Arbasino

Autore di racconti (L’anonimo lombardo , 1959), di romanzi (SuperEliogabalo, 1969; La bella di Lodi , 1972; Specchio delle mie brame , 1974), di saggi (Certi romanzi , 1964; Sessanta posizioni , 1971), di reportage (Trans-Pacific Express , 1981; Mekong , 1994), di polemica civile e politica (In questo stato , 1978; Un paese senza , 1980), nella sua opera più importante, Fratelli d’Italia, una sorta di viaggio iniziatico di giovani intellettuali un po’ snob e un po’ emblemi dell’Italia degli anni ’60 – più volte riscritta e ampliata, 1963/1976/1993 – Alberto Arbasino ha disegnato una mappa delle istanze culturali di quell’epoca e ha affrescato una società con tocchi di satira acre e irridente, alternando parti narrative ad altre dialogiche e saggistiche, dove tra l’altro molto si discorre di argomenti teatrali. E Alberto Arbasino si è sempre occupato di teatro, anche se non come drammaturgo, ma come regista e critico.

Come regista, ha messo in scena al Cairo una Traviata di Verdi (1965) ed una Carmen di Bizet al Comunale di Bologna (1967) con le scene di Vittorio Gregotti, i costumi di Giosetta Fioroni e la consulenza di Roland Barthes, di uno sperimentalismo troppo antelitteram per essere apprezzato, con Micaela in succinto impermeabilino bianco e Don José in veste di Uomo mascherato. Nello stesso anno, a Roma, ha diretto la commedia di J. Osborne Prova inammissibile con T. Carraro. Con M. Missiroli ha composto agli inizi degli anni ’60 un musical sui generis, Amate sponde , con `partitura di rumori’ di E. Morricone. Ma è soprattutto come critico e attento frequentatore degli eventi di teatro più importanti del mondo intero che A., da oltre quarant’anni – sulle pagine di quotidiani e settimanali e con grande divertimento di chi riesce a seguire i mirabolanti corto-circuiti di agnizioni e riferimenti – racconta gli spettacoli teatrali e lirici che più lo hanno sollecitato; pagine poi raccolte in volumi fittissimi o che lo saranno in futuro (Grazie per le magnifiche rose , 1965; La maleducazione teatrale , 1966), venendo così a costituire veri e propri repertori critici in cui tutte le principali avventure della drammaturgia contemporanea risulteranno documentate.