nel Paese. L’esperienza dell’esilio segnerà in maniera radicale il suo percorso artistico.

Nel 1975 lascia definitivamente la Comuna Baires e insieme a P. Nalli, D. Albertin e D. Manfredini fonda il Collettivo teatrale Tupac Amaru presso il centro sociale Isola di Milano. Fino al 1979 con questo gruppo è protagonista di spettacoli agit-prop a sfondo sociale, legati alle lotte di quartiere e finalizzati alla realizzazione di «isole di cultura liberate» (fra gli altri: A rincorrere il sole , Milano 1978, testo, regia e interpretazione di B.; Ehi , Milano 1979, di e con B. e D. Manfredini; Il gran turco giocatore di scacchi , Bologna 1980, creazione collettiva). Parallelamente approfondisce la ricerca espressiva, e definisce le linee di un teatro caratterizzato dall’essenzialità della scena e dalla centralità dell’attore, poeta che interroga il tempo attraverso il corpo e la voce. Nel 1980 l’incontro con Iben Nagel Rasmussen, apre il periodo danese della sua ricerca e porta alla fondazione del gruppo Farfa, al quale partecipano Pepe Robledo, Maria Consagra, Daniela Piccari e Dolly Albertin, determinando la possibilità di un confronto diretto con l’esperienza dell’Odin Teatret e di Eugenio Barba. L’esperienza registica e drammaturgica si innesta progressivamente sul lavoro dell’attore amplificandolo. Nascono spettacoli importanti come Matrimonio con Dio (Holstebro, Danimarca 1982, regia di E. Barba), Il paese di Nod (Holstebro 1986, con I. N. Rasmussen, e C. B., testo e regia di B.), Talabot (Holstebro 1988, con gli attori dell’Odin Teatret, regia di Barba), Il mare in tasca (Pontedera 1989, testo, regia e interpretazione di César Brie), e allo stesso tempo si approfondisce la necessità di un ritorno alle origini, alla propria terra e soprattutto alla propria lingua. È Il paese di Nod a segnare il punto di svolta e a radicare nell’attore la necessità di un ritorno a casa: tema cardine l’esilio: l’esilio di chi è stato costretto a fuggire dalla propria terra a causa della dittatura militare, ma allo stesso tempo l’intima lacerazione di chi è rimasto ed è stato costretto in silenzio a subirne gli orrori. Lo spettacolo, portato in tournée in diversi paesi dell’America Latina, traccia le linee del futuro percorso.

Nel 1990, separatosi da Iben, e lasciato l’Odin,César Brie trascorre un altro anno in Italia insieme a Naira Gonzales, e con lei realizza Romeo e Giulietta (Este 1991), l’idea, tuttavia, è quella di concludere l’esperienza europea e di raccogliere i fondi necessari per il nuovo progetto in America Latina. Nell’agosto del 1991, insieme a Naira e a Giampaolo Nalli, fonda in Bolivia il Teatro de Los Andes. Sede della comunità artistica Yotala, un piccolo paese nei pressi di Sucre. Il gruppo degli attori acquisisce fisionomia attorno al progetto di Colòn (Yotala 1992), spettacolo di una comicità graffiante, incipit di un percorso destinato a privilegiare la sincerità e l’onestà delle emozioni insite nella pluralità di voci che animano il quotidiano. È così che all’epico Colòn fanno seguito, fra gli altri, l’intima e drammatica atmosfera di Solo gli ingenui muoiono d’amore (Yotala 1993), il dissacrante e grottesco Ubu in Bolivia , da A. Jarry (Yotala 1994), e la straordinaria poesia de I sandali del tempo (Las Abarcas del tiempo, Yotala 1995). Dal 1995 parallelamente all’attività teatrale, B. pubblica “Lo scemo del villaggio” (El tonto del Pueblo), rivista di arti sceniche che sposa memoria e ricerca, oggi distribuita in tutti i paesi latino-americani, oltre che in Spagna, Francia e Italia.