Adamov

Fin dal 1924, ha scelto di vivere ed operare in Francia. Fortemente influenzato da Artaud, Strindberg, Kafka e dall’espressionismo tedesco – cui bisogna sommare la profonda fascinazione esercitata dalle teorie di Freud – A. dà vita nel 1946 a La confessione (L’aveu), vera e propria rivelazione dell’angoscia dell’autore di fronte al vuoto esistenziale, che si concretizza in un processo di progressiva distruzione del linguaggio. Dal 1947 al 1953, A. scrive sei pièce, messe in scena da giovani registi come Jean Vilar, Jean-Marie Serreau o Roger Planchon: inoltre, nel 1960 entra a far parte del Partito comunista e cerca perciò di far convergere il bisogno di «liberarsi del proprio male» con gli obiettivi drammaturgici enunciati da Bertolt Brecht. Da La Parodie (1947) a L’invasion (1950), da La grande et petite manoeuvre (1950) al Professeur Taranne del 1953, i suoi testi paiono allontanarsi da uno psicologismo tradizionale e dal teatro metafisico per cercare di trasformare – secondo le sue stesse parole – «un sogno o un sentimento personali in una fatalità inflitta all’umantità». Questo anche il tema di Ping-pong (1954), opera in cui il destino umano è esemplificato dal caso di due inventori di un biliardo elettrico che, perduti nel nonsense dell’esistenza, si ritrovano a finire i propri giorni modificando continuamente le regole del gioco da loro stessi inventato. Opera fortemente legata al teatro dell’assurdo, Ping-pong traduce l’attenzione dell’autore per il linguaggio in quanto indicatore del disagio psichico e, soprattutto, quale segnale incontrovertibile della mancanza di senso in cui l’uomo appare immerso.