boulevard, teatro del

La sua origine risale a pochi anni prima della Rivoluzione, quando le compagnie della fiera Saint-Laurent furono autorizzate a insediarsi sulle traiettorie di passeggio favorite dai parigini (i boulevards, appunto). «Quando le sale dei francesi e quelle degli italiani restano deserte, gli istrioni dei `boulevards’ fanno il pienone» – così scriveva già nel 1788 chi andava alla ricerca delle cause della decadenza del teatro. Ancora all’epoca del Secondo impero, la reputazione del t. del b. risentiva di una lunga tradizione di scelte giudicate, dagli intellettuali, troppo facili: melodrammi, vaudevilles, commedie borghesi declamate con dizione spesso artificiale e enfasi eccessiva, tematiche ripetitive e sempre volte all’edificazione. Eppure, tra il 1870 e il 1914, il t. del b., specchio della società che lo acclama, trionfa: Alfred Capus mette in scena avventurieri della finanza in La Veine (1901), mentre Robert de Flers (1872-1927) e G. Arman de Caillavet (1869-1915) stigmatizzano i vizi dei loro contemporanei; il t. del b. diviene ricchissimo: emblematica è la figura di Fernand Beissier (1856-1936), autore di commedie farsesche alla Feydeau e alla Labiche, che dalla Provenza natale, attraverso i ricavi dei suoi spettacoli, riesce a influenzare economicamente la vita politica francese appoggiando l’Action Française di Maurras. Ma il t. del b. è anche il luogo in cui un autore come Tristan Bernard presenta le sue commedie piene di verve; Lucien e il figlio Sacha Guitry alternano la scrittura dei testi a una brillante recitazione; Henry Bataille e Henry Bernstein analizzano ogni piega dell’animo femminile; ma soprattutto Georges Courteline (1852 – 1929), utilizzando con sapienza le tecniche proprie della farsa, costruisce personaggi altamente credibili che sfiorano, per verità umana, quelli delle grandi commedie di Molière ( La Conversion d’Alceste del 1902 vuole essere, appunto, il sesto atto del Misantrope ). Altri nomi più o meno famosi da associare al b. sono quelli di Jacques Deval, Victorien Sardou, Yves Mirande, Louis Verneuil. Dopo la seconda guerra mondiale il t. del b., lontano dalle preoccupazioni sul destino dell’uomo espresse dal teatro impegnato, non meno che dalle istanze del teatro d’avanguardia, sconta un qualche abbandono da parte del pubblico che, tuttavia, non gli sarà del tutto nocivo. Nel 1947 si segnala il successo di Armand Salacrou nel suo L’archipel Lenoir , feroce commedia contro la famiglia borghese. A partire dagli anni Cinquanta, il t. del b. scopre il teatro realista americano (Tennessee Williams, Arthur Miller), ma continua anche a ignorare il cosiddetto teatro d’arte, presentando opere come Ta femme nous trompe (1964) di Alexandre Breffort. Al successo continueranno ad attingere, nella seconda metà del secolo, Marcel Archard, Marc Camoletti ( Boeing-boeing , 1961), Jean Poiret ( La Cage aux folles , 1973), Pierre Barillet e Jean-Pierre Grédy, autori di Lily et Lily (1985), con Jacqueline Maillan.