Bradecki

Tadeusz Bradecki studia recitazione e regia alla Panstowa Wyzsza Szkola Teatralna (PWST: Scuola statale superiore di teatro) di Cracovia, per debuttare come attore al Teatr Stary di quella città nel 1977; inizia la carriera di regista nel 1983, con un proprio adattamento alle scene di Povera gente di Dostoevskij; prosegue con Woyzeck (da G. Büchner, 1986), La primavera dei popoli in un angolino tranquillo di Adolf Nowaczynski. Nel 1986 riceve il premio Konrad Swinarski come miglior regista giovane. La sua opera prima come drammaturgo, Un modello di prove metafisiche… (Wzorzec dowodow metafizycznych…, 1985), è un complessa rappresentazione basata sul principio del `teatro nel teatro’: il filosofo tedesco Gottfried Leibniz scrittura una compagnia di commedianti inglesi affinché rappresentino allo zar Pietro I, in visita alla località termale di Bad Pyrmont, un suo dramma sulle vicende di Faust. Leibniz presenterà all’imperatore russo una macchina razionale modellizzante l’universo, proponendo così una definitiva vittoria della scienza capace di strappare Faust dalle mani di Mefisto. In realtà, Mefisto suggerisce agli attori ingaggiati dal filosofo nuovi concetti e parole che provocano il crollo della visione dell’armonia leibniziana: tanto l’illusione di onnipotenza di Faust quanto la pretesa del filosofo di razionalizzare la complessità dell’esistente sono destinate a venire meno a causa dell’intervento inaspettato di qualcosa `che non quadra’ (alcuni episodi oscuri della vita di Pietro), in grado di far crollare l’ordine necessario dell’universo. La critica ha rinvenuto notevoli analogie tra questo lavoro e il Marat/Sade di Peter Weiss, soprattutto per il ricorso al procedimento del `teatro nel teatro’ dove l’autore del titolo cura la messa in scena dell’opera `interna’.

In Un modello di prove metafisiche… all’esplicitazione dell’artificio scenico – preferita dal B. regista a quel tanto di intellettualmente ambiguo che si nasconde dietro la rappresentazione `naturalistica’ – si accompagna un meccanismo testuale di assoluta precisione logica, e una certa dose di consapevole sense of humour. L’adattamento alle scene de Il manoscritto ritrovato a Saragozza (Teatr Stary, Cracovia, 1992) ha richiesto a Tadeusz Bradecki tanto un approfondito impegno registico quanto un suo autonomo contributo drammaturgico. Nella sua riduzione Bradecki ha scelto sei tra le trame del complesso romanzo di Jan Potocki, quelle dove il relativismo gnoseologico tipico del passaggio tra Illuminismo e Romanticismo ben sembra attagliarsi a un situazione storica in cui caduti i punti di riferimento, vacillando i concetti di onore, Dio, intelletto, l’individuo, rimasto solo, deve trovare il senso dell’esistenza in se stesso. È nell’immaginario, in cui si riflette l’inconscio, che risiede la chiave potockiana di lettura dei comportamenti umani. Nell’adattamento di Tadeusz Bradecki l’esotismo della narrazione si colora di elementi iberici e slavi, il macabro perde i suoi toni più cupi per stemperarsi nel taglio ironico-umoristico delle situazioni.

 

Nelle sue regie, che spaziano dal Dostoevskij del debutto fino alle più recenti messe in scena di pièces di Shakespeare (La bisbetica domata , 1996), Roland Topor (L’inverno sotto al tavolo, 1996), Gombrowicz (Operetta, 1997) Bradecki ha consapevolmente utilizzato il principio del teatro autoreferenziale. Nel suo Woyzeck è la scena del mercato a essere stata impiegata per un esplicito riferimento al teatro di piazza, al cui kitsch rimandano le figure del Pierrot, dei cigni, l’episodio dell’assassinio per gelosia. Per B. è essenziale che lo spettatore abbia la consapevolezza di trovarsi di fronte a una scena teatrale, perché è nel teatro che deve essere ravvisata l’unica realtà concreta, l’unico luogo da cui possa scaturire la verità. A una riconosciuta attenzione all’aspetto linguistico del materiale drammaturgico e a una notevole capacità di lavorare con gli attori, B. accompagna un’esibita sicurezza nell’operare scelte registiche non convenzionali, come quella – piuttosto discutibile e discussa – di rappresentare La professione della signora Warren di G.B. Shaw in chiave di musical (1998).