acrobazia

L’acrobazia è fra le più antiche discipline del corpo. La parola acrobata deriva dal greco acros , estremità, e bate , camminare; letteralmente significa, quindi, camminare sulle punte. Come molti termini dello spettacolo popolare, anche questo ha avuto nel tempo diverse accezioni fino ad abbracciare in pratica ogni tipo di virtuosismo fisico, ma fra le discipline circensi di questo secolo il termine acrobazia si riferisce di norma a generi che comprendono l’abilità di compiere dei salti mortali (in un repertorio alquanto vario). Al principio del Novecento la disciplina riceve nuova linfa vitale da tecniche e attrezzi provenienti dalle palestre di ginnastica, oltre che da palestranti che decidono di intraprendere la carriera di artisti.

Si distinguono numerosissimi generi. Fra i più classici vi è quello dell’`acrobatica a terra’, composto di solito da una formazione di tre o più artisti di sesso prevalentemente maschile, il numero riunisce in effetti tre discipline di base: `verticalismo’, `salti a terra’ e `salti in banchina’ (cioè realizzati utilizzando le braccia incrociate di due artisti come strumento di propulsione). Dagli anni ’50 ai primi ’90 le migliori troupe sono italiane, tanto da far chiamare la disciplina `acrobatica all’italiana’. Lo stile è essenziale, accattivante, elegante. Il livello tecnico altissimo. Fra i nomi più noti: Frediani, Medini, Sali, Niemen, Macaggi, Nicolodi, Zoppis. Poi la vena italiana sembra inaridirsi ed emergono le scuole russe e cinesi, con una estetizzazione che si basa più sull’organicità dell’esibizione che sul carisma dei singoli. Basato essenzialmente sui salti a terra è anche il `chiarivari’ eseguito dalle intere compagnie dei circhi a conduzione famigliare fino agli anni ’50. Buoni saltatori sono stati gli italiani Gerardi, Rossetti, Zamperla, Zoppè, oltre a Paolo Orfei ed Italo Togni.

Una variante del numero è quella presentata con successo per tutto il secolo da numerose benché anonime troupe del nord Africa, composta soprattutto da salti a terra e piramidi eseguiti in maniera folcloristica. Altra tipologia acrobatica folcloristica affermata e diffusa nel Novecento è quella dei `salti alla bascula’ (una variante meno diffusa è l’`altalena russa’), un attrezzo che permette una forte propulsione verso l’alto e di conseguenza dei salti spericolati. La `bascula’ sembra provenire dalla Corea del Nord, ma si è diffusa soprattutto grazie alle presentazioni delle grandi troupe dell’Europa dell’Est (fra le quali Hortobagy, Mezetti, Faludis, Parvanovi, Romanovi, Cretzu, Balkanski). Fra gli italiani negli anni ’50 si distinguono i Bello e gli Huesca. La `bascula’ combinata all’equilibrismo può essere utilizzata anche da formazioni ristrette a tre o addirittura due persone (gli Istvan). Altra tipologia molto spettacolare è quella della `stanga russa’, nella quale due artisti tengono orizzontalmente una lunga asta con la quale proiettano verso l’alto un terzo che ricade in equilibrio sulla stessa. Anche in questa disciplina si sono distinti soprattutto artisti dell’Est. In Polonia la composizione della stanga è stata addirittura studiata dall’atleta Wladyslaw Kozakiewicz, Oro alle olimpiadi di Mosca del 1980 nel salto con l’asta.

Discipline direttamente provenienti dalla ginnastica sono quella delle `sbarre parallele’ e del `trampolino elastico’. Quest’ultima è stata portata ad alti livelli anche da artisti messicani (i Murillo) e italiani (i Canestrelli). Spesso l’attrezzo è stato utilizzato in maniera comica (Ray Dondy). Altra disciplina acrobatica è quella detta dei `giochi icariani’: un componente steso sul dorso getta con i piedi e riafferra sugli stessi i propri partner. Questo genere è nato alla metà del secolo scorso, quando Richard Risley Carlisle, esperto antipodista (giocoliere con i piedi), ebbe l’idea di gettare in aria con i piedi i figli invece degli oggetti. All’inizio del secolo si sono distinte alcune troupe numerose come gli Schaeffer o i Kremo, più recentemente sono emerse le formazioni a due della scuola spagnola (soprattutto i Rios), russa e nordafricana, mentre è in atto un recupero della disciplina all’Accademia del circo italiana.

Nel Novecento la modalità di messa in scena dei numeri acrobatici è varia almeno quanto i generi esistenti. Si distinguono tre fasi. Nei primi anni del secolo le esibizioni sono delle dimostrazioni quasi ginniche degli esercizi con costumi che si limitano a mettere in risalto le forme atletiche degli artisti. In seguito assume maggiore importanza la messa in scena con molto rilievo ai costumi, alla musica e all’ambientazione del numero. In questo periodo vi è quasi una dicotomia fra le presentazioni folcloristiche delle troupe dei paesi dell’Est (ma anche orientali e nordafricani) e quelle eleganti, quasi da rivista, degli artisti occidentali. La terza fase è quella del `nuovo circo’, ispirata al movimento della New Age, che ha nel Cirque du Soleil un importante punto di riferimento, e focalizza la sua estetica sul virtuosismo dell’uomo in armonia con musica, luci e costumi, in una commistione sempre più accentuata con le discipline del mimo e della danza. Tale moderna tendenza ha finito per influenzare lo stile francese e persino quello russo e cinese.